Per quel fine settimana io ed Emma, come era già successo numerose volte, ci eravamo fatte ospitare da Nicole, che aveva un appartamento lì a Roma. Ci eravamo rilassate e tutto era filato liscio, tanto da farmi quasi dimenticare cosa mi aspettava una volta tornata a scuola.
Il lunedì, però, giunse inesorabilmente, ed io mi ritrovai ancora una volta a domandarmi perché avessi risposto così male ad Irama. Solitamente non ero un tipo da cattiverie gratuite... beh, in realtà, a pensarci bene, qualche volta sì. Comunque, mi ero comportata veramente da stronza e mi sentivo un pochino in colpa, quindi nei giorni successivi cercai un momento per chiedere scusa al ragazzo, ma lui mi ignorava apertamente e, anche quando ci trovavamo vicini, c'era sempre qualcun altro che mi impediva di parlarci a quattr'occhi. Scoprii che Irama era stato messo in stanza con Biondo ed Einar e infatti sembrava che i tre stessero instaurando un bel rapporto di amicizia.
Questa cosa da una parte mi faceva piacere, perché insieme sembravano divertirsi un casino e facevano divertire anche chi stava con loro, ma dall'altra mi disturbava, perché la leggera tensione tra me e Irama rischiava di allontanarmi anche dagli altri due.
Dopo quasi una settimana, la situazione era diventata insostenibile.
"Posso parlarti un attimo?"
Einar era a lezione e Biondo stava facendo una sorta di ripetizioni di italiano ad Emma, così avevo trovato Irama seduto ad un tavolo da solo ad ascoltare la musica. Si tolse una cuffia dall'orecchio e rimase in silenzio.
"Scusami per le cattiverie che ti ho detto l'altro giorno. E stavolta erano veramente cattiverie." Cavolo. Ma perché doveva suonare anche questa come una frase già detta? "Non penso veramente che la tua canzone sia brutta."
Lui finalmente mi guardò. "Adesso puoi dirmi che canzone era?"
Sospirai, felice che non fosse ancora arrabbiato. "Credo si chiamasse Colpa tua."
Annuì e fece per rimettersi la cuffia, ma in un attimo cambiò idea.
"Perché mi hai risposto in quel modo?" Adesso un po' arrabbiato lo sembrava.
"Perché mi è venuto spontaneo." Ribattei dura. La tensione si era riaccesa tutta d'un colpo.
"Senti, io non ho nessun problema con te e non so cosa ti ho fatto per meritarmi quel comportamento, ma se c'è qualcosa che vuoi chiarire, me lo dici subito e lo chiariamo."
Rimasi basita. Non so cosa ti ho fatto? Ignorare le mie chiamate non gli diceva nulla? Gli avrei tirato un pugno se non ci fossero state le telecamere, ma dato che, oltre a quelle, avevamo anche i microfoni, mi trattenni.
"Senti, io sono qui per ballare e non mi va che un ragazzino mi rovini la festa. Dobbiamo chiarire un paio di cose, ma fuori di qui." Mi alzai per andarmene. Ero furiosa.
"E comunque" conclusi "devi avere qualche problema di memoria, bello."
Mi diressi in sala prove.
Sfogai la rabbia provando e riprovando le coreografie che dovevo preparare. Come si permetteva di dirmi che non sapeva quello che aveva fatto? Aveva fatto finta di niente, ecco il problema. Da quando era entrato nella scuola sembrava che non ci fossimo già conosciuti prima, che non avessi pianto tra le sue braccia, che non mi avesse raccontato di sé quella sera, che poi non mi avesse lasciato il numero e, soprattutto, che non avesse ignorato tutte le mie chiamate. Era lui l'ipocrita. E se voleva che gliele ricordassi io, tutte quelle cose, l'avrei fatto con piacere e con i dovuti insulti, perché mi aveva illuso di essere una persona dolce e simile a me, mentre adesso mi stava trattando come una mocciosetta qualunque. Non lo avrei accettato.
Quella sera a cena, Biondo si accorse di qualcosa.
