Dodici anni prima...
«Ti sei ambientata bene?» Domandò la cubana, ispezionando il luogo con aria circospetta e timorosa.
«Come può ambientarsi un topo in gabbia.» Rispose adirata la corvina, riservando a Camila quello sguardo acrimonioso che tanto la feriva.
«Lauren, sto cercando di aiutarti.» Notificò Camila, accantonando l'ispezione dell'area per dedicarsi agli smeraldi smarriti e arroccati della corvina.
Lauren mantenne un aspetto refrattario per qualche istante, poi spirò un sospiro rumoroso e si accasciò contro la scomoda sedia, distendendo i muscoli facciali in una broncio mascherato.
Camila allungò le mani, afferrando quelle della corvina, ma la voce intransigente della guardia l'apostrofò subito «Niente contatti.» Istruì austero, inducendo la cubana a ritrarre all'istante le mani, sollecitata dai battiti imbizzarriti del cuore.
Si schiarì la voce, prese un bel respiro e si ricompose. Comunque sia, non ripose le mani in tasca, ma azzardò un labile contatto con la pelle cerea della corvina. Le sfiorò il dorso delle mani con i pollici, poi carezzò le falangi dell'altra con gli indici, socchiudendo gli occhi nella smania incoercibile di poterla stringere a se, ma era ammesso un solo abbraccio all'uscita e di solito non durava mai abbastanza per imprimerlo sotto pelle. Una parte del suo cuore si crepava ogni volta che il rumore stridulo delle manette serrava i polsi della corvina, la quale si limitava ad una smorfia dissimulata perché non voleva compiacere l'autorità.
«Cinque minuti.» Comunicò con tono tediato la guardia, prendendo mano al walkie-talkie per avvisare un collega che venisse a ritirare la detenuta.
Non la chiamavano mai per nome, avevano sempre quel tono sprezzante e superiore che irritava Camila, figuriamoci Lauren.
«Ok, abbiamo poco tempo.» Proferì con una certa impazienza la cubana.
«Lo so.» Replicò atona Lauren, avvicinandosi al tavolo per bearsi di quell'effimero blandizia che le univa.
Quanto le mancava toccare Camila, in qualsiasi modo, in qualsiasi senso. Le mancava più di qualsiasi altra cosa.
«Tanto ci vediamo domani.» La rasserenò Camila, sforzandosi di sorridere, anche se in quelle circostanze era l'ultima cosa che voleva, sorridere.
«Per un'ora in cui non posso nemmeno sfiorarti.» Sbuffò ineffabilmente frustrata, avvertendo la rabbia bruciarle lo stomaco e la tristezza opprimerle il petto, entrambe agglomerate nelle lacrime in bilico che non avrebbe lasciato sgorgare.
«Laur, sono i primi tempi, ma vedrai che dopo, se ti comporti bene, ti permetteranno di vedermi di più e con più libertà.» Asserì ottimista la cubana, abbastanza sicura delle supposizioni fatte.
Con molti suoi clienti erano stati accondiscendenti, ma la situazione di Lauren era estremamente delicata e per come male guardie la rimiravano, con quell'aria boriosa che celava un'evidente stato impaurito, non era poi così convinta che avrebbero chiuso un occhio. Ma solo il tempo poteva rivelarlo.
La guardia entrò spavalda nella stanza, indifferente nei confronti di Camila che era nel bel mezzo di un discorso che venne troncato a metà dalla voce perentoria dell'uomo e dal tintinnio delle manette.
«Va bene, domani.» Annuì la cubana, alzandosi pacata dal tavolo e osservando Lauren serrare la mascella, forse la prima volta non per il dolore, ma per la collera che nutriva verso quel sistema gerarchico e imparziale.

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Fight Back 2
Ficção HistóricaDopo nove anni, Lauren esce dal carcere, ma le cose sono radicalmente cambiate, sia per la sua persona che per la sua vita. Cos'è successo in questi nove anni e cosa succederà da adesso in poi? Niente è come lo ricordate.