Capitolo 18

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DIEGO

Rimango senza fiato.

Vedere il suo corpo fasciato in quell'abito blu mi fa impazzire. Il mio cuore esplode dalla gioia nel vedere lei sorridere mentre scende le scale di casa sua insieme a Nicole e Anastasia.

Ride e muove i fianchi insieme alle mie due amiche e sono felice di vederla per la prima volta così. È spensierata, è allegra ed è bellissima.

«Sei bellissima» le sussurro avvicinandomi al suo orecchio.

Lei in tutta risposta mi sorride. È strano aver rotto il "gioco del silenzio" con lei, ma ne sono felice.

Sono in balia degli ormoni. Mi devo calmare.

Siamo tutti agitati per questa festa anche se in realtà non ne abbiamo motivo. Conosciamo tutti l'ambiente con cui dovremo relazionarci questa sera, ma probabilmente il terrore negli occhi di Dafne fa agitare tutto il gruppo.

Ci mettiamo poco ad arrivare nel luogo in cui si svolgerà la festa.
All'ingresso ci attende una donna slanciata con un sorriso sgargiante che ci chiede di porgerle gli inviti.

Entriamo tutti quanti nella grande sala e subito tutti gli occhi degli invitati sono puntati su di noi, o meglio, sulla piccola ragazza indifesa dagli occhi cioccolato.

È impaurita e trema e io non posso far altro che stringerla forte. Milioni di fotografi iniziano a guardarci come avvoltoi e Dafne comincia a sentirsi a disagio.

«Andrà tutto bene» le dico cercando di tranquillizzarla, ma lei, in tutta risposta, si irrigidisce ancora di più.

«Dafne! Diego!» urla Daniele Rossi, grande amico di mia madre e di Giorgia.

«Ehi, Daniele» lo saluto con un cenno di mano.

«Ti ho già detto quanto amo stare al centro dell'attenzione?» domanda sarcastica Dafne, più agitata che mai.

«Dai tesoro.. Divertiti. Stai tranquilla» cerca di dissuaderla dai mille pensieri, ma non credo ci stia riuscendo.

Vedendola così rigida non posso far altro che portarla al centro della pista per ballare.

Balla mio piccolo Angelo dagli occhi spenti, balla piccola lucciola dal sorriso splendente, balla piccola anima dal cuore a pezzi.

È sola, fragile e stanca. Stanca di combattere, stanca di rispondere, stanca di tutto. E io che da piccolo mi beavo della sua aurora di luce, purtroppo ora non posso far altro che notare che sia spenta.

«Balla. Ama, ridi, grida. Semplicemente vivi, Dafne» affermo a un millimetro dalle sue labbra.

I nostri respiri si fondono, ma nessuno dei due vuole staccarsi.

«I miei mostri non me lo permettono» dice piangendo.

«Amami: anche con i mostri in testa, basta che ci sia io nel cuore»

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