quattordici.

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Mi avvicinai a lui, e come le mamme fanno con i loro piccoli angioletti, lo accarezzai. «a cosa sono dovute queste lacrime?»

Lui cercò di abbassare gli occhi per non far trapassare il suo dolore, prima di asciugarsi le lacrime e ricomporsi. «a niente.» disse con voce bucata.

«ovvero a tutto, giusto?»

Mi guardò intensamente. «odio dimostrarmi cosí debole, è solo che sentire con le tue orecchie persone che parlano cosí male di te fa tanto male.»

«se magari riuscissi a capire la causa, forse potrei aiutarti.»

Emanò un lungo sospiro ed alzò lo sguardo verso il soffitto per impedire la fuoriuscita di altre lacrime. «andiamo a mangiare la pizza.»

Si allontanò da me ma lo tenni stretto per un braccio ed accorciai di nuovo le distanze. «non credere di stare in un pozzo buio. Magari ci sei, ma se alzi gli occhi trovi qualcuno che ti sta cercando di dare una scala per risalire, tocca a te scegliere se afferrarla o no.»

Mi guardò di nuovo intensamente negli occhi e lessi nel suo sguardo un attimo di esitazione che svaní quando abbassò il capo e si diresse in cucina.

«recensione sulla pizza, considerando che non la mangi da anni?» gli chiesi dopo averlo ammirato inghiottire quattro fette in una maniera mai vista.

«non ricordavo fosse cosí buona!»

«ti assicuro che ha sempre avuto lo stesso sapore. Quando è stata l'ultima volta che l'hai mangiata?»

Restò per un paio di secondi a pensare. «credo ai tempi della mia ragazza, me la portò lei perchè gliel'avevano offerta. Era abbastanza...schifosa, ma in quel momento la sentii buona lo stesso sia perchè avevo una fame da lupi sia perchè c'era dentro tutto l'amore della donna che amavo.»

«ti va di raccontarmi qualcos'altro in piú su di lei?»

«ci conoscemmo in piazza. Era accerchiata da un gruppo di uomini di cui non conoscevo le intenzioni ed il suo viso non era tra quelli piú tranquilli. Aspettai un momento di disattenzione dei tipi e le feci segno di scappare e venire da me, ci rifugiammo in un portone e cominciammo a parlare normalmente. Mi disse che era stata abbandonata e che viveva per la strada. Quindi cominciammo a... vivere insieme é una parolona, a condividere la vita dai. Era meravigliosa, buona come il pane, bellissima ed educata. Poi successe quello che successe e il Mondo mi cadde un po' troppo sulle spalle.»

Non aveva osato neanche per un secondo guardarmi negli occhi mentre parlava, era come se li avesse chiusi invisibilmente e avesse lasciato il suo cuore parlare. Non che mi avesse raccontato chissà quale segreto, ma perché mi aveva detto cose non facili da pronunciare. Il passato di tutti, ma soprattutto il suo, non é facile stringerlo di nuovo.

«ti capisco...o forse no, fatto sta che ho vissuto anch'io una cosa simile. L'amavo tantissimo e la nostra relazione durò un bel po' di anni finché sparí, completamente nel nulla, senza alcun motivo. Immagina un po', stavamo anche parlando di sposarci, mi ruppi sul serio a metà. Ma sono ancora qui, ho metabolizzato tutto -ma non dimenticato- e ci ho messo un macigno sopra. La vita non é finita.»

«chi ti ha insegnato ad essere cosí forte?» sussurrò quasi come fosse un segreto.

«la vita.» risposi mormorando anch'io. «anche avere dei buoni genitori alle spalle é un'ottima cosa.»

«allora ecco perché...» strinse la mascella e guardò nel vuoto.

«Ma non é l'unica cosa fondamentale. Se tu non hai avuto la fortuna di avere una famiglia vera e propria, devi concentrarti proprio su questo: sull'essere forte da solo, senza nessun aiuto.»

Il ragazzo delle pizze. || MetaMoro || (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora