venticinque.

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‘Tu portami via
Quando torna la paura e non so più reagire
Dai rimorsi degli errori che continuo a fare
Mentre lotto a denti stretti nascondendo l'amarezza dentro a una bugia
Tu portami via
Se c'è un muro troppo alto per vedere il mio domani
E mi trovi lì ai suoi piedi con la testa fra le mani
Se fra tante vie d'uscita mi domando quella giusta chissà dov'è...’

«oddio, l'adoro, è la mia preferita in assoluto!» esultò la bambina. Solo in quel momento notai che dalla tasca fuoriuscisse un piccolo orsacchiotto peluche, sporco, rotto, ma intuii che per lei fosse molto importante.

«posso vantarmi di averla imparata a memoria. Non avevo mai imparato nessuna poesia in tutta la mia vita.» rise Ermal.

«stai dicendo che ho scritto una poesia?»

«avevi dubbi?»

***
Pranzammo. Ermal, come sempre, eccellente nel suo lavoro. Aveva una dote speciale nel cucinare.

«vado a farmi una doccia.» mi avvertí lui dopo aver pulito la cucina.

«ohhhh.» afferrai la piccola dietro alle spalle. «e lasci Batilde sola soletta con me? Perbacco, la mangerò viva!» scherzai.

Lei si voltò e mi guardò seria. «tutto molto divertente, ma insomma, come devo fartelo capire, mi chiamo Beatrice. Puoi chiamarmi Bebe, Bea, Trice, come vuoi, ma non Batilde ti prego. Fazio.»

Sbuffai sulla sua pesantezza. «okay okay okay Bea. Ma tu chiamami Fabrizio o Fabry e non Fazio.»

«almeno io l'ho detto a proposito...» alzò le spalle.

Ermal si chiuse in bagno. «e allora che facciamo?» chiesi.

«non so, ci guardiamo in faccia?» propose Bea...o Bice...o come cavolo si chiamava.

«non c'è bisogno, so di essere un bel ragazzo.» mi sedetti sul divano.

«in effetti lo sei. Fossi stato io Ermal, sarei diventato gay.» mi fissò.

La fissai. Nell'atmosfera calarono secondi di imbarazzo silenzioso mentre la mia mente stava cercando un modo per non ammazzare con qualche affermazione fuori luogo l'innocenza pulita di una bambina. Mi resi conto che stava passando troppo tempo di totale silenzio e sguardo fisso negli occhi dell'altro, allora la prima cosa che mi passò per la testa fu ridere.

E risi, risi tanto, ma tanto tanto e rumorosamente. Mi piegai fino ad inginocchiarmi a terra, le mie guance diventarono rossissime e in quell'istante mi chiesi mentalmente come fare per rimediare. Beatrice mi fissò in parte spaventata, prima di accennare un sorriso che divenne poi un po' schifato.

Mi alzai da terra e mi sedetti di nuovo sul divano accanto a lei, che mi guardava ancora in modo anomalo. «sai essere divertente quando vuoi.»

«dico solo ciò che penso, non era mia intenzione farti rid-»

Improvvisamente, il campanello suonò. Entrambi sobbalzammo dal divano, mi guardai intorno e poi cercai di realizzare la situazione.

«chi è?» chiesi.

«sono io, Fabri!» era la voce di mia madre.

Cominciai ad andare in panico. «aspetta un attimo mamma, ora non posso lasciare.» corsi vicino la porta del bagno, e dopo aver mimato un 'resta zitta ed immobile dove sei' a Beatrice entrai.

Ermal, che si stava lavando e quindi era completamente nudo, rimase scioccato, emanò un leggero urlo che tappò quando lo invitai ad abbassare la voce. «cosa stai facendo qui?!»

«cazzo, Ermal, c'è mamma! Veloce, copriti e nasconditi insieme a Beatrice da qualche parte!»

«ma perchè sempre a noi?» scese dalla doccia completamente bagnato, indossò la mutanda ed uscí dal bagno afferrando per la mano Beatrice e portandola nella camera da letto e chiudendo la porta.

Il ragazzo delle pizze. || MetaMoro || (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora