twelve.

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Ero riuscito a contattare mio padre, quando gli ho riferito che sarei andato 'volentieri' da lui in Inghilterra la sua reazione era un mix tra il perplesso e il sorpreso.

Ovviamente non contestò, si mostrò felice e disse che mi avrebbe pagato anche il biglietto per andare, cosa ottima visto che non avevo più un soldo.

Quando lo dissi a Bert ci restò un po' male, eravamo diventati una cosa simile a degli amici, credo.

Visto che non avevo una valigia, si offrì di farmene una visto che ne aveva qualcuna in più.
Anche se sinceramente non avevo nulla da portare oltre a qualche vestito.

La riempii con tutto ciò che avevo, anche se dovevo partire tra due giorni avevo già preparato tutto perché alla fine non avevo nulla da perdere.

Scrissi anche un biglietto a Mikey, non avendo più un telefono, per non farlo preoccupare troppo e andai a metterlo qualche ora prima di partire davanti casa tra la posta così che l'avrebbe visto.

Ero leggermente nervoso ma dovevo cercare di non farmi prendere troppo dall'ansia e restare calmo, alla fine lo facevo per dimenticare Frank.

Lo so che scappare dai propri problemi in questo modo è poco maturo ma provate a mettervi nei miei panni, è stato terribile.

Il giorno in cui dovevo partire, come ho detto, lasciai il biglietto davanti alla casa in cui avevo vissuto per molto tempo, sperando di non esser visto.

Dopo aver bussato, mi appartai dietro ad un muro aspettando che qualcuno uscisse e trovasse il biglietto.

Uscì Frank, dio era bellissimo la mattina presto appena sveglio. Anche se sembrava leggermente diverso, cioè aveva profonde occhiaie sul viso e un perenne sorriso triste finché non trovò il mio biglietto e sgranò gli occhi correndo dentro chiamando a gran voce mio fratello.

Fu in quel momento che capii che era l'ora di girare i tacchi e andarmene, incamminandosi a passo calmo verso il pullman che mi avrebbe portato all'aeroporto.

Dopo un oretta mi svegliai sbadigliando profondamente, guardandomi attorno e mettendo a fuoco il lungo in cui ero.

Il pullman stava accostando davanti al grande aeroporto, mentre scendevo stavo osservando attentamente le centinaia di persone che andavano avanti e indietro portandosi dietri loro bagagli.

Ragazzi che si salutavano, coppie che si scambiavano smancerie d'addio; anch'io avrei voluto salutare così Frank prima di partire, magari promettendoci di rivederci presto.

Scostai lo sguardo dalle persone quando un auto suonò il clacson imprecandomi contro di spostarmi dalla strada, mi ero incantato per qualche minuto forse.

Chiesi scusa con un cenno della mano e mi avviai a passo svelto verso l'entrata dell'aeroporto.
C'era odore di speranza nell'aria, di nuove aspettative, di traguardi raggiunti; un'aria positiva che non sentivo da anni.

Dopo aver fatto i vari controlli, andai a sedermi su una di quelle sedie in cui si attende l'arrivo del proprio aereo, continuando ad analizzare tutti i passanti, mi stavo annoiando.

Notai tra la folla un ragazzo alquanto agitato correre e scansare alcune persone senza scusarsi o altro. Si guardava freneticamente in torno, finché non rivolse lo sguardo su di me.

E in quel momento incontrai i suoi occhi che brillavano dalla felicità, come quelli di un bimbo quando vede delle caramelle.

Si avvicinò a passo svelto vicino a me, mordendosi il labbro impaurito da una mia reazione; potevo benissimo alzare ed andarmene e rifiutarmi di parlargli.

THE GHOST OF YOU.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora