Capitolo 2

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"Ancora con questa storia dei vampiri, ragazzi? Dovreste smettere di parlarne" sorrido "o finirete per l' esserne ossessionati " aggiungo.
Il ragazzo castano ride.
"Che c'è? Ti fanno paura le storie su di loro? " chiede.
Quella domanda suona tanto assurda alle mie orecchie che non posso trattenermi dall' assumere l' espressione di chi la sa veramente lunga.
Non ho paura delle storie che li riguardano.
Ho paura di loro.
"Credo che chiunque dovrebbe provare un po' di inquietudine, quando sente parlare di mostri succhia sangue " replico.
Altri ragazzi sorridono.
"No, non in questo secolo . Le vicende sui vampiri sono ridicole, ormai" ribatte lui.
"Se sono tanto ridicole, perché continui a pensarci?" domando a mia volta.
Lui mi guarda per un attimo .
"Sai che c'è? Hai ragione" annuisce.
"Cambiamo discorso ragazzi, mi sono scocciato. Qualcuno sa dirmi le pagine che bisogna studiare per la verifica di Storia?" si rivolge agli altri, e in un attimo tutti stanno discutendo di scuola senza più degnarmi di uno sguardo.
Era esattamente il mio obiettivo.
Riprendo a camminare verso la mia automobile, parcheggiata qualche metro più avanti.
Apro la portiera della mia BMW bianca e mi ci accomodo all' interno.
Torno a casa poco dopo.
Salgo i tre gradini che precedono la porta della mia abitazione.
Metto la mano sulla maniglia dopo aver inserito le chiavi nella toppa.
Rimango in ascolto.
Mi pare di aver sentito....
Nah, sono solo paranoica.
Oggi è stata una giornata strana a scuola.
Abbasso la maniglia di ottone ed entro in casa.
Chiudo la porta alle mie spalle, e quando mi volto vedo una figura a pochi centimetri da me .
Urlo, finendo con le spalle contro il muro.
La persona in questione mi guarda con i suoi occhi nocciola.
Getto la testa all' indietro e sospiro di sollievo.
"Leila, per la miseria!" esclamo senza fiato.
Leila è la mia migliore amica da...un po' di tempo, diciamo.
La osservo : è sempre alta, snella, con un fisico invidiabile, dei lunghi e mossi capelli biondi ed un sorriso ammaliante.
I grandi occhi castani sono valorizzati da un velo di trucco.
Non è cambiata affatto.
Ovviamente.
"Sorpresa" mi sorride.
"Mi hai fatto spaventare tantissimo!" esclamo.
"Se non l' avessi fatto non sarebbe stato così divertente" ribatte.
"Stronza" mormoro , mentre lei ride e mi abbraccia.
"Nonono, aspetta" fa una smorfia mentre mi allontana da lei.
Inspira profondamente.
"Non mi sono ancora abituata" dice.
"Oh, giusto" annuisco.
"Tieni, metti un po' di questo" mi lancia il mio deodorante per ambienti che fino ad un attimo prima era appoggiato sul tavolo .
"Questo è per la casa" le faccio notare .
"E chissenefrega, c'è scritto che sa di fiori" replica.
La guardo con aria interrogativa.
"Muoviti!" esclama, facendosi aria con la mano.
"Ok, ok, scusami!" cedo infine, spruzzandomi addosso quell' aroma ai fiori di ciliegio.
"Di più !" pretende lei .
"Parli sul serio?" mi lamento.
"Dai!" mi esorta ad eseguire il suo ordine.
Ne spruzzo ancora un po'.
La sua faccia torna ad assumere un' espressione rilassata.
"Sento ancora benissimo l' odore del tuo sangue, ma va meglio" afferma tornando ad abbracciarmi.
Sorrido.
"Eppure le tue occhiaie sono a posto, non mi sembri affamata" commento.
"Non lo sono, ma hai un odore decisamente apprezzabile" spiega .
"Oh" mormoro.
"Grazie.....credo" corrugo la fronte.
Lei ride .
"Sai cosa stavo pensando mentre ero qui ad aspettarti?" domanda poi.
