15 Agosto 2018
Mancavano tre giorni alla partenza e mi ero scritta un foglio con tutte le cose da fare. Una lista infinita, ecco di cosa si trattasse quel pezzo bianco di carta, pieno di parole apparentemente senza un senso, accatastate l'una di fianco all'altro, appeso sull'armadio di legno chiaro, proprio davanti alla porta della mia stanza, in modo tale da poterlo rileggere in qualsiasi istante.
Nei due mesi estivi appena trascorsi ho fatto di tutto, per guadagnarmi qualcosa, in modo da essere indipendente fin dall'inizio, senza dover chiedere nulla a mia madre: babysitter, animatrice al centro estivo e persino tutor di matematica per alcune matricole dell'università di Bolzano, che mi consideravano l'unica speranza di passare quel maledetto esame. Io non sono mai stata un'amante di algebra e geometria, ma me la sono sempre cavata piuttosto bene, quasi come se mi venisse naturale.
Forse perchè anche nella pallavolo si parla di linee, numeri e geometria. Per fare un bel bagher bisogna puntare i piedi nell'esatta direzione dove si intende inviare la palla; è necessario capire in anticipo le traiettorie; in ricezione spesso si usa lo schema a trapezio; molti schemi di gioco sono contrassegnati da un numero.
Sto diventando pazza, vero?
Ero andata dal medico a farmi rilasciare la cartella clinica, che la società mi aveva chiesto, in modo da essere informati su tutto ciò che riguardava la mia salute. Soffro d'asma sin da piccola, ma è sempre stato un problema lieve, con cui convivo senza difficoltà e che non mi ha mai ostacolata nello sport. Ciò che mi ha sorpresa è che, non solo i bronchi non mi davano problemi da oltre due anni, ma la spirometria appena eseguita indicava che i miei polmoni funzionavano come quelli di una normale ragazza di ventiquattro anni. Uscii dallo studio medico saltando. Poteva ripresentarsi una crisi in qualsiasi momento, ne ero cosciente, ma sapere che, almeno in quell'istante, ero libera, mi faceva sentire potente, forte, quasi più che sul campo da pallavolo.
Quando sono in quel quadrato, nove metri per nove, delimitato dalle linee che, possono avere colori diversi, ma di solito sono bianche, tutto il resto scompare. Mia madre, i nostri litigi, le persone che mi davano della sfigata, solo perchè non avevo un ragazzo, o perchè non mi vestivo abbastanza femminile: all'ingresso in palestra ci si deve spogliare di tutto, perchè a fare la differenza sono tecnica, impegno, grinta testa e cuore.
Dopo aver riposto la cartella clinica nella tasca interna della valigia, per non dimenticarla, spuntai la voce dall'elenco.
Una in meno, pensai.
Di quella lista, non mancava poi molto: salutare le mie compagne di spogliatoio, i miei amici, comprare il biglietto e aggiungere alla valigia una marea di cose. Tutte queste faccende, però, se confrontate col trovare un appartamento, mi sembravano la cosa più facile del mondo.
Trovare la casa è stata una sofferenza. Non poter vedere i candidati appartamenti dal vivo non ha di certo aiutato, lo riconosco, così come non è stata utile la mia più totale inesperienza, visto che non ho mai avuto necessità di trovarmi un luogo dove vivere, diverso dal tetto in cui viveva mia madre. Posso solo dire che spero di non dover cercare a breve un'altra casa, perchè per un po' non ne voglio sapere di siti di affitti, immobiliari e quant'altro. Ho fatto chiamate per ben due settimane, a tutti i numeri di telefono che trovavo sui vari siti web. Ogni appartamento aveva difetti su cui non potevo sorvolare, che mi portavano a scartare tutte le alternative: troppo lontano dal centro, prezzi troppo alti, coinquilini maschi.
I candidati li avevo quasi bocciati tutti, quando ci fu la svolta decisiva.
La signora Luisa, proprietaria dell'interno sei, del palazzo situato in via Roma ventidue, nel centro di Busto Arsizio, mi è subito sembrata collaborativa, inviandomi altre foto della casa, diverse da quelle viste su internet, descrivendo dettagliatamente le stanze del trilocale. Una delle due stanze da letto era occupata da un'altra ragazza, di cui non mi ha detto molto, se non che lavorava come commessa in un negozio di casalinghi, vicino al centro. Le immagini rendevano perfettamente l'idea di un appartamento piccolo e grazioso, con un balcone e tante finestre, perciò molto luminoso. L'arredamento mi sembrava un po' old style, ma probabilmente era stata la signora Luisa in persona a scegliere i mobili, che mi aveva detto aver già superato la soglia dei sessantacinque anni, quindi era decisamente comprensibile. In virtù anche del prezzo molto interessante e del mio istinto, accettai.

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Hayran KurguLa vita di un pallavolista non è mai sedentaria: si viaggia da una parte all'altra dell'Italia, dell'Europa o del mondo, senza sosta. Creare dei legami profondi è difficile, soprattutto quando molti restano accanto soltanto per la fama e non per rea...