24.

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Aiutai John a rialzarsi e lo condussi nella capanna. Lì ci sedemmo e gli permisi di nuovo di accoccolarsi. Provai a persuaderlo a mangiare un boccone ma fu irremovibile, e dopo qualche attimo vidi le sue palpebre farsi pesanti. Il respiro divenne via via più tenue e regolare, e nel giro di pochi momenti dormiva.

Restai a vegliare su di lui, carezzandolo quando prese ad agitarsi nel sonno e a mormorare frasi incomprensibili. Quando si svegliò, riuscii a convincerlo a ingoiare almeno un tozzo di pane. Non lo forzai a raccontarmi cosa aveva visto. Sapevo che, quando fosse stato pronto, mi avrebbe parlato. E così fu. Dopo aver mangiato l'equivalente del pasto di un uccellino e aver bevuto un sorso d'acqua, mi parlò. E il suo racconto fu tremendo.

Era arrivato a Salem e subito aveva notato un certo fermento. I puritani sciamavano come una colonia di formiche, e si era trovato costretto a travestirsi. Aveva offerto una moneta ad un mendicante in cambio del mantello lercio che questi aveva e, bardato come uno straccione, si era avventurato per le vie di Salem giungendo infine al mercato, dove ancora una volta aveva sperato di incontrare Abigail. Ma anche stavolta la mia vecchia compagna di stanza non si era fatta viva. Aveva quindi comperato il pane e, con la brocca nascosta sotto il mantello, aveva fatto tappa al pozzo più vicino per riempirla.

Stava per tornare indietro quando la voce di un banditore si era levata tra la folla.

«L'ho udita chiaramente, ma mi ci è voluto più di un momento per comprendere le parole che urlava», mi disse.

Ciò che quella voce urlava, altro non era che l'annuncio della morte di Anne Hawthorne. Tutti i puritani dovevano recarsi alla Meeting House per rendere omaggio alla defunta.

«Mi sono unito alla folla. Dovevo vedere. Sono stato l'ultimo a mettere piede nel grande salone e mi sono sistemato in un angolo. Ai piedi dall'alto pulpito c'era un grande ritratto di mia madre poggiato su di un sostegno. Non so chi l'abbia fatto, ma l'uomo o la donna artefice di quell'opera è riuscito a ritrarla com'era prima della malattia. Ha colto l'essenza della sua anima. Sembrava perfino più giovane. E ai piedi del ritratto c'era un fagotto. La forma sotto il lenzuolo sembrava quella di una persona.»

Le emozioni presero il sopravvento e le lacrime tornarono a sgorgare.

«Il reverendo Parris si è fatto avanti e ha parlato. Dopo di lui, Keene ha fatto lo stesso, ma non ho memoria delle parole che hanno pronunciato. La mente era troppo presa dalla forma sotto il lenzuolo.»

Dopo le parole di commiato, la folla era stata invitata a radunarsi al cimitero, dove sarebbe avvenuta la sepoltura.

«Sono subito uscito e, correndo verso il cimitero, ho trovato un riparo dal quale spiare senza poter essere individuato. Ho visto la folla arrivare, e subito dietro c'erano tre uomini robusti che portavano il fagotto. Mentre muovevano verso l'assembramento di croci e lapidi, un lembo del lenzuolo si è scostato, e ho potuto vederla. Era lei, Mercy. Era mia madre.»

Lo strinsi forte.

«Non ce l'ho fatta a guardare oltre. Sono scappato. Non ricordo neanche di essermi liberato del mantello.»

Restò tra le mie braccia per un po', senza parlare. Sentivo le sue lacrime bagnarmi il collo, il suo petto sollevarsi e abbassarsi contro il mio. Quando ritrovò il controllo di sé, mi disse che doveva assicurarsi di non aver lasciato il mantello nei paraggi. Se a qualcuno fosse venuto in mente di perlustrare quella zona e portarsi dietro i cani, l'odore li avrebbe condotti da noi.

Lo lasciai andare sapendo che la ricerca che aveva in mente era solo in parte il motivo per cui si allontanava. Voleva stare un po' per conto proprio, a riesumare i momenti felici che aveva trascorso in compagnia di sua madre e magari a recitare una preghiera.

Ogni uomo ha bisogno dei propri silenzi. È da quel vuoto che germogliano le verità più autentiche, quelle le cui radici affondano nel terreno dell'animo, e lì restano ancorate per sempre.

Il diario di Mercy BrownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora