10. Spugne e filippine

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Vengo svegliata dal campanello di casa che suona all'impazzata.
Controllo l'orario e mi accorgo che è davvero tardi; è quasi mezzogiorno.
Fortuna che di sabato non dobbiamo andare a scuola sennò a quest'ora sarei già stata licenziata.

Sbuffo pesantemente mentre mi copro la faccia con il cuscino cercando invano di non sentire quell'odioso campanello. Ma niente da fare, questa persona non si dà per vinta. Mi alzo lentamente dal letto e mi stiracchio per bene.

«Okay, okay arrivo.» bofonchio tra uno sbadiglio ed un altro.

Mi strofino gli occhi e mi schiaffeggio delicatamente la faccia. Spero che non sia nessuna consegna con nessun uomo figo ad attendermi perché se mi vedesse in faccia, con le occhiaie che mi arrivano sotto l'alluce e l'alito radioattivo, scapperebbe senza nemmeno consegnarmi il pacco. Ora che ci penso, dovrebbe essere proprio il corriere; ho ordinato un nuovo microonde perché Niall sta lentamente facendo fuori quello che abbiamo attualmente.

Il campanello continua a suonare e io mi sto alterando.

Ma perché un corriere dovrebbe insistere così tanto per consegnarmi un dannato pacco?

Mi precipito per le scale irritata come non mai, rischiando, come sempre, di rompermi l'osso del collo. La mattina sono già stralunata di mio, ci manca solo il rumore del campanello ad assordirmi.

«Ho capito! Arrivo!» sbotto infastidita.
Non so nemmeno perché urlo, tanto il presunto corriere non riesce a sentirmi.

Arrivo al citofono e lo metto all'orecchio cercando di essere cordiale, «Allora, chiunque tu sia, ti pare il modo di svegliare una povera donna nel bel mezzo del suo pisolino mattutino? E prima che tu possa dire qualcosa ti avverto: se sei un testimone di Geova vattene. Se sei uno di quei venditori di aspirapolvere vattene. Se sei un senzatetto sappi che questa casa appartiene al figlio di satana e non vuole ospiti. Se sei un terrorista ti prego di mettere una bomba sotto la casa di Harry Styles, se vuoi ti do l'indirizzo e-»

«Brooklyn ma che cazzo stai dicendo.» scoppia a ridere la persona dietro il citofono.

«Abby?» chiedo confusa riconoscendola.

«Si, bella addormentata

«Che ci fai a casa mia a quest'ora?»

«Tappati questa cazzo di bocca e aprimi. Devo fare pipì, sto suonando da mezz'ora.» borbotta, «Certo che hai il sonno pesante eh. E poi la tua vicina è una gattara allucinante. È scesa con dieci gatti al seguito e ha pure lasciato che la porta si chiudesse lasciandomi fuori-» si lamenta.

«Vuoi salire o vuoi continuare a fare la logorroica?» la interrompo.

«Aprimi.» ordina.

«Wow! A tratti mi sei parsa Harry il dispotico.» la prendo in giro, «E non è un complimento.»

«Aprimi.» continua.

«Okay!» esclamo aprendole la porta d'ingresso al piano di sotto.

Sento degli strani rumori provenire dalle scale accompagnati da un "fanculo" alla Abby Simpson. Apro la porta d'ingresso aspettandola sull'uscio a braccia conserte.

«Allora,» respira affannosamente una volta arrivata sull'ultimo scalino, «Spiegami perché quella maledetta della tua vicina al piano di sotto ha messo una cazzo di pianta in mezzo alle palle; mi stavo rompendo il piede. E mi spieghi perché diamine queste scale sono così ripide? Niall non poteva trovare un'appartamento più comodo?»

«Entra, per l'amore del cielo.» la invito in casa ridendo.

«Uh, carina.» commenta entrando.

«Non sei mai venuta?» le domando.

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