Capitolo trentadue

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«Va tutto bene, l'hai già fatto, ricordi?» Le rammentò incoraggiante Camila, ma il paragone con lo scorso processo non fu un ottima scelta.

«Si, me lo ricordo. Un po' difficile dimenticarlo visto che sono stata incarcerata per nove anni.» Lauren la fulminò con uno sguardo per metà sarcastico e per metà ammonitore, al che la cubana prese nota con un assenso del capo e salì in macchina.

Tommy era seduto sul sedile anteriore, il che voleva dire che a Lauren spettava quello posteriore. Ciò fece prosperare il malumore, ma si limitò a borbottare sommessamente e accettare la condizione.

Camila istruì entrambi, per l'ennesima volta, su quanto fosse importante la disciplina in tribunale e la sincerità. «Non importa cosa succede, ma dite la verità.» Si raccomandò, specialmente con Lauren che, sì, aveva scelto di sua spontanea volontà di testimoniare, ma dai sospiri lunghi che inspirava furtiva si leggeva del pentimento.

Tommy fece delle domande inerenti al processo, alcune a cui Camila diede delle risposte succinte, ma ad altre non seppe proprio che pesci prendere perché erano quesiti estranei alle sue competenze e affini solo al caso.

È strano come a volte sospettiamo che un avvocato conosca tutte le risposte, o un medico, o qualunque figura professionale rivesta un ruolo che influenzerà la nostra vita. È davvero strano come idealizziamo tali persone conferendogli una dote quasi mistica invece che puramente scientifica. Strano.

«Credi che vinceremo?» Domandò Tommy, tamburellando nervosamente il piede a terra.

«Ieri è andata bene con Nohemi. Ha detto le cose giuste, il che ci farà guadagnare terreno. Ma la giuria sembrava vacillante. Naturalmente risulterà insolito che una denuncia per appropriazione indebita abbia assunto proporzioni nettamente superiori, ma se avremo abbastanza prove non ci sarà più alcun dubbio.» Rassicurò gli astanti la cubana con la sua rigogliosa confidenza.

«E se invece ci saranno, i dubbi? Che succederà?» Ruppe improvvisamente il silenzio Lauren, fissando Camila attraverso lo specchietto retrovisore.

«Faremo in modo che non ce ne siano.» Sorrise tiepidamente, ma le linee teoriche non si attenevano all'atteggiamento pragmatico di Lauren che insistette.

«Ma se ci saranno e la causa andrà male? Che faremo?»

Camila ci rifletté qualche secondo «Presenteremo ricorso.» Decretò infine, sperando di levigare le preoccupazioni insonni della corvina.

Il resto del tragitto trascorse in silenzio. Tutti e tre erano orientati su pensieri divergenti e se a volte si scontravano, allora anche i loro sguardi cozzavano per una frazione di secondo, per poi riabbassarsi rapidamente e fingere che non fosse successo niente.

Quando arrivarono davanti al tribunale, Tommy si incamminò solitario, lasciando alle due il tempo di discorrere per qualche minuto.

«Stai bene?» Chiese la cubana mentre salivano i primi gradini.

«Come se avessi appena preso cento cazzotti ma non provassi dolore, solo l'angoscia di prenderne altri.» Tentò di spiegarsi Lauren, squinternando un po' la cubana che faticava a comprendere i meccanismi dei suoi paragoni.

«Comunque andrà tutto bene.» La tranquillizzò, prendendole la mano nella sua.

«Camila.» La corvina arrestò il passo e le rivolse un'occhiata torva «L'hai detto anche l'ultima volta.» Le fece notare con aria severa, ma poco dopo si rilassò in un sospiro angosciato.

«Okay.» La cubana ridiscese due gradini per eguagliare la corvina, le mise due mani sulle spalle e le sorrise gentilmente «Tutte le cose che amiamo vanno a finire male almeno una volta.»

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