V. Giada

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16 agosto 2018

Molti di voi penseranno che Trento e Bolzano siano vicine, che i problemi per la distanza non possano esserci.
È meno di un'ora, ripetono tutti in continuazione.
Questo è vero, indubbiamente.
Ma provate a immedesimarvi in me e Lorenzo: allenamenti ogni giorno, lezioni in università da seguire, quando possibile, studio, partite e trasferte io; università, tirocinio, studio e lavoro part time lui. Conciliare le nostre vite non sarà semplice, ma proverò, con tutte le mie forze, a far andare bene le cose.
Ci sono tante persone che riescono a mantenere viva una relazione, nonostante vivano anche a quattrocento chilometri di distanza. Io non sarò diversa.
Devo smetterla con le mie assurde paranoie: l'amore dovrebbe superare tutto, perché è il filo invisibile che tiene legate due persone, indissolubilmente.
Fin da subito ho sentito un forte sentimento che mi legava al mio ragazzo, su questo non ho mai avuto dubbi. E allora perché adesso sento uno strano nodo allo stomaco? È come paura, ma di cosa nemmeno lo so.
Mi ripeto in testa che è normale, visto che entrambi ci troviamo in una situazione diversa e nuova, ma non sono del tutto convinta.

Vuoi provare a concentrarti un po' su quello che devi fare quando scenderai da questo affollato, ma gelido treno regionale?

Non amo dar ragione alla mia coscienza, ma questa volta non posso che assecondarla. Devo pensare a me e al mio futuro, almeno per qualche ora.

Ho appena superato la stazione di Mezzocorona, a quindici minuti dalla mia destinazione. L'aria condizionata sulla carrozza è molto alta e la mia adorata felpa col cappuccio, verde limone, con scritto Bolzano Volley sulla schiena, non è sufficientemente pesante per contrastare la temperatura da Polo Nord che c'è. Forse, e sottolineo forse, sono un po' freddolosa, nonostante viva ai piedi delle Dolomiti, ma è probabile che il mio DNA abbia una qualche alterazione genica sui geni dei miei termorecettori.

Imposto l'indirizzo della fermata del pullman su Google Maps, altrimenti, visto il mio stupefacente senso dell'orientamento, mi perderei già prima di essere uscita dalla stazione.

Tornando sulla home, mi soffermo sul nuovo sfondo che ho impostato proprio ieri sera. È un bellissimo scatto della serata terminata da poche ore, tutti insieme, mentre innalziamo i calici per fare un brindisi. Avevo subito pensato che l'idea di Emma della festa fosse geniale, ma la realizzazione lo è stata anche di più. Oltre a essere divertente, è stata emozionante. Un po' troppo sentimentale, forse, ma di sicuro mi sono sentita a casa. La palestra di Bolzano, un po' fuori dal centro, con gli spogliatoi che hanno ancora cimeli che, probabilmente, sono stati usati dalla generazione dei miei genitori, durante la loro gioventù, mi ha sempre fatto sentire a casa. Quel luogo, intriso di lacrime e sudore, un po' vintage, terra di sorrisi e rabbia, mi ha fatto capire il mio posto nel mondo ed è così che voglio ricordarlo.
Non dite che l'ho raccontato in giro, ma alla fine del discorso al Mister, ieri, giurerei di aver visto Emma con gli occhi lucidi, sul punto di piangere. Lei dice che odia piangere, che solo i deboli lo fanno. Non vuole farsi vedere vulnerabile, ma ogni tanto sfogarsi con qualche lacrima aiuta a scaricare la tensione, a lasciarsi andare, a gioire, a mostrare che non siamo dei robot, ma che abbiamo delle emozioni. Io, però, non devo immischiarmi: avrà le sue ragioni ed io non voglio e non posso entrare nel merito. Arriverà qualcuno che saprà buttare giù il suo muro.

- Siamo in arrivo a Trento, con un ritardo di trentadue minuti- annuncia la voce meccanica. Grazie Trenitalia, i viaggi su questi treni sono sempre delle odissee: non sai quando parti, in che condizioni viaggerai, nè quando arriverai. Hai solo una certezza: sarai inevitabilmente in ritardo.

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