trentadue.

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Pensai che per riuscire a sfuggire a quei proiettili, la cosa giusta sarebbe stata quella di correre a zig zag. Infatti, dalla parte destra della strada andavo alla parte sinistra, sembravo una scimmia ma ció mi aiutó a sopravvivere.

Mi concessi di voltarmi solo una volta, per un millesimo di secondo: Giovanni mi rincorreva a circa dieci metri con la pistola fissa davanti a sè, mi voleva morto.

Cominciai a vedere casa da lontano e man mano che mi avvicinavo sentivo il cuore battere sempre di piú. Ero a circa venti metri da essa quando, improvvisamente, la stessa auto che minuti prima guidava Giovanni, sbucó dalla strada sulla mia sinistra e frenó bruscamente di fronte a me.

Ero fottuto.

Dall'auto uscì Marco, non sembrava armato, e subito dopo quell'animale di mio padre che mi guardó con sguardo di sfida. Mi voltai indietro, Giovanni si stava avvicinando, dovevo correre via da lì se avessi voluto uscirne vivo. La prima cosa che mi saltó in mente di fare fu impugnare la pistola verso Marco e quell'altro uomo spregevole e minacciarli di sparare.

«levatevi dal cazzo, o sparo!» loro alzarono le mani, ma nello stesso tempo sorrisero. Poi capii il perchè.

Proprio vicino al mio orecchio sentii un fiato freddo, poi una pistola fu puntata alla mia tempia. «Abbassa quel giocattolino.» mi mormoró.

Lo fissai con la coda dell'occhio: Giovanni. Non potei far altro che abbassarmi lentamente e posare la pistola a terra, poi alzare le mani e sperare in qualcosa come...un miracolo.

«uccidimi.» lo sfidai. «uccidimi, così potrai vantarti di aver ucciso un uomo sorprendendolo alle spalle. Non sei bravo, non hai nessun talento, sei solo furbo.» le mie parole lo colpirono, lo sentii forte e chiaro.

«meglio furbo che coglione come te.» alle sue parole, i due amici scoppiarono a ridere.

«beh, sempre meglio coglione che codardo. Che uomo sei, se copri le tue azioni con la faccia altrui? Manco i bambini piú lo fanno, fifone!» stavolta fui io a ridere. Sì, ancora una volta stavo giocando col fuoco, ma qualcosa mi diceva che era la cosa giusta: così, per allungare un po' la mia vita e per morire soddisfatto.

«in compenso, è stato molto divertente. Sai quante volte l'ho picchiato, l'ho deriso, l'ho fatto sentire talmente tanto male che ha provato ad uccidersi col coltello della pizzeria. Poi, l'ho fatto consumare dalle critiche altrui, ed ora, non gli rimarrà nessun altro: uccisa la puttana che credeva di cavarsela, ucciso l'idiota che non serviva a niente in questo mondo, uccideró te che non necessiti di commenti ed infine la bambolina di Beatrice. Sarà lì che sentirà il cuore spezzarsi ed io, io rideró, goderó, vivró.»

Feci mente locale: tutto ció che voleva era urtare la mia calma ed io dovevo impedirlo, se fossi morto l'avrei fatto col sorriso. Allora le mie mani si unirono in un lungo e lento applauso. «bravo! Bravo! Peró, se proprio devo dirla tutta, ho visto persone piú cattive di te. Per esempio, io che non sono un esperto avrei saputo far di meglio, a quest'ora sarei solo all'inizio. Ma sono solo dettagli, dai, non prendertela.»

«cosa credevi di riuscire a fare portandotelo a casa? Mica hai pensato di riuscire a..a..nasconderlo da me?» cominció a ridere rumorosamente.

«nooo...» sorrisi anch'io. «peró intanto ci sono riuscito. Un bravo Capo l'avrebbe capito sin dal primo momento.»

Capii che il mio comportamento lo stava urtando quando caricó la pistola in contatto con la mia tempia. «comincia a contare, e vediamo per quanto tempo riesci a sopravvivere con un colpo dritto nel cervello.»