"No...ma a proposito, come hai fatto ad entrare?" chiedo.
"Non vorresti davvero saperlo" mi guarda.
Rimango in silenzio per un attimo.
"Mi fido di te e non ti chiederò nulla" decido infine.
"Saggia scelta" annuisce.
"...Stavo dicendo" riprende a parlare " che mentre ti aspettavo ho notato queste pareti estremamente bianche e...non lo so....è tutto troppo luminoso, non trovi?" osserva.
"Dimentichi che sono una normalissima umana,adesso. La luminosità non è più un problema" dico.
"Non lo è neanche per me" ribatte "ma credevo che un po' di gusto del tetro fosse rimasto li dentro" indica la mia testa.
Sospiro .
"Vita nuova,pareti nuove" affermo.
Lei si siede sul divano.
"Che bello" commenta.
"Muri bianchi, divano verde acqua, cucina sui toni dell' azzurro...e tutto questo senza notare che è veramente...di dubbio gusto" fa una smorfia.
Rido.
"Sei qui per fare la designer di interni?" domando.
"No, ma sai che sono sincera" scrolla le spalle .
"Beh, allora sappi che agli umani piacciono i colori pastello per la casa" mi difendo.
"Ed io, invece, trovo che la tua sala fosse molto più bella con le pareti grigie ed il divano di pelle nera" ribatte.
"Ma fai come vuoi " aggiunge infine.
"Bene, ti ringrazio" scuoto la testa divertita.
Sistemo alcuni libri su uno scaffale mentre lei resta in totale silenzio.
Mi volto a guardarla.
"Tutto bene?" chiedo.
"Stavo pensando che questi colori pastello e questa umanità mi hanno fatto venire fame" osserva.
Mi sistemo istintivamente il foulard al collo, stringendolo.
"...Quindi cosa mi prepari per merenda?" sorride.
È la seconda volta in cui sospiro di sollievo in venti minuti.
"Non saprei. Ti piace ancora la torta di mele?" domando.
"Sì! Si, e adesso che l' hai nominata mi sono resa conto di volere proprio quella" afferma.
Rido.
"Che casualità!" la prendo in giro.
Lei si unisce alla mia risata.
Ci dirigiamo insieme in cucina ed io preparo tutti gli ingredienti per la torta.
"E dimmi" riprendo a parlare "che cosa hai fatto in questi due anni in cui non abbiamo più vissuto insieme?" mi incuriosisco.
"Tante vacanze" risponde.
"Ho visitato tutta l' Italia, una parte della Spagna, sono stata in Norvegia ed anche a Buenos Aires" elenca.
"Posto preferito?" domando.
Lo ammetto, sono un po' invidiosa.
"Decisamente Buenos Aires" annuisce soddisfatta.
"Fare la turista mi aiuta ad essere meno crudele. Le città mi distraggono dalla mia...fame perenne,  se capisci cosa intendo" mi fa l' occhiolino.
"So benissimo a cosa ti riferisci, ma non mi va di sentire tutti i dettagli" sorrido nervosamente.
"Hai ragione, scusa" torna seria.
"A volte mi dimentico proprio di tutto quello che ti è successo" scuote la testa.
"Già" annuisco, tagliando con il coltello una mela esattamente al centro.
Una metà scivola giù dal tavolo.
E Leila la afferra al volo prima che possa toccare terra .
"Grazie" dico prendendo il frutto che lei mi porge.
Spesso e sovente mi mancano tutte queste qualità del non essere umani.
Chiacchieriamo un altro po' , finché non inforno la torta.
"Leila" la chiamo ad un tratto.
"Sì?" risponde lei mentre addenta un' altra mela.
"C'è un motivo specifico per il quale ti trovi in città?" chiedo preoccupata.
Lei sospira.
"A dire la verità sì " annuisce.
Il mio cuore inizia a battere più forte.
La gola mi si secca improvvisamente.
"Volevo mangiare una torta di mele fatta in casa" mi fa l' occhiolino.
Sospiro di sollievo.
Ed è la volta numero tre.

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