James stava ascoltando una signora anziana fare il suo noioso discorso sui fondi benefici, era seduto ad un tavolo con sguardo annoiato e suo padre George di tanto in tanto gli lanciava delle occhiate intimidatorie con l'intento di lanciargli un unico e solo messaggio: comportati bene o te la vedrai dopo con il sottoscritto. Gli sembrava di tornare a 20 anni prima, quando a soli 6 anni suo padre lo comandava a bacchetta e gli diceva che se non si fosse comportato bene lo avrebbe mandato a letto senza cena o lo avrebbe lasciato solo tutta la notte per strada. La cosa che faceva innervosire di più James era che suo padre continuava a comportarsi allo stesso identico modo nonostante lui fosse cresciuto non di 2 o 4 anni, ma ben 20. La signora Josephine aveva lo sguardo fisso sull'anziana che ancora non aveva finito il suo discorso, sembrava particolarmente interessata e James aveva iniziato a chiedersi come mai quella gente trovasse interessante una palla mortale del genere. Dopo qualche minuto la donna aveva finalmente finito di parlare e il pubblico diede il via ad un applauso pacato e trattenuto, nulla di eccessivo. Si respirava rigidità, falsità e tristezza in quell'ambiente. Nessuno si trovava lì per le associazioni contro il cancro o per i progetti contro il bullismo, la gente che si trovava lì lo faceva solo per un po' di visibilità e James provava ribrezzo anche per sé stesso perché non era da escludere da quella mischia di persone meschine con i doppi scopi. Anche lui si trovava lì per “rinnovare”, così aveva detto suo padre, la sua reputazione. Poco dopo suo padre si avvicinò con una ragazza dai capelli biondi e gli occhi azzurri, indossava un vestito lungo e rosso.
«Figliolo, voglio presentarti la figlia dei signori Turner, lei é Jennifer»
La bionda sorrise e gli porse la mano aspettandosi che James la prendesse e la baciasse o almeno la stringesse, ma James rimase fermo, impalato, con sguardo cupo e spento a fissare quella povera ragazza che in sé per sé non aveva fatto ancora nulla ma che lui poteva giurare giá di odiarla. Sapeva le intenzioni di suo padre e lui stesso dubitava di poter dimenticare Steve, il suo sguardo ingenuo, i suoi capelli soffici e le labbra morbide. Lui non voleva Jennifer o qualunque altra ragazza apparentemente “perfetta”, lui voleva Steve.
«Su James, non essere scortese..»
George stava digrignando i denti e aveva il solito sguardo freddo, se fosse stato possibile lo avrebbe addirittura ucciso con quello sguardo. James deglutì, si alzò chiedendo il permesso e se ne andò in bagno ignorando le urla di suo padre e il tono desolato di quest'ultimo che si scusava con la figlia dei Turner, suoi colleghi di lavoro. James puntò lo sguardo allo specchio del bagno, si sciacquò il viso e si lasciò scappare un sospiro trattenuto da fin troppo tempo. All'improvviso delle urla catturarono la sua attenzione, corse fuori dal bagno e notò un ragazzo biondo litigare con le guardie, si trovavano all'ingresso sul retro, James fece per avvicinarsi incuriosito ma una salda presa sul braccio lo bloccò.
Suo padre, furioso come non mai, aveva iniziato a rimproverare il figlio dicendogli che a casa avrebbero fatto i conti e che in quel momento toccava proprio a lui fare il discorso. James lanciò un'occhiata veloce alla porta sul retro, non riuscendo a capire chi fosse lo sconosciuto che stava litigando con le guardie. Purtroppo dovette dare ascolto a suo padre e in men che non si dica si ritrovò sul palco posto al centro della sala a trovare le parole giuste da usare per quell'occasione. Aveva passato gli ultimi giorni a pensare a Steve e non aveva minimamente prestato cura al fatto avrebbe dovuto prepararsi un discorso, ma a lui non importava più di tanto.
«Oggi vi parlerò dei progressi che ha fatto la Barnes Corporation negli ultimi anni...»
