20 - Crazy in love

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«Perché non parli come una persona normale? Hai solo brontolato» mi fa nonna Foroogh, accomodante. Ha il sorriso di chi compatisce il poro scemo del villaggio.

Vanessa è venuta a cena con me dai nonni, tanto ormai considerano nipote anche lei. La mia amica inarca le sopracciglia, eloquente, come a dire che anche lei vorrebbe sentire la versione tradotta del mio borbottio indistinto.
A cena c'è anche mia zia Elnazi e i figli: Riccardo, di venticinque anni, e Alessandro, di trentadue - lo chiamano "er Sogliola" perché da piccolo era una botte, ma ora è 'na sogliola veramente. Sono sempre stata così abituata a chiamarlo in questo modo, che ho scoperto il suo vero nome quando avevo dieci anni.
Sembra brutto da dire, ma sono i miei cugini preferiti. Il loro padre era il mio zio preferito. Poi un tumore al pancreas l'ha seccato. Ne parlo con leggerezza, ma sono davvero traumatizzata da quella morte. Mio zio era grosso e forte come un toro. Immaginate io, a dodici anni, che lo rivedevo dopo il periodo della chemio: secco, malato, con la pelle grigia. Quello mi traumatizzò più di tutto. Improvvisamente il grande ospedale Gemelli di Roma, sembrava minuscolo e io schiacciata tra le pareti.
Ma non è il momento di deprimersi, ora.

Riccardo ha una bellezza tenebrosa, con riccioli scuri e barba leggera, il sorriso che illumina la stanza, ed è di una dolcezza unica, anche se sembra quasi minaccioso. È un gran bel ragazzo, e ha fatto pure pallanuoto, capiamoci; somiglia alla zia, e dunque da lei ha ereditato i tratti persiani. Alessandro invece è l'opposto. Ha la faccia di Leonardo Di Caprio ai tempi di Titanic, ma con i capelli più corti; è un anarchico che, di base, fa il cazzo che vuole. Ogni tanto prende e parte, sparisce un mese e mezzo, e quando torna dice di essere stato ad Istanbul. O hai il suo numero, oppure non lo troverai mai da nessuna parte, in nessun social.

«L'ho incontrato stamattina» sparo.

La nonna alza un sopracciglio, confusa. «Ma chi?»

«L'ex ragazzo» le risponde 'r Sogliola.

«Non era il mio ragazzo» lo correggo.

«Ci scopava e basta» precisa Vanessa.

Riccardo, vicino a me, rischia di strozzarsi con il purè per ridere.

«Esatto. ...Aspetta, cosa»

«Ah! Danilo!» esclama la nonna, ricordandolo. Più o meno.

Alzo gli occhi al cielo. «Damiano»

«E insomma?» mi incalza Vanessa, mollandomi una ginocchiata da sotto il tavolo per incitarmi a sputare il rospo.

Racconto loro come è andata quella mattina. Il bello dei miei parenti paterni è che non li vedo così spesso, eppure sanno tutti i cazzi miei. Soprattutto Riccardo.

'r Sogliola schiocca la lingua sul palato. «Manco t'ha detto 'n cazzo, sei annata in iperventilazione»

«È diventata 'n pomodoro» Riccardo mi pungola la guancia rossa.

«Quanto cacate 'r cazzo, però. - sbotta zia Elnazi. - E lasciate'a perde. Bella de zia, je l'hai fatta vede' 'na sisa? Pe' ricordaje che se perde»

«A zì, e daje!»

«Però poi semo noi che cacamo 'r cazzo» mi fa Alessandro, ironico.

«Secondo me je manchi» commenta Vanessa, alzando le spalle.

«Non credo, mi avrebbe cercata» rifletto.

Riccardo scuote la testa, mi tira una ciocca di capelli. «Sei tu che te ne sei andata per prima, no? Lui l'ha vista come un rifiuto da parte tua, come un muro. Che poi era quello che volevi, alza' 'sto muro. Lui avrà rispettato la decisione tua cercando de non sfondallo»

I WON'T SLOW DOWN ▸ Damiano David [Måneskin]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora