VI. Emma

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18 Agosto 2018

Ci credete se vi dico che, dopo aver preso al volo per una manciata di secondi la coincidenza, sono arrivata a Busto Arsizio con ben tre minuti di anticipo? Sembra impossibile ma, evidentemente, qualche miracolo accade anche a me, ogni tanto.

È tardo pomeriggio, quando scendo dal treno. La stazione non è molto affollata, soltanto pendolari di ritorno da una giornata di lavoro, probabilmente nella vicina Milano. Uomini con una ventiquattrore e la giacca fra le mani, non indossata per il troppo caldo e la cravatta allentata, perchè non più necessaria all'abbigliamento formale richiesto in molti uffici e contesti lavorativi. Ci sono donne con tailleur moderni e tacchi altissimi, la cui borsa è perfettamente coordinata con l'outfit, che sembrano appena uscite dalla settimana della moda, intente a squadrare le altre persone presenti sulle scale che conducono all'uscita.

Poi ci sono io, con un semplice jeans strappato, una maglietta rossa, i capelli poco ordinati, che pare abbiano vita indipendente dalla volontà del mio pettine e un paio di all star rosse, consumate ed anche un po' scolorite.

Chissà cosa staranno pensando quelle stangone con la puzza sotto il naso, dopo avermi squadrata dalla testa ai piedi. Sapete quanto me ne importa? Nulla.

Non sono qui per fare la top model, non ho interesse nell'apparire perfetta, non sarei io. Mi si può chiedere di tutto, ma non di comportarmi come qualcuno che non sono.

All'uscita dalla stazione, come da accordi, mi fermo dove c'è il piccolo parcheggio dei taxi. È lì che la signora Luisa mi ha dato appuntamento, proprio alle ore 17.30. E, puntuale come un orologio svizzero, vedo una signora sulla sessantina, aggirarsi tra le macchine parcheggiate in cerca di qualcuno.
- Mi scusi, è per caso la signora Luisa Selene?- domando, avvicinandomi alla donna.
- Sì, ma lei chi è signorina? Non credo di conoscerla- è la sua risposta.
- Sono Emma Piroli, la nuova inquilina.-
- Oh, figliola, perdonami! Non ti ho riconosciuta dalla foto che avevo. Perdi colpi Luisa!- esclama, battendosi un colpetto in testa, come a voler ridestare qualche neurone, degenerato precocemente. Sorrido spontaneamente, mi ricorda mia nonna, che non accettava mai che gli anni passassero anche per lei.
- Quella foto è talmente vecchia, mi sarei stupita se mi avesse riconosciuta senza problemi.-
- Vieni, ho la macchina proprio qui.-
Seguo la donnina, fino alla sua graziosa Toyota Aygo nera. Dopo aver caricato le valigie, saliamo in macchina.
Certo che guida come una pazza, la vecchietta!
Il viaggio dura pochi minuti, per fortuna. Non sono una che soffre la macchina, ma il mio cuore ha notevolmente aumentato la frequenza.

- Vieni, zucchero. Il palazzo è questo- dice la signora, mentre cerca la chiave giusta per aprire il portone d'ingresso.
L'edificio è abbastanza moderno, non molto alto, soltanto due piani, mentre un portone in legno antico lo separa dalla strada esterna.
L'atrio presenta un'enorme vetrata, che illumina l'ambiente, rendendolo più accogliente.
L'ascensore ci lascia al secondo piano, dove si trova l'interno sei.
Ci apre la porta Romina, l'altra ragazza, che subito mi tende la mano in modo amichevole per presentarsi.
Sembra gentile, oltre che decisamente più grande di me.
- Vieni, ti faccio fare un giretto, così inizi ad abituarti- continua la ragazza.
- Io credo di essere di troppo, vi lascio. Per qualunque cosa, chiamatemi.-
La padrona di casa se ne va velocemente, lasciando la casa tutta per noi.

Porto le valigie nella mia stanza e mi stendo sul letto, piuttosto stanca.
- Non mi dirai che un'atleta è già stanca?-
Mi volto e vedo Romina sulla porta, sorridente.
- In effetti si.-
-Oh, andiamo! Non ci credo! Ora alzati, dai! Ti porto a conoscere qualcosa di questa città!-
- Ma veramente io...-
- Niente se e ma. Forza, tirati su!- mi incita lei, avvicinandosi e tirandomi il braccio per tirarmi su dal letto.
La seguo, con le gambe che si muovono per inerzia, fino alla sua macchina.

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