A father

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Autrice
Pronti per la depressione?
Sia chiaro che quando trovate la scritta "tot. anni dopo" si riferisce agli anni di Hiccup .


Diluviava.
Diluviava mentre Stoick ascoltava le grida della propria moglie.
Diluviava mentre vedeva le curatrici accorrere nella loro camera matrimoniale.
Stoick aveva paura. La tempesta non silenziava i mormorii preoccupati dei suoi fidati amici nè le urla sofferenti della moglie.
Stoick aveva paura, mentre diluviava e aspettava con ansia la nascita del proprio bambino.
Il suo bambino.
Stoick non poteva fare altro che sorridere al pensiero che sarebbe diventato padre. Avrebbe avuto un erede. Un figlio forte a cui insegnare tutto ciò che sapeva. Il bambino sarebbe dovuto nascere tra due mesi, ma aveva deciso di venire al mondo con prepotenza, in quella notte di tempesta.
Sembravano passati anni mentre vagava per la stanza pregando che non ci fossero imprevisti, le mani chiuse a pugno.
Le urla terminarono.
I lampi squarciavano quel silenzio.
Un urlo. Quello di un bambino.
Stoick per poco non pianse, entrando nella camera. Sua moglie era circondata dalle curatrici, Gothi accanto a lei. Avvolgeva tra le braccia un cumulo di coperte.
Sorridendo glielo pose.
Stoick lasciò sfuggire una lacrime, guardando in quegli occhi verdi come le montagne, uguali a quelli di sua moglie.
Era nato suo figlio.
Hiccup Horrendous Haddock III.


Un anno dopo
Berk era stata attaccata ancora una volta. Non dalla peste, o da qualunque altro animale o popolo. No.
Berk era di nuovo attaccata dai draghi.
Le case erano in fiamme, le catapulte cariche che colpivano quelle grosse lucertole. I vichinghi urlavano, combattendo ferocemente e con coraggio. Alcuni morirono.
Ma non Stoick.
Stoick non poteva lasciare sua moglie. Non poteva lasciare suo figlio. Quindi continuò a combattere, nonostante il dolore che gli scuoteva il corpo, impugnando l'ascia e scaraventandola contro i musi letali dei draghi. Era vicino la propria abitazione, quando vide un drago fare irruzione in essa, quasi distruggendola. Era sfinito, ma si costrinse comunque ad andare avanti, fino a salire nella camera del figlio. Un possente drago si stanziava al suo interno, faccia a faccia con sua moglie. Le urla del piccolo Hiccup erano quasi uno sfondo, mentre Stoick cadeva nel panico e non sentiva più niente. Non pensava. Il drago si accorse dell'ascia che stava per arrivargli contro ed in un secondo era volato via, agganciando la donna tra i suoi artigli.
Stoick non sapeva che fare. Guardò suo figlio, così piccolo e diverso da lui.
Lo mise al sicuro e si lanciò nuovamente in battaglia.
Pronto a rivendicare l'amore che gli era stato strappato via così brutalmente.
Per sua moglie. Per suo figlio che lo aspettava a casa.

Cinque anni dopo
Hiccup Haddock aveva ormai compiuto cinque anni. Stoick avrebbe voluto vantarsi della sua forza, del modo in cui sfoderava le armi gioccatolo, nello stesso modo in cui faceva Moccicoso. Avrebbe voluto vantarsi del suo fisico massiccio, già in poderosa crescita.
Ma no.
Hiccup non era così.
Hiccup preferiva guardare le farfalle, ascoltare i suoni della natura, correre tra i prati. Non aveva rotto rocce a mani nude, come aveva invece fatto Stoick, non gli importava imparare a roteare una spada e a lanciare un'ascia. A Stoick non importava.
Hiccup era solo un bambino, nonostante fosse un vichingo.
Hiccup era il figlio di Stoick l'immenso, e si sapeva che avrebbe fatto grandi cose.
Quindi Stoick si limitava ad abbracciarlo qualche volta, a sorridergli, ad insegnargli pazientemente.
Perché il piccolo Hiccup, era suo figlio, ed era l'unica cosa che gli rimaneva oltre al villaggio.
E Stoick l'avrebbe protetto.
Sempre.


Dieci anni dopo
Stoick ascoltava.
Ascoltava i mormorii della gente che gli passava accanto. Mormorii incentrati su suo figlio.
Hiccup si rifiutava di uccidere i draghi. Era come se non gli importasse dei continui attacchi, dove decine dei loro uomini e donne morivano. Stoick se ne faceva una colpa. Era stato lui ad essere un cattivo maestro, ne era sicuro.
Hiccup era così magro che Stoick avrebbe giurato che potesse rompersi da un momento all'altro, anche solo mentre camminava.
Hiccup non era forte, Stoick lo sapeva.
Hiccup non era come gli altri suoi coetanei. Hiccup preferiva esplorare le foreste (cacciandosi molte volte nei guai), disegnare, scrivere su quel suo taccuino che portava sempre in giro. Preferiva osservare Skaracchio che costruiva lance, che lucidava spade, che affilava armi. Guardava incantato il modo in cui quel metallo incandescente divenisse un'attrezzo, sotto le mani abili del fabbro di cui era l'assistente.
Stoick ci passava sopra, dicendosi che con il tempo avrebbe capito che la cosa migliore per lui era quella di diventare un abile cacciatore di draghi.
Ma una piccola parte di lui lasciava che quei mormorii gli entrassero in testa, alterando le sue idee.
Stoick si stava allontanando da Hiccup, perché gli altri lo ritenevano diverso.
Ma era suo figlio.
E Stoick si sarebbe sempre pentito di essersi lasciato andare.
Stoick avrebbe sempre creduto in lui, nonostante tutto.



ʜɪsᴛᴏɪʀᴇs ᴅ·ᴀᴍᴏᴜʀ [ʜ.ʜ&α.ʜ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora