«sí, proprio cosí: facevano come se fosse casa loro, hanno perlustrato ogni minimo dettaglio di questa povera dimora, ma non hanno trovato nulla.»
Ermal rise, ascoltando attentamente il mio discorso mentre stavamo pranzando. «mi odiano, o mi odiavano perché stavo tra i piedi ed ora che mi sono tolto mi cercano.» sbuffò. «non capirò mai le loro intenzioni.»
«io non credo ti odiassero perché stessi tra i piedi.» mi raddrizzai. «ti odiavano o dimostravano di odiarti per lo stesso motivo per cui ti chiamavano mangia bambini, almeno cosí mi é sembrato di capire.»
Allargò le braccia e dopo un paio di secondi di silenzio continuò a parlare. «Fabrizio, la mia vita é una bugia.»
Sperai mi dicesse qualcosa del 'mangia bambini' perché fino a quel momento non aveva accennato parola, né a smentire le dicerie che si sentivano in giro dalla gente né tantomeno ad affermarle. Ed io non avevo nessun intenzione di forzarlo a parlare. «perché la tua vita é una bugia?»
«perché le persone credono che io abbia fatto una cosa che non ho fatto.»
Socchiusi gli occhi ed afferrai un bicchiere d'acqua. Nonostante in cuor mio avessi sempre saputo della sua innocenza, sentirlo dire da lui era tutt'altra cosa. Pensai che comunque, prudentemente, era meglio non metterci la mano sul fuoco, nessun assassino avrebbe detto alla polizia che fosse lui il colpevole, ma non perché non mi fidassi di Ermal e avrei voluto sapere di piú sulla sua vita, ma per una questione di principio e di sicurezza mia personale: al centro della mia testa c'era la sua innocenza, ma nell'angolo avrebbe sempre accompagnato qualunque altra possibile alternativa.
«perché non hai mai provato a dirlo alle persone?»
«a dire cosa? Ciò che a prescindere se detto o meno non avrebbero mai creduto?»
«non importa se la gente ci avesse creduto o no ma sai, alcune volte delle cose devi dirle e basta.»
«infatti l'ho sempre detto alle persone di cui mi fidavo, cosí come il mio nome.»
«e quante ne erano? Una? Due?» sospirai. «come potevano la gente fidarsi di uno che aveva sulle spalle un peso del genere e non lo smentiva neanche quando ne aveva l'occasione? Forse avresti dovuto guardare la situazione sotto un altro punto di vista: loro non si fidavano di te notando che tu negavi le accuse, e non che tu non negavi le accuse perché loro non si fidavano di te.»
Lui sospirò ed abbassó il viso. In realtà aveva capito, sapeva che io avessi ragione.
«ma se non tu, allora chi?» azzardai a chiedergli, dopo essermi ricordato delle parole di Letizia. «perchè immagino, che per esserci in giro simile voce, qualcuno deve averlo fatto al posto tuo.»
E rimase nel suo silenzio, guardandomi fisso negli come quando fa una persona che ti sta rispondendo. La sua espressione non rifletteva nessuna emozione, nè tristezza nè felicità, niente di niente.
Poi si alzó e cominció a pulire. «mi stavo chiedendo....» mormoró di spalle a me. «come faró a continuare così per sempre? A vivere in un nascondiglio senza mai poter uscire?»
«beh, se vuoi, puoi anche andartene ora.» scherzai.
«nono, preferisco restare qui, con te.» sentii un briciolo di preoccupazione nella sua voce. Mi alzai e lo affiancai.
«non intendevo sul serio, è ovvio che non puoi andartene. Ormai sei mio, ma proprio mio mio, nel senso, di nessun altro, ma nessuno, manco piú di te stesso.» sorrisi e stesi un braccio sulle sue spalle.
«ne sono felice.» sorrise anche lui.
«e non preoccuparti, ce la farai a vivere qui per il resto della tua vita.» glielo assicurai siccome, avrei messo la mano sul fuoco, in quel momento, due giorni dopo, dopo un anno o dopo dieci anni, io avrei sistemato le cose con lui e con tutta la gente che lo circondava.
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Il ragazzo delle pizze. || MetaMoro || (IN REVISIONE)
FanficD a l l a S t o r i a : Rise. «ti prego, diventa un poeta.» «e sai quale sarà il titolo della mia prima poesia?» «quale?» «L'Amore. E sai come sarà la poesia?» «come?» «tu.» ----------------------------------------------------------------- {Storia c...