Avevamo appena finito di mangiare e stavamo per alzarci da tavola quando mi chiese a bruciapelo: " Ma oggi è successo qualcosa tra te e Irama?"
Sospirai, rassegnata: ero sicura che qualcuno si fosse accorto del nostro comportamento in sala relax.
"Solo un piccolo litigio, una cosa da nulla." Con la coda dell'occhio vidi alzarsi proprio il cantante di cui stavamo parlando. "Magari te lo spiego domani. 'Notte Simo." Lo salutai in fretta e seguii il suo amico, che intanto era uscito dall'albergo. Lo raggiunsi nel parcheggio mentre si stava accendendo una sigaretta.
"Lo so che fa molto figo, ma dubito che la nicotina possa giovare alle tue corde vocali." Mi guadagnai un'occhiataccia.
"Si mamma, giuro che smetto di fumare. Guarda, spengo pure la sigaretta a metà." Fece un sorrisetto sarcastico gettando il mozzicone a terra e spegnendolo poi sotto la scarpa. "Contenta?"
"Dovresti esserlo tu."
"Io non lo sarò finché non mi avrai detto perché ce l'hai con me."
Sbuffai. "Sei veramente un ipocrita, sai? Lo sai benissimo perché."
"Non iniziamo con questi giochetti. A quest'ora non mi va di fare nessun indovinello."
"Invece ti andava sei mesi fa."
Spostò lo sguardo sulle macchine attorno a noi. "Credevi che dopo quella notte saremmo stati per sempre fianco a fianco, che non ci saremmo lasciati mai più, che saresti stata l'unica per me? Non pensavo che anche tu ci saresti cascata per due paroline dolci."
"Ma chi cavolo ti credi di essere? Guarda che non gira tutto intorno a te. Sto solo dicendo che sei incoerente. Prima sembri una persona con cui si può parlare e poi torni a fare lo stronzo patentato."
"Qui quella che ha fatto la stronza sei tu, io cercavo solo di avere una conversazione normale."
Mi bloccai, stringendo le labbra. Realizzai che il problema era che io non avevo mai voluto una conversazione normale con lui. Da quella notte, mi ero illusa che fosse qualcuno su cui poter riversare tutti i miei problemi, una spalla su cui piangere. Ma quello era stato solo un momento di debolezza per entrambi ed ora che eravamo tornati in noi, non c'era più nulla da dire.
"Va bene. Hai ragione. Sai cosa? Dimentica tutto, tanto l'hai già fatto. Va tutto bene."
Volevo urlare, volevo prendere a calci qualcosa (magari lui), ma mi costrinsi a rientrare nell'hotel a passo di marcia.
Entrai nella mia camera sbattendomi la porta alle spalle, calciai i pantaloni di Nicole abbandonati a terra e mi scaraventai sul letto, affondando la faccia nel cuscino per soffocare l'urlo che minacciava di uscire.
"Cosa è successo?" domandò candidamente Emma dopo un poco.
"Che sono una cogliona." Che non avevo ancora imparato che potevo contare solo su di me.
"Quando vorrai parlarne, noi saremo sempre qui." Sussurrò Nicole.
Ci credevo. Ci credevo, ma ancora non riuscivo a dire loro tutto. Tolsi il cuscino dalla faccia e fissai quegli occhi scuri. Forse qualche amica, infondo, l'avevo trovata. Ora dovevo solo superare la mia stessa ritrosia verso chi mi circondava, perché ero così abituata a non fidarmi e ad essere delusa, che ormai aprirmi a chi invece stava dimostrando di volermi bene era davvero difficile. E adesso ero stata respinta un'altra volta.
"Lo so. Grazie." Sorrisi appena per confortarle. "Il problema sono io."
STAI LEGGENDO
Una storia senza una trama. [IRAMA]
ФанфикArianna è una ballerina e una ragazza distrutta. Tutto nella sua vita è filato liscio per diciannove anni, finché a sua sorella non è stata diagnosticata una patologia terminale che nel giro di sei mesi se l'è portata via. Aria si ritrova così con u...