Capitolo uno

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Nove anni dopo..

Le gambe erano indolenzite dalla stremante costanza che aveva esercitato durante l'indefessa corsa. Le braccia si muovevano a tempo con il corpo, ondeggiando ai fianchi con perseveranza e destrezza. Ormai non avvertiva più i dolori post allenamento come le prime settimane che si era prodigata in tale esercizio, arrischiandosi ogni volta, ma sempre con più entusiasmo.

«Tregua!»

Camila si fermò di colpo, voltò di scatto la testa all'indietro, venendo fustigata dalla coda di cavallo che svettava sulla sua nuca.

Emise un sospiro annoiato, continuando a saltellare sul posto per tenere in caldo i muscoli.

«Dinah, sei una pippa!» La schernì, approssimandosi a lei, trotterellando.

La polinesiana stappò la borraccia che aveva provvidenzialmente recuperato dallo scantinato e versò uno scroscio d'acqua in bocca, da distanza ravvicinata.

«Cazzo, corri troppo veloce per i miei standard.» Disse ansimando, piegando le ginocchia per appoggiarsi su di esse e prendere un respiro profondo che l'aiutasse a riciclare energia.

«Basta allenarsi per qualche tempo.» Scrollò le spalle Camila, muovendo la mano in segno di diniego quando l'amica le offrì un sorso d'acqua.

«Ce la fai a continuare, o proseguo da sola?» Chiese la cubana, ancora saltellante e inspiegabilmente instancabile.

«Continuo, basta che rallentiamo.» Addusse la polinesiana, asciugandosi la fronte con il braccio.

Camila le diede qualche secondo per stabilizzarsi, e poi, al suo segnale, ripartirono. Solitamente si ritrovavano tutte le mattine sotto l'appartamento della cubana, il suo nuovo appartamento, e camminavano a passo svelto fino al parco. Appena i primi alberi iniziavano ad infittirsi, prendevano a correre lungo il sentiero che si snodava attraverso tutto Central Park.

Camila si era trasferita a New York cinque anni prima, con l'idea di aprire un suo proprio studio legale in cooperativa con quello del padre. Per Alejandro era stata una grande soddisfazione e aveva provveduto lui stesso a sbrigare contratti e mettersi d'accordo con amici di amici che gli avevano proposto un'offerta vantaggiosa. Dinah, dopo che la sua storia con Siope era tragicamente finita, aveva deciso di cambiare aria e aveva raggiunto Camila due anni dopo, affittando un appartamento poco distante dal suo.

«Stasera esci con Micheal?» Domandò Camila, interessandosi laconicamente alla vita sentimentale dell'amica, perché inframezzava ogni settimana un prescelto diverso, sbalestrando le idee della cubana che a malapena ricordava i nomi di tutti quelli che aveva conosciuto negli anni.

«No, esco con George. Pensavo di invitare anche voi, uscita a quattro come ai vecchi tempi?» Sgomitò complice verso il fianco ora scoperto della cubana, ammiccando con aria maliziosa.

«Stai cercando di trascinarmi in un'altra rete di bugie?» Sogghignò bonariamente Camila, alzando lo sguardo verso lo scorcio di cielo che irrorava il paesaggio attraverso le fronde sibilanti degli arbusti che mitigavano la temperatura altrimenti insopportabile.

«Okay, questo è ingiusto.» Notificò sarcastica la polinesiana, scaturendo una risatina da parte della cubana.

«No, seriamente. Perché non venite anche voi?» Incalzò Dinah, captando sensazioni negative da parte di Camila che ora evadeva dal suo sguardo, come se volesse disperatamente stornare argomento.

«Abbiamo litigato.. di nuovo.» Sospirò scoraggiata Camila, scuotendo appena la testa.

«Dannazione, ancora?» Trasecolò la polinesiana che, sì, era abituata alle ripetute liti scoppiate anche di fronte ai suoi occhi, ma ora sembrava che la situazione stesse sfuggendo di mano.

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