Capitolo trentuno

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L'antagonismo fra le due era schizzato alle stelle quando Nohemi aveva sfiorato la spalla di Lauren, con quale civettuolo che Camila soleva raffinatamente definire "da gatta morta."

«Ti conviene mettere giù le mani se non vuoi imparare a combattere con i gomiti.» Aveva minacciato su di giri la cubana, brandendo un coltello da cucina.

Lauren si era intromessa prima che la cucina si trasformasse in un arena fra gladiatori e aveva agilmente sollevato di peso la cubana scortandola in soggiorno a sacco di patate. Quando l'aveva poggiata a terra Camila impugnava ancora pericolosamente il coltello, così si premurò di sfilarglielo e farle segno di sedersi.

La cubana aveva protestato dapprima, cimentandosi in una manifestazione silenziosa e solitaria che prevedeva di estraniare lo sguardo da quello della sua ragazza e trincerarsi con le braccia conserte. Lauren aveva provveduto a scalzare quell'atteggiamento con una leggera spintarella che l'aveva fatta piombare sul sofà. Camila aveva alzato lo sguardo con espressione sconcertata e offesa, ma l'occhiata ammonitrice della corvina le aveva fatto intendere che la sua condotto poco professionale stava mettendo a repentaglio una probabile consolidazione della loro difesa. Non potevano permettersi tale superficialità.

«Ok, ok!» Si era rassegnata la cubana «Scusa.» Aveva sospirato infine, alzandosi dal divano con rinnovata pazienza.

Lauren le aveva cinto la spalla con una mano e i loro sguardi si erano incrociati, ad un passo l'un dall'altro «Non devi chiedere scusa a me.»

«Adesso stai esagerando.» Era rimasta inflessibile la cubana, atteggiando l'espressione in maniera scontrosa.

«Ok.» Questa volta era stata Lauren ad arrendersi.

Adesso erano tornate entrambe in cucina, Nohemi stava intrattenendo una piacevole conversazione con Tommy, ma il sesto senso della cubana le suggeriva che tanta cordialità fosse stimolata da un secondo fine, ovvero quello di irritarla. Certo, era una teoria un po' fumosa e a dirla tutta anche un po' eccentrica, ma il sentore le sussurrava ciò.

Si era riseduta, pretendendo diplomazia dietro un attitudine civile, ma dentro di se era già tornata in salotto a recuperare quel coltello.

«Allora, Nohemi, perché schierarsi a nostro favore?» Aveva esordito la cubana, congiungendo le mani davanti a se perché qualcosa doveva pur stritolare, e se non poteva essere il collo di Nohemi...

«Anzitutto non sono schierata a vostro favore. Sono schierata a favore di Lauren, che è ben diverso.» Ci tenne a puntualizzare, ma stavolta Camila non cedette alle sue plateali provocazioni e dimostrò superiorità continuando pacata l'interrogatorio.

«E perché dovresti? Andrà a tuo discapito se perdiamo la causa, anche la palestra ne risentirà.» Espresse con franchezza Camila, aguzzando la vista in prossimità di una replica.

«Beh, è vero, ma se Lauren è così coraggiosa da rinunciare alle regionali -gesto del tutto nobile, lasciatemelo dire-, allora anche io posso arrischiarmi un po'.» Scrollò le spalle, con quel sorrisetto sfacciato che riproponeva ad ogni frase una sfida verso la cubana.

«Qui tutti ci stiamo arrischiando, ma ognuno di noi ha dei buoni motivi per calarsi in questa causa. E invece tu? Tu non sembri averne, il che mi insospettisce, se permetti.» Espose lucidamente la cubana, alzando appena il mento, come per farle capire che aveva raccolto la sua implicita sfida, ma che preferiva batterla con mezzi più concreti e meno infantili di quelli che stava sfruttando lei.

«Ok.» Sospirò dopo aver serrato la mascella contro l'arguzia innegabile della cubana «C'è un motivo, è vero.» Annuì lentamente e forse per la prima volta abbassò lo sguardo.

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