Così feci: a voce alta cominciai a contare sorridendo, uno, due, tre, quattro, cinque...gli dimostrai che non avevo paura di lui ed il colpo non arrivó. Mi spinse a terra, poggió la sua puzzolente scarpa sulla mia pancia assicurandosi che non mi potessi muovere e puntó di nuovo la pistola verso di me. «vorrei prima che mi leccassi il cazzo, peró.»

«quando vuoi.» sorrisi di nuovo.

«aspetta. Ti prego, fallo uccidere a me!» quell'essere spregevole che si diceva fosse mio padre fece un passo avanti.

«quanto ci scommettete che finirete in carcere?»

Scoppiarono tutti a ridere. «proprio un gay illuso!» esclamó Marco, a cui non diedi proprio letta.

«non credo proprio.» mormoró Giovanni mettendo il dito vicino al grilletto. «bye bye!» mi sorrise.

Chiusi gli occhi, forse era realmente la fine. Un secondo dopo sentii uno sparo. Diedi l'addio alla mia vita.

Ma...perchè potevo ancora pensare? Spalancai gli occhi, ero ancora vivo. Alzai lo sguardo, un uomo con una divisa azzurra era accovacciato affianco a me:era un poliziotto. Giovanni era steso, sanguinante, morto. Mi alzai, dietro di me c'erano tre pattuglie, ed altri quattro poliziotti avevano afferrato Marco e mio padre.

«avevi ragione, loro in carcere e tu vivo!» urló uno di loro ridendo.

Allora risi, mi guardai intorno, mi diedi un pizzico ma ero ancora lì. Con le lacrime agli occhi corsi verso casa mia, ma prima che potessi raggiungerla sentii una voce, o meglio due, che mi chiamavano. «Fabri!» mi voltai. Ermal e Beatrice mi stavano correndo incontro.

Li abbracciai, mi abbracciarono e ci abbracciammo. «ho chiamato io la polizia!» disse Ermal sulla mia spalla.

«mi hai salvato la vita.»

«tu lo hai fatto mille volte!»

Ci staccammo. «Gennaro e Am-»

«sappiamo tutto.» intervenne Beatrice. «vero Ermal?»

«sì, ci è stato riferito dalla polizia. Hanno trovato prima loro e poi te.» gli occhi di Ermal si riempirono di lacrime.

«Gennaro, Gennaro...» sperai che sapesse anche che fosse suo padre. Ma no, a quanto pare. «...niente, vi voglio bene.» li abbracciai di nuovo.

Scoppiai a piangere come un bambino. Quella era la mia felicità, quella era la mia famiglia.

...ecco la nostra storia e ciò che mi ricorda questa casa! " Allargo le braccia e lei mi fissa con un sorrisone.

"no, ti prego, raccontamela di nuovo!"

"Nadia, stai mica scherzando?" le dico ridendo.

"allora raccontami di quando vi siete sposati!"

"vorrei, ma non ora, dai."

"Nadia, basta chiacchierare con papà, dobbiamo andare." Ermal si affaccia in quella che ormai non sarà piú la nostra stanza.

"va bene, va bene!" sbuffa, afferra la sua valigia ed esce dalla stanza. La vedo andar via, ormai una bellissima diciottenne, aveva solo otto anni quando l'adottammo.

Mi guardo intorno, quelle mura mi rimarranno sempre nel cuore. "dai Fabri, andiamo." mi richiama Ermal.

Esco dalla casa, in auto mi aspettano già Beatrice e Nadia. Ermal chiude definitivamente la porta e si mette al volante.

Mi volto per l'ultima volta verso quella dimora che mai dimenticherò. Afferro carta e penna dalla tasca.
" 23 - 02 - 2029 fine. "
Bacio il foglio e lo lascio cadere.

The end.

Il ragazzo delle pizze. || MetaMoro || (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora