CAPITOLO VIII

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Finalmente...
Ricorda il suo nome!
Sono sorpreso nel modo in cui me l'ha detto, si fida di me.
Sono curioso ma per non arrivare subito al punto, aspetto di entrare in macchina per sentire le sue spiegazioni, sempre se ha voglia di parlarmene.
Scendiamo i tre gradini del palazzo e entriamo in macchina.
È strano stare in macchina con lei, le uniche donne ad essere state qui sono mia madre e... Victoria.
Basta non posso ancora tornare nel buio che mi sono lasciato alle spalle devo andare avanti, così decido di accendere la radio. Inizio  a girare le stazioni radio per trovare qualche canzone che colmi il nostro silenzio...eccola... il brano della band One Republic "I lived", alzo il volume per non farmi notare che con la coda dell'occhio la sto osservando,  non riesce ad allacciarsi la cintura, mi viene quasi da ridere, ma per non metterla in imbarazzo non lo faccio. Mi allungo verso di lei: <Dai qui, faccio io.>
Alza le mani al cielo per permettermi di allacciargliela bene. Sembra quasi una bambina pronta per iniziare il giro sulle montagne russe.
Quando finisco, alzo gli occhi verso di lei. Sembra quasi che i suoi occhi possano attraversare i miei. Il cuore sta per scoppiare. Ma che mi succede...
Subito le faccio un sorriso timido per poi distogliere lo sguardo dai suoi bellissimi occhi, accendo e parto.
Visto che non conosco bene la città, inizio con il seguire i cartelli stradali che mi indicano le strade. Può essere che mi condurranno da qualche parte dove ci sono i negozi, spero.
Osservando meglio la città noto che la gente è davvero molto indaffarata, va molto di corsa, avanti e indietro senza nessuna sosta. Ho sentito dire che qui a Vancouver ci sono molti studi cinematografici, forse è per questo.
Per metà tragitto, nessuno dei due dice una parola, anche se ogni tanto noto che ha uno sguardo assente, sovrappensiero, chissà cosa sta pensando...
Per spezzare il silenzio e per la mia super curiosità, che nuoce interiormente, le chiedo: <Allora, bene, mi hai detto che ricordi il tuo nome, ti va di parlarne?> perché sembra che stia dicendo cose a caso con un tono di voce che non mi appartiene ...
Lei mi guarda, ha l'aria molto insicura, forse non vuole dirmelo: <Guarda... se non ne vuoi parlare, non fa niente aspetterò.>
Un'espressione dolce si intravede sul suo viso, si fa coraggio e, dopo un respiro profondo, inizia a raccontare...
Mi dice che questa notte ha avuto un sogno, uno di quelli strani.
Forse è un incubo?
Si trovava in una foresta e c'era una donna che aveva in mano una pergamena. La donna, improvvisamente, cadde e tutto sparisce, al di fuori della pergamena che si srotola davanti ai suoi piedi. Era tutto scritto in una lingua molto antica, ma lei è riuscita a riconoscere qualcosa di familiare, qualcosa del suo passato, qualcosa che le appartiene... Riconosce un fulmine all'esterno, come per specificare a chi fosse diretta, e una piccola parola all'inizio del periodo. Il suo nome.
< Aiden il mio nome... il mio nome è...Deianira.>
Il tono con cui lo pronuncia mi fa venire i brividi, tanto che rimango a bocca aperta. Ha paura, lo vedo, vedo il terrore nei suoi occhi, quello che scorsi quella notte.
Dopo aver finito di raccontarmi il sogno, rimane per qualche istante a fissare il vuoto e a sprofondare sempre di più nel sediolino, quasi volesse scomparire.
Sembra non ricordare altro. Vorrei esserle d'aiuto:
<Vuoi che andiamo in un ospedale? Li ti potranno aiutare nel ricordare il resto...>
Ma prima che finissi di pronunciare la frase risponde molto chiaramente: <No!>
Annuisco con la testa, non voglio farla spaventare ulteriormente. Inizia a guardarsi attorno con aria molto confusa e poi di nuovo inizia a fissare il vuoto.
Sono preoccupato per lei.
Allungo la mano per toccarle la spalla, ma lei, come se avesse preso una scossa, si gira a guardarmi :<Ora ricordo!>... e poi continua:<Sono caduta dal... dal cielo e cercavo di aggrapparmi agli alberi per evitare di farmi male... Ecco perché mi bruciava la spalla!>
Lo dice con aria molto convinta, così per non contraddirla, faccio solo un piccolo cenno con la testa, sembra che stesse parlando più con se stessa che con me, ritorno con lo sguardo sulla strada.
È impossibile cadere dal cielo, è una cosa scientificamente impossibile. Non so se sia malata, ma di sicuro non starà tanto bene.
Conversando con lei, non mi sono accorto che, a entrambi i lati della strada, ci sono tantissimi negozi.
Indico un negozio a caso con il dito, e lei mi fa cenno di conferma con la testa.
Sarà meglio scendere per distrarci.
Parcheggio in un posto auto un po' più avanti del negozio e scendiamo entrambi.
Quando entriamo, un profumo di gelsomino mi trafora le narici.
Fa quasi venire il mal di testa, ma lei sembra apprezzarlo.
<Salve, benvenuti da Fashion and Ways. Speriamo di soddisfare i vostri gusti!>
Sorridiamo entrambi alla commessa che ci ha accolti all'entrata per poi immergerci nella folla e nei vestiti appesi sugli stand in ogni parte del negozio.
Visto che è un negozio da donna, seguo Deianira.
Com'è strano conoscere il suo nome. Fino e un'ora fa era la ragazza trovata sul ciglio della strada, tutta infangata, che non ricordava nulla. È incredibile come le cose possano cambiare da un momento all'altro...
Vedo che ha già preso parecchi vestiti dagli stand, tanto che non riesce a tenerli tutti su un braccio.
Così faccio per aiutarla e le prendo i vestiti dal braccio, sfiorandole la pelle. Al contatto, il mio cuore inizia a pulsare sempre più forte e la mia faccia sta per diventare tutta rossa.
Distogliamo entrambi lo sguardo e dopo pochi minuti di silenzio mi dice: <Vado in camerino a provarli, puoi sederti su quella panchina vicino alle cabine? Non voglio restare sola...>come posso dirle di no.
Decido di seguirla.
Sulla strada per i camerini, sento vociferare alcune ragazze: <Che carino, ha accompagnato la sua ragazza a fare shopping! Vorrei anche io un ragazzo così...come è fortunata!>
Volto lo sguardo dal altro lato, trattenendo il respiro, per non farle vedere che sto arrossendo, spero non abbia sentito.
Arrivati finalmente ai camerini, io mi siedo sulla panchina e Deianira entra nella cabina di fronte.
Le passo tutti i vestiti e lei si chiude la tenda alle spalle.
<Puoi darmi un consiglio?> così dicendo apre la tendina e si mostra con indosso una maglietta bianca con scollo a V e dei jeans neri con gli strappi sulle ginocchia.
L'unica cosa che mi capacito di fare è annuire con la testa. Successivamente prova una maglietta blu notte con uno scollo sul dorso e un jeans color denim. E dopo aver fatto una giravolta e essere soddisfatta nel guardarsi allo specchio ritorna dentro.
Spero prenda questa maglia, le sta davvero bene, il colore le fa risaltare ancora di più i suoi occhi.
Dopo aver provato altre magliette, felpe e qualche jeans, esce con un vestitino bianco a bretelle doppie che le arriva poco sopra le ginocchia e attorno alla vita porta un piccolo cinturino oro.
È bellissima da mozzare il fiato, penso di essere rimasto con la bocca aperta, da come lei mi sta guardando, così mi affretto a chiuderla: <Cosa ne pensi?>
Per mostrarmi indifferente dico: <Si, è...è molto carino>. Molto carino? Ma sto impazzendo forse?
Mi fa un sorriso allegro, come se la mia approvazione fosse il suo sì interiore.
Dopodiché torna a cambiarsi e andiamo alla cassa per pagare.
Inserisco la carta bancomat e digito il codice sulla tastiera.
La commessa ci saluta e anche noi ricambiamo.
Usciti dal negozio, raggiungiamo la macchina con entrambe le mani occupate dalle buste. Apro il portabagagli e mettiamo tutto dentro.
Entrati in macchina lo stomaco di Deianira inizia a brontolare.
A pensarci bene, è parecchio che siamo fuori casa, quindi avrà sicuramente fame.
Le chiedo se le va di mangiare qualcosa e senza nemmeno pensarci due volte annuisce numerose volte con la testa, tanto che a me scoppia una piccola risata e, a sua volta, anche lei sorride insieme a me.
Troviamo un piccolo bar all'angolo della strada e, fortunatamente, una macchina, parcheggiata proprio lì fuori, sta andando via.
Mi affretto a raggiungere quel posto prima che qualcuno potesse occuparlo.
Da fuori dei grandi finestroni del bar, si intravedono le persone che pranzano e chiacchierano tra di loro.
Quando entriamo la cameriera ci fa accomodare a un tavolo per due e ci porge i menu. È davvero carino questo bar, i tavoli sono in legno ciliegio e c'è un'odorino di pollo appena sfornato.
Entrambi apriamo il menù e iniziamo a sfogliarlo.
Dopo aver scelto cosa prendere, poso il menu sul tavolo e vedo che lei è ancora indecisa. Ha un'espressione sul viso molto buffa come se non capisse bene cos'è cotoletta e patatine o pollo e puré.