James iniziò il suo discorso in quel modo, con lo sguardo di tutti puntato addosso. Stava parlando da ormai qualche minuto, sembrava un copione il suo e suo padre era particolarmente sollevato perché suo figlio stava raccontando solo delle cose positive. All'improvviso però ad interrompere il momento fu Steve che accidentalmente era andato a sbattere contro un cameriere e il vassoio di quest'ultimo era caduto a terra, lo sguardo di tutti era rivolto verso il biondo.
«Steve!»
James fissava il biondo con una strana luce negli occhi, si sentiva improvvisamente felice e non si sapeva nemmeno spiegare il perché. Non sapeva il motivo della presenza di Steve, non sapeva se Steve era lì esattamente per lui, ma vederlo gli aveva donato una certa sensazione di serenità.
Steve imbarazzato aiutò il cameriere, si ricompose e iniziò a farsi largo tra le persone avanzando verso il palco dove James si trovava lì impalato con il microfono in mano. Prese un microfono e dopo essersi schiarito la gola, sotto gli sguardi infastiditi e confusi della gente, iniziò a parlare.«Buona sera a tutti, io sono Steve..ehm..Steve Rogers, sono qui per parlarvi di una cosa..»
Steve puntò lo sguardo su quello di James, dopodiché poteva giurare di sentirsi più sicuro.
«Non sono bravo con le parole, quello bravo é sempre stato James...difatti é stato un professore, il mio professore, per un motivo. Studio alla Yale University, sono riuscito ad entrare in quella scuola grazie ad uno stupido concorso trovato su un volantino in metropolitana. Non sono un imprenditore..» – a quel punto il suo sguardo si posò su Colton, Owen, Greyson, Kyle e Zach, gli amici di James, erano presenti anche loro. Colton sorrise, comprensivo, come se lo avesse sempre saputo, mentre gli altri non sembravano averla presa molto bene.
«Tutti voi avete letto l'articolo che ha fatto perdere punti alla Barnes Corporation, tutti voi avete letto quell'articolo pensando a quanto James Buchanan Barnes fosse una delusione, un fallito...Io desideravo una vita come la vostra, una vita lontano dai tavoli di un bar, ma grazie a James ho avuto modo di scoprire com'è realmente il vostro mondo. Siete un branco di burattini, siete delle persone completamente vuote, pensate solamente a voi stessi, stupidi ipocriti seduti su quelle sedie. Avete veramente una gran faccia tosta, io non ho parole. James forse avrà sbagliato ad ubriacarsi e a rubare l'auto di Stark, quello é poco ma sicuro, ma non potete accusarlo di aver fatto la cosa sbagliata solo perché magari in quel periodo io e lui ci stavamo frequentando. Non potete condannare una persona solo perché é capace di amare, al giorno d'oggi amare sembra un paradosso eppure ci sono persone come James che riescono ad amare nonostante tutto e tutti. James é giovane, ha solo 26 anni e ha tutta la vita davanti...é così talentuoso, scrive divinamente e ha una vena artistica tutta sua. Ama i Beatles, fumare, ballare, fa battute stupide e soffre di uno strano disagio sociale, ma io lo adoro con tutti i suoi pregi e difetti.
James non é solamente il figlio del grande George Barnes, capo della Barnes Corporation, Re di New York...James é molto di più. Che poi, George, quanto potrà mai essere grande George Barnes? Quanto potrà mai essere grande un uomo che non accetta suo figlio per quello che é realmente, un uomo che cerca di cambiare il proprio figlio a tutti i costi e prova interesse solo per la propria azienda? Un uomo che si lascia chiamare papà nonostante non si sia mai comportato come tale. Ho preso il primo aereo da Brooklyn, sono corso qui senza la sicurezza che sarei riuscito a vedere James, ma anche se le mie parole probabilmente andranno al vento sono felice di essere qui a sbattervi la realtà in faccia. Sono qui anche perché ho capito una cosa...»A quel punto Steve riportò lo sguardo su quello di James, quest'ultimo ormai aveva le lacrime agli occhi.
«Bucky, io credo di amarti..»
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GETAWAY CAR ; stucky
FanfictionJames Barnes, imprenditore. Steve Rogers, barista. Il moro nascondeva una fragilità disumana, un passato oscuro alle spalle e costretto a vivere una vita indesiderata. Dall'altro canto vi era il biondino, comunissimo barista di quartiere che sognava...