20 Agosto 2018
Con la mia vecchia borsa della squadra di Bolzano, varco timidamente la soglia del Sanbàpolis di Trento, per il primo allenamento.
In questo momento non credo che la mia mente sia molto lucida: un vortice di emozioni diverse e, a tratti, contrastanti, si alternano dentro di me. Le gambe tremano, sono pesanti, come se avessi paura di avvicinarmi allo spogliatoio. Sono eccitata, ma terribilmente spaventata.
È il mio sogno che diventa realtà, ma il terrore di non essere all'altezza mi paralizza. Sono consapevole di aver lavorato sodo per questo e so anche che, se dei talent scout, tra tutte le palleggiatrici che hanno esaminato, hanno scelto proprio me, evidentemente è perché ho qualcosa di diverso e unico. Sono anche consapevole di non essere nessuno in questo mondo, di essere una novellina, senza esperienza, non abituata. Da sola, con tutti i miei dubbi e le mie ansie.- Amore! Come mai questa chiamata? È successo qualcosa? Non dovevi iniziare gli allenamenti?- domanda preoccupatissimo Lorenzo, dopo aver risposto al primo squillo, come sempre.
Lo conosco da tre anni ormai, ma ancora non mi capacito di come possa riuscire a vivere attaccato al telefono in qualsiasi istante e luogo.
- Sono davanti alla porta dello spogliatoio.-
- Non mi dirai che hai paura di entrare, eh?-
- È ridicolo, lo so. Ma aver fatto il capitano per due anni, in questo momento sembra nulla in confronto.-
- Vuoi forse passare per una ragazzina senza le palle?-
- No, però..-
- Però niente! Spingi la maniglia ed entra. La squadra è neopromossa, no? Anche le altre saranno un po' in ansia, dai! A meno che non siano dei robot.-
- Su questo qualche dubbio ce l'ho. L'anno scorso hanno ottenuto la promozione, io al massimo ho fatto i campionati regionali di di serie D.-
- E allora? Mica sei più scarsa. Hai solo meno esperienza, ma di sicuro non ti mancano cuore o passione. Io faccio il tifo per te. Lo sai.-
- Non vedo l'ora di abbracciarti. Solo due settimane.-
- Mi manchi anche tu. Ora devo andare, mio padre mi sta chiamando per una pratica.-
- Lo so, scusa, non volevo interromperti. Grazie.-
- Ti amo. E buona fortuna!-
- Ti amo anche io, a stasera.-Ripongo il telefono nella tasca dei pantaloni della tuta neri e appoggio la mano sulla maniglia della porta. Un po' sullo stile della finale di Hell's Kitchen, il noto programma americano condotto da Gordon Ramsay, sospiro profondamente e poi spingo.
I miei occhi scorgono subito tre ragazze, che si stanno cambiando, e che subito si voltano nella mia direzione, per osservare chi è entrato.
Le riconosco subito. Sono Francesca, schiacciatrice dai capelli castani, Roberta, palleggiatrice e Silvia, centrale.
In tv non hanno mai trasmesso una loro partita, quindi non sono molto famose, ma io mi sono ben informata. Ho sempre odiato arrivare impreparata, è una sensazione che mi fa sentire inadeguata, a disagio, vulnerabile.Non appena mi chiudo la porta alle spalle, mi sento addosso lo sguardo inquisitore della regista, che mi squadra dall'alto in basso.
Abbozzo un timido ciao, accompagnato da un piccolo sorriso, appena accennato.
- Sei la nuova palleggiatrice, di Bolzano, giusto?-
È la più alta delle tre a farsi avanti, Silvia, che si sporge per stringermi la mano.
- Sì, esatto. Sono Giada- rispondo, ricambiando la stretta di mano.
- Sono sicura che ci troveremo bene, con un po' di allenamento.-
- Io invece sono Francesca e sono una delle bande.-
- E io sono Roberta, la palleggiatrice- dice la moretta, con fare di sfida.Prevedo una bella competizione con la ragazza. Adoro le gare, quelle sane, perché ci spingono sempre a dare il meglio, a provare a superare quel limite che abbiamo sempre ritenuto invalicabile, spostando l'asticella un poco più in alto.
Perché in fondo la nostra vita, nello sport, come nel lavoro, non è altro che una partita, contro gli avversari, ma in primis contro noi stessi, per riuscire sempre a raggiungere lo step successivo. L'unico dettaglio è che spesso, la competizione non è proprio onesta e pulita, ma fatta di sotterfugi, inganni, tiri mancini e scorrettezze varie, pur di raggiungere l'obiettivo. Quindi non importa se sei il più bravo, vince il più furbo.
Io, piuttosto che vincere così, preferisco perdere.
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Our destination
FanfictionLa vita di un pallavolista non è mai sedentaria: si viaggia da una parte all'altra dell'Italia, dell'Europa o del mondo, senza sosta. Creare dei legami profondi è difficile, soprattutto quando molti restano accanto soltanto per la fama e non per rea...