Quando arriva la cameriera al tavolo ci chiede cosa vogliamo ordinare. Dico senza problemi cotoletta e patatine. Deianira invece, trova difficoltà nel pronunciare patatine "steack house", iniziando a dire parole senza senso. È molto divertente, e fortunatamente  la cameriera capisce al volo ciò che vuole ordinare e, dopo aver scritto sul blocchetto le nostre ordinazioni, ci avverte che i piatti arriveranno tra un paio di minuti.
Appena la cameriera va via, Deianira alza lo sguardo dal menù: <Che parole difficili che usate qua, come fate a pronunciarle?>
<Qui sono tutte parole comuni, perché da te come si parla?>
Mi guarda con un'aria triste e pian piano riabbassa la testa e quasi sussurrando dice: <Non lo so, perché non ricordo il posto da cui vengo quale sia...>
Sono davvero un disastro! Perché le ho fatto ricordare che lei non sa niente di se stessa, al di fuori del nome.
Passiamo i minuti a seguire in silenzio e quando arrivano i piatti fa un piccolo sorrisetto accennato.
Per sdrammatizzare la situazione inizio a fare acrobazie con il cibo, tipo a lanciare le patatine in aria e farmele finire diritto in bocca. Dopo vari tentativi inizia a ridere e inizio a sentirmi davvero sollevato.
Mentre mangiamo mi arriva un messaggio al cellulare dove c'è scritto "Incontro galleria d'arte".

A:  Aiden Hudson
Oggetto: "incontro galleria arte"
Salve signor Aiden la informiamo, dopo avere letto il vostro curriculum ed essere rimasti sorpresi dalle vostre qualità, che alle 4 p.m. e previsto un colloquio con il direttore della galleria.
A presto.
                                                                                                                -GALLERIA D'ARTE VANCOUVER

Cavolo il colloquio di lavoro! Quando lo leggo quasi il cibo mi va di traverso. Lei mi guarda con una faccia interrogativa e le spiego che prima di trasferirmi avevo fissato un colloquio per esporre nella galleria d'arte i miei lavori.
< Allora sei un fotografo, mi piacerebbe vedere i tuoi lavori!>
<Certo appena abbiamo tempo, nel caso stasera te li mostro> così dicendo il suo sorriso inizia pian piano a farsi strada sul viso.
Ci affrettiamo a finire i piatti e a pagare il conto per poi precipitarci di corsa in macchina.
Il tragitto per tornare all'appartamento non è lungo, fortunatamente, perché il bar si trovava dietro l'angolo.
Arrivati sotto al palazzo scendiamo e prendo le buste da dentro il portabagagli.
Solo ora mi accorgo che non ha detto una parola da quando siamo usciti dal bar. Spero non si dispiaccia del fatto che ora devo uscire e dovrà rimanere da sola a casa.
Entriamo nel palazzo e mi accorgo che l'ascensore è ancora guasto, dobbiamo fare per forza le scale. Appena arriviamo al terzo piano, la porta accanto alla nostra si apre. Appena mi guarda fa una faccia stupita, poi passa lo sguardo a Deianira, questa cosa mi sta irritando! Cosa vuole?
Prima di dire qualcosa rimane alcuni secondi a fissarci: <Ciao, mi chiamo Ryan e sono il vostro vicino di casa> educatamente gli rispondiamo: <Ciao!>
<Spero vi stiate trovando bene, volevo farvi i miei auguri per il soggiorno, qualunque cosa sono a vostra completa disposizione.>
Cavolo sembra abbia imparato una canzoncina a memoria...
<Visto che siete nuovi qui, e non conoscete ancora nessuno ho pensato che vi farebbe piacere venire domani alla festa del Vancouver's team, vi ho lasciato gli inviti di partecipazione sotto la porta.>
Prima di accettare guardo Deianira per avere sua conferma. Dopo quello che ha passato non so se una festa potrebbe farla sentire meglio o potrebbe peggiorare le sue condizioni. Così aspetto che risponda lei: <Si, perché no!>
<Allora verremo, grazie per l'invito>
<Non ce di che!>risponde Ryan prima di rientrare in casa , salutandoci con la mano.
Inserisco le chiavi nella serratura e faccio entrare prima Deianira e poi entro io con le buste.
<Io vado, tornerò presto. Per qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi, capito? > e le porgo il cellulare di casa con già inserito il mio numero.
<Si, va bene> furono le uniche parole che le uscirono di bocca.
Le porgo un'ultima occhiata prima di chiudere la porta dell'appartamento, ed ecco qui... che accade di nuovo questo scambio di elettricità attraverso i nostri occhi. Vorrei restare così solo per continuare a guardarla.
Scendendo le scale penso all'espressione che ha avuto Ryan quando ci ha visti. E solo ora mi rendo conto che ha un viso familiare...


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