CAPITOLO V

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Dopo essersi svegliata, inizia a fissarmi, ma senza dire una parola. Sembra troppo terrorizzata per parlare, ha lo sguardo immerso nel vuoto.

Così decido di fare io il primo passo:

<Ciao, non preoccuparti adesso sei al sicuro. Io sono Aiden, tu come ti chiami?>

Continua a fissarmi, credo che non riesca a sentirmi. Però continuo a provarci: <Non so se ricordi cosa ti sia successo precisamente, ma io ti ho trovata svenuta sul marciapiede. Ho pensato che ti servisse aiuto così ti ho presa e ti portata nella mia macchina. Ricordi cosa stavi facendo?>

Inizio a farle alcuni cenni con le mani per vedere se riesca a capirmi, ma non mi da alcun segno di approvazione allora le do una bottiglia d'acqua che avevo nel cruscotto, perché sembra molto assetata e senza pensarci due volte la finisce in un batter d'occhio.

D'improvviso, ricordo di avere una ruota di scorta nel porta bagagli. Ricordo di averla messa quando mia madre partì per Los Angeles con le sue amiche.

Così esco dalla macchina, controllando che non ci fossero più gocce di pioggia che cadevano dal cielo. Vado sul retro della macchina e apro il portabagagli. L'aria ora è fresca ma non fa del tutto freddo, come poche ore fa, e sembra che il cielo si stia schiarendo.

Poggio le valige a terra, stando attendo a non bagnarle, apro e prendo la ruota. È grande e pesante e odora di gomma nuova. Fortunatamente, mia mamma non ne ha avuto bisogno durante il suo viaggio, altrimenti adesso non saprei come fare.

Mentre chiudo la porta del portabagagli, vedo la ragazza che sta crollando sui seggiolini posteriori. Getto di corsa la gomma a terra e apro subito la porta passeggera posteriore.

Quando la guardo credo che sia svenuta, ma respira normalmente e ha l'aria di chi ne ha passate davvero tante, però devo ammettere che è molto tenera.

Capisco subito che non è svenuta, ma sta semplicemente dormendo. Così le aggiusto le gambe per farla stare in una posizione comoda, dal borsone cerco qualcosa da metterle addosso per coprirla e predo un asciugamano, lo poggio delicatamente sulle gambe, facendo attenzione a non svegliarla.

Dopo essermi assicurato che stia bene, torno al cambio della ruota. Prendo gli attrezzi che avevo in fondo al cofano e inizio l'operazione. Riesco a fare tutto con molta velocità grazie ai numerosi documentari che ho visto in TV sulle macchine.

Dopodichè getto la gomma vecchia nel cofano e poso gli attrezzi in fondo. Ho tutte le mani sporche di grasso, fortunatamente ho anche delle salviette nel cruscotto, è pur sempre la macchina che usava la mamma quindi ci sono tutti questi oggetti che alle donne nella loro macchina come nella loro borsetta non mancano mai. Spero che con tutto il baccano che ho fatto, non l'abbia svegliata. Ma quando ritorno a guardarla, mi accorgo che dorme come un angelo.

Ora non resta altro da fare che mettere in moto e proseguire per Vancouver.

Quando inizio ad accelerare, sento dentro di me una sensazione di libertà e sollievo. Spero vivamente di non ritrovarmi mai più una situazione del genere.

Durante il percorso le do alcune occhiate per vedere se va tutto bene. Sono molto incuriosito dal quel segno nero che le ho visto da sotto la maglietta, ma non voglio né svegliarla né farmi beccare a fissare il suo corpo seminudo. Sarebbe una cosa troppo imbarazzante.

Avvolto dai miei pensieri non mi accorgo che ormai è da molto che sto viaggiando senza sosta. Ho le gambe stanche e gli occhi a stento riescono a rimanere aperti, ho come due spillini dritti negli occhi.

La strada che sto percorrendo ha su entrambi i lati grandi pioppi e ogni tanto compaiono dei cartelli che indicano la sosta dell'autogrill. Vorrei tanto fermarmi, ma so che perderei solo tempo.

Man mano che proseguo, riesco a vedere sul ciglio della strada, un piccolo bagliore. Andando sempre avanti capisco che il bagliore in realtà, è la città in cui sono diretto.

Avvicinandomi alla città, si innalza un ponte, dove c'è infisso un grande cartello con su scritto: <BENVENUTI A VANCOUVER.>

Un entusiasmo improvviso mi divora completamente.

Non posso credere che sto davvero iniziando una nuova vita.

La città è piena di grattacieli illuminati e ogni strada e contornata di alberi, piante e piccoli cespugli, molto simile a Portland, ma è circondata da montagne altissime.

Dopo aver passato il ponte, cerco qualcuno a cui chiedere informazioni, ma visto che è notte fonda, le strade sono deserte.

Da lontano riesco a vedere il palazzo illustrato nell' annuncio.

Finalmente, penso, sono arrivato.

Parcheggio la macchina in un posto proprio fuori all' entrata del palazzo. Decido di portare su prima le valige e poi la ragazza.

Senza far rumore, scendo dalla macchina e prendo le valigie dal portabagagli. L'aria non è tanto diversa da quella di Portland, solo che qui c'è una brezza fresca che ti attraversa il corpo.

Dopo aver chiuso il portabagagli, chiudo anche la macchina, perché c'è una ragazza al suo interno ed è un orario molto brutto, è pur sempre una metropoli, e ho notato che nei dintorni ci sono molti Irish Pub.

Il palazzo è completamente in pietra e si possono notare alcuni balconcini adornati con primule e geranei.

Salgo i tre scalini del palazzo prima di entrarci completamente.

Il suo interno ha un'atmosfera accogliente e odora di biscotti fatti in casa.

Noto un ascensore alla mia destra, ma vedo che c'è sopra un cartello con su scritto: <GUASTO>. Così devo fare per forza le scale.

Arrivato al terzo piano, con un passo molto svelto, ho il fiatone. Non sono abituato a salire tante rampe di scale.

Ricordo che Mason, il proprietario, mi aveva detto di prendere le chiavi dentro il vaso fuori la porta.

Così, appena arrivato fuori la porta, allungo la mano nel vaso e la faccio scendere fino a toccare il fondo.

Riesco subito a trovare le chiavi e così le inserisco nella serratura e apro.

L'appartamento non è ridotto tanto male. Ci sono enormi finestre che affacciano sulla città e contemporaneamente lasciano entrare la luce della luna, che permette di illuminare tutto l'ambiente.

Poso le valigie in quel che sembra il salotto e mi accorgo subito che c'è un divano mentre nella camera difronte  c'è un letto, credo che la casa per quello che ho visto, sia ben arredata.

Dopo aver sistemato le valigie in un piccolo angoletto, scendo di corsa al pianterreno a prendere la ragazza.

Arrivato fuori dal palazzo, raggiungo la macchina.

Apro lo sportello e la sollevo leggermente, facendo attenzione a non far cadere l'asciugamano che ha sulle gambe.

Mentre salgo le scale, sembra che il mio corpo si sia già abituato al ritmo della salita e alla leggerezza di questo corpo che ho tra le braccia.

Entro nell' appartamento e la adagio molto prudentemente sul divano.

La guardo. La guardo di nuovo, e di nuovo ancora.

È di una bellezza meravigliosa.

Molto attento a non fare rumore, decido di andare a riposare, perché sono davvero esausto.

Prima di entrare in camera, mi volto un'ultima volta a guardarla, e tra me e me mi chiedo: "Chissà se domani, quando mi sveglierò, sarà ancora qui".

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