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Non v'era dubbio alcuno che Amos Putnam fosse sotto l'influenza del Maligno. Le spire del Serpente erano aggrovigliate alla di lui anima in modo indissolubile, come un'edera alle mura di un castello. Ma come riuscì il Serpente a farsi strada nel cuore dell'uomo? Ebbene, Amos Putnam offerse la sua anima all'Incantatore.

Era indubbio che quel decrepito accolito dell'esercito del male trafficasse in arti oscure. Le testimonianze rilasciate al cospetto di Dio e dei giudici ne offersero la prova incontrovertibile. Io stesso fui testimone di una manifestazione della natura demoniaca che si celava dietro quel volto in apparenza mansueto. Vidi Amos Putnam afferrare con le nude mani le braci ardenti di un focolare senza che avesse a soffrirne.

Chi altri, se non un demonio abituato a sguazzare tra le fiamme infernali, avrebbe potuto fare una cosa simile?

Tra le tante, una testimonianza in particolare che offerse ai giudici un elemento sulla colpevolezza dell'accusato fu quella di Hepzibah Lewis, la quale affermò di aver visto il vecchio parlare ad un lupo, con l'animale che gli prestava orecchio come se comprendesse le sue parole.

Durante la mia requisitoria di fronte agli anziani, mi feci premura di ricordare l'illuminante passo della Bibbia nel quale Dio puniva Nabucodonosor trasformandolo in lupo, essendo la vanità di questo animale maggiormente affine alla natura del Male. Era legittimo dunque supporre che Amos Putnam attingesse alla propria natura demoniaca per parlare con questa, e chissà quali altre creature immonde.

Nel corso del processo interrogai l'accusato, il quale proclamò più volte ed indefessamente la propria innocenza. Si fece scudo con le parole contenute nel Libro Sacro, mostrando scaltrezza ed erudizione non comuni, ma gliele ritorsi contro, dimostrando al demone che ne infestava la carne ed ai presenti tutti che una lingua forcuta non può sorprenderne una illuminata dalla Saggezza Celeste.

Ebbi poi a ricordare al demone quale imperdonabile errore avesse commesso nell'infestare i sogni della giovane Emily Walcott, prima artefice della sua cattura. Fu infatti grazie alle dichiarazioni di quest'ultima che riuscii a smascherare quel servo devoto di Satana.

Una grigia mattina la giovinetta venne a farmi visita e mi mise a parte del terribile incubo che aveva infestato il suo sonno. Raccontò di una creatura demoniaca, titanica per dimensioni e rivoltante nell'aspetto, che camminava nei boschi. La descrisse come un ibrido nel quale si fondevano i caratteri di un serpente, un ratto, ed un avvoltoio.

Una simile visione onirica non poteva che scaturire dalle sfere più torbide di una coscienza infernale, e fui subito portato a credere che la piccola Emily Walcott fosse vittima di un malefico influsso. Interrogai la giovinetta, che fra le lacrime dichiarò di essere a conoscenza dell'identità del suo aguzzino e di averne scorto il volto nella nebbia del sogno. Gli ordinai di portarmi da lui e, dopo aver reclutato due miliziani, ci incamminammo per le vie di Salem.

Quando giungemmo in vista dell'uomo che Emily Walcott asseriva essere il suo tormentatore, e dopo che me lo indicò, i pochi dubbi che in me permanevano si dissiparono.

Accomodato su di una seggiola, poco lontano dall'ingresso della casupola nella quale dimorava, il vecchio stregone fissava il vuoto. Ad occhi meno esperti sarebbe parso di guardare un povero demente ma, dietro quella facciata di decrepita idiozia, scorsi lampante il volto del Male. Ordinai ai miliziani di arrestarlo e condurlo nella piccola casupola sita nel cuore della città, che sovente utilizzai, nel corso della mia permanenza a Salem, per interrogare gli accusati. E tra le scarne mura di quel confessionale, obbligai lo stregone a strapparsi la maschera che indossava con ostentata sicumera.

Dopo ore di instancabile persuasione, confessò di aver appreso le arti oscure ed averle utilizzate per infestare i sogni della piccola Emily Walcott. Mi rivelò poi i nomi di altri servi del Maligno che, come lui, tramavano per oscurare la luce di Salem.

Mentre veniva condotto al patibolo, e mentre il boia gli sistemava il cappio intorno al collo, parlò alla folla giunta sulla Gallows Hill per assistere all'impiccagione, producendosi in un appello accorato che aprì uno spiraglio nelle menti e nei cuori dei presenti, i quali smisero di inveire e rivolsero occhiate colme di sgomento ai propri vicini.

Ma ancora una volta sgretolai l'illusione che il demone aveva creato, e ammonii la folla a non badare alle parole dello stregone, giacché egli sapeva usare la lingua e sapeva quali corde dell'animo pizzicare.

"Guardatelo", proruppi. "Questo è lo stesso uomo che credevate infermo di mente, incapace di udire il suono delle vostre voci e di usar favella. Guardatelo ora, guardate con quanta foga pronunci le menzogne che il Demonio gli sussurra all'orecchio, e con quanta sagacia semini il dubbio nei vostri cuori e nelle vostre deboli menti. Amici miei, non lasciatevi ingannare. Non lasciate che faccia ancora quel che ha già fatto molte volte. Dietro questo volto solcato da profonde trincee si nasconde una creatura abominevole, un serpente infernale. L'ho visto con i miei occhi. Ho visto il volto spaventoso che cela dietro quella maschera di pelle umana. Ho visto i suoi occhi da rettile, la sua bocca affamata di anime, la sua lingua forcuta, e per un attimo ho scorto la sua anima nera."

Mi rivolsi dunque al demone che albergava nei recessi dell'uomo.

"Quanto a te, infernale creatura, sarai felice di sapere che tra breve ti ricongiungerai al tuo amato signore. Ebbene, quando sarai al suo cospetto, voglio che gli riferisca un messaggio. Digli che Cotton Mather estirperà ogni stelo di malerba da questa terra consacrata, e che per quanti diavoli dovesse scagliarmi contro non riuscirà mai a piegare il mio animo né a fermare il mio braccio. La Fede e la tenacia che albergano in me sono salde come roccia, e non mi fermerò fino a che non avrò rispedito all'inferno fino all'ultimo soldato del suo spregevole esercito."

Pronunciate queste parole rivolsi un cenno al boia e, strattone dopo strattone, lo stregone fu issato fino al trave del patibolo, e i suoi piedi continuarono a dibattersi a lungo prima che un fiotto di calda orina sgorgasse dai calzoni, decretandone la morte.

Il diario di Mercy BrownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora