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Quando Parris salì sul pulpito, la congrega tacque. Le mani delle donne si congiunsero sui grembi, gli occhi e gli orecchi degli uomini si spalancarono. Smisi di prestare attenzione ai miei genitori ed imitai la congrega, prestando la massima attenzione.

«E il castigo di Dio giungerà su ali di morte», tuonò Parris, «per punire coloro che hanno peccato.»

La congrega pendeva dalle sue labbra. E quale fuoco bruciava negli occhi del reverendo. Sembrava pervaso da un sacro fuoco.

Non so dire quanto durò quel suo sermone, ma ricordo lucidamente cosa accadde in seguito.

Emily Watson, figlia di Amos e Rose Watson, sollevò lo sguardo. Si alzò, giunse ai piedi del pulpito e si chinò a quattro zampe, come un cane. Iniziò a ringhiare: un suono basso e roco.

Parris divenne cereo e si azzittì.

Emily Watson ringhiava, ventre a terra, fissando Parris dal basso.

«William, che succede?» mormorò Anne Hawthorne, spaventata.

La schiena incurvata di Elisabeth fremeva. I piccoli denti erano esposti, il labbro superiore tremava. Con fare studiato, la giovinetta raschiò le assi del pavimento con le unghie. Il basso ringhio crebbe d'intensità fino a trasformarsi in un acuto latrare.

«Elisabeth, smettila!» guaì Rose Watson.

Guardò per un istante Hawthorne, che ricambiò inviandole un'occhiata che avrebbe potuto uccidere un essere umano, poi lanciò un ululato da mettere i brividi.

«Tutto ciò è inammissibile!» tuonò Keene, alzandosi in piedi e brandendo il suo bastone da passeggio.

Solo a quel punto Hawthorne si levò in tutta la sua mole. Non appena Emily lo vide muoversi, riprese a ringhiare. Un rivolo di bava le gocciolò dall'angolo della bocca quando sollevò il labbro ed espose i denti. Hawthorne restò impassibile. Fissò negli occhi Emily e, come se quell'occhiata torbida l'avesse smossa, la giovinetta si trasse dalla sua posizione a quattro zampe e tornò a stare eretta. Si sollevò d'un colpo, le labbra piatte, il viso indecifrabile e parlò in una lingua incomprensibile. Ed ogni sillaba aveva un sapore arcano.

Sembrava sapere esattamente ciò che diceva, perché l'espressione del viso mutava in considerazione di quegli strani suoni gutturali che le uscivano di bocca.

«Guardate bene!» tuonò Hawthorne indicando la giovinetta. «Ecco cosa accade a chi giace col demonio! Questa giovane donna ha ceduto alle tentazioni del Serpente, così come Eva prima di lei! Magistrato! Arrestatala!»

«No! Emily!» urlò Rose Watson.

Si lanciò su sua figlia con l'intenzione di proteggerla dagli uomini di Keene, che dopo aver ricevuto un segnale dal magistrato si stavano avvicinando, ma Emily la aggredì. Scattò in avanti e, mentre sua madre provava a cingerla tra le braccia, le morse una mano. Rose si tirò indietro, sconvolta.

Gli uomini di Keene accerchiarono Emily sotto gli occhi avidi della congrega. I quattro accoliti del magistrato la accerchiarono e, quando Emily comprese di non avere vie di fuga, attaccò. Spiccò un balzo e finì tra le braccia di uno dei quattro sgherri. L'uomo la immobilizzò ma, prima che riuscisse a rimetterla a terra, Emily gli morse un orecchio. L'uomo gridò mentre gli altri tre gli andavano in soccorso. Dopo diversi tentativi riuscirono a staccare Emily dal loro compagno, ma non poterono impedire che la piccola si portasse dietro un macabro trofeo: un pezzo d'orecchio.

«Buon Dio!» gemette Anne Hawthorne.

La congrega risucchiò aria. Emily masticò il pezzo di carne tra i gemiti di orrore dei presenti e le urla del povero disgraziato al quale l'aveva reciso.

Il diario di Mercy BrownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora