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<cosa vuoi?!> mi urla lei appena ha chiuso la porta alle mie spalle.
<Bea senti te l'avrei detto a breve. Semplicemente dovevo fare chiarezza anche io. Poi se vuoi non lo frequento più ok?>
Mi guarda per un po', ancora arrabbiata
<si ma Ermal tu non-> sapevo che non avrebbe ceduto facilmente, quindi tiro fuori l'arma segreta.
Dal mio zaino esce un gelato,uno di quelli a biscotto con le battute stupide scritte sulla confezione. Anche se apparentemente sembra un pessimo modo di scusarsi, per noi era sempre stato il solo modo di scusarsi. Quando da piccolini non sapevamo cosa dirci per scusarci a vicenda, bastava un gelato e la rabbia andava via. Ormai avevamo perso l'abitudine da un po' di anni e spero che funzioni ancora.
Le lancio il gelato mentre cerca di parlare e dopo averlo afferrato mi guarda fisso, senza dire niente.
<sei serio?> chiede dopo 10 secondi.
<Sisi sono serissimo> le dico io accennando un sorriso.
<sei anche un grande coglione>
Scoppia a ridere e mi abbraccia.
Uh meno male che ha funzionato.
<grazie gelato> sussurro abbastanza forte da farmi sentire da Bea, che mi tira uno schiaffetto sul braccio.
<e perfavore, Bizio non lo frequentare, lui le ragazze le usa solamente...>
<okay> le dico io.
Tanto con Fabrizio non ci voglio parlare.
1 settimana dopo
Sono alla mostra delle foto dell'annuario, che sono state appese per l'occasione sulle pareti della palestra.
Ogni tanto scorgo qualche foto di Fabrizio e mi viene la malinconia. Quello stesso ragazzo che da una settimana non si faceva vivo ne con me, ne con la sua famiglia.
Dopo circa 40 minuti passati a guardare le foto con Bea sento il suono di una chitarra e vedo molti dei ragazzi nella sala agglomerarsi in un punto abbastanza centrale della palestra.
Decido di andare a curiosare e, dopo aver spinto di qua e di la tra la folla, mi trovo Fabrizio davanti agli occhi. Indossa una maglia nera larga e dei pantaloncini: proprio come quelli che mi aveva prestato.
Poi sopra la chitarra sento la sua voce che inizia ad intonare delle parole e vedo i suoi occhi fissi su di me.

Tu portami via
Dalle ostilità dei giorni che verranno
Dai riflessi del passato perché torneranno
Dai sospiri lunghi per tradire il panico che provoca l'ipocondria
Tu portami via
Dalla convinzione di non essere abbastanza forte
Quando cado contro un mostro più grande di me
Consapevole che a volte basta prendere la vita così com'è

Così com'è
Imprevedibile
Portami via dai momenti
Da questi anni invadenti
Da ogni angolo di tempo dove io non trovo più energia
Amore mio portami via.

Wow canta divinamente, canta come un angelo e canta solo per me.
No, non posso permettergli di rientrare nella mia vita così e per non cedere alla tentazione di correre da lui, vado  via sia dalla folla che dalla palestra, rimanendo da solo sui gradini della scuola.
10 minuti dopo una voce rompe quel silenzio:
<Ermal> è Fabrizio.
Che cosa faccio adesso? Non posso scappare, ma non sono in grado di affrontarlo. Resto in silenzio nella mia posizione.
Lui si china di fronte a me, cercando un contatto visivo che alla fine gli concedo, pentendomene subito: mi perdo in quegli occhi bellissimi e non riesco più a smettere di fissarli.
Lui senza preavviso si avvicina a me e mi posa un bacio delicato sulle labbra. Non riesco a staccarmi, non ho le forze sufficienti e perchè non é quello che voglio veramente.
Quando però è Fabrizio a spostarsi lentamente gli dico a bassa voce:
<senti non posso... è per Bea>
<ah> risponde lui con sguardo assente.
<ciao> lo saluto e me ne vado.
Cazzo se fa male. Fa male da morire.
E la cosa bella è che la cura a questo dolore è la cosa che me lo sta provocando. Quel ragazzo. Il moro, anzi, il MIO Moro.
Rimango seduto in macchina con la testa fra le mani, mentre una leggera pioggia inizia a bagnare il vetro.
E quando le lacrime iniziano a scorrermi come fiumi, Bea entra in macchina trovandomi in quello stato.
<oddio Erm cosa è successo?>
<Fabrizio> rispondo io secco, senza giri di parole inutili.
<che cosa ti ha fatto? Lo uccido>
<mi ha amato e continua a farlo... Mi manca...>
Guardo le gocce di pioggia sul vetro della mia macchina cadere sempre con più tenacia.
<va da lui>
<come scusa?>
<ti ho detto VA DA LUI- mi ripete Bea determinata- va da Fabrizio>
Non me lo faccio dire una terza volta.
Esco dalla macchina e corro nella direzione in cui l'avevo visto andare l'ultima volta.
Corro come quando a Roma siamo scappati dal vecchio incazzato con noi e quel ricordo, insieme ad una lacrima, mi strappa anche un sorriso.
Non vedo Fabrizio, mi giro con la speranza di averlo semplicemente superato, ma di lui non c'è traccia.
Sarà venuto in moto? DOVE CAZZO È?!
Devo trovarlo, fosse l'ultima cosa che faccio.
Giro l'isolato per 5 volte in 30 minuti, rigorosamente sotto la pioggia che anziché diminuire era aumentata, mentre l'unica cosa calata è la temperatura insieme alla mia salute.
Saranno le 11 passate ed io sono distrutto, quindi decido di andare nell'ultimo posto in cui ho speranze di trovare il Moro: a casa sua.
Lo so c'è una probabilità minima che sia lì, ma ormai non ce la faccio più.
Con le ultime forze rimaste entro nel cortile di casa Mobrici e mi butto (si letteralmente mi lascio cadere a peso morto) sul prato, sotto il davanzale di Fabrizio e gli mando un messaggio:
"Sono sotto"
Poi la stanchezza pervade il mio corpo, la pancia mi fa un male cane e sento brividi di freddo alternati a conati di vomito.
Sono in condizioni pessime, steso su un prato durante un diluvio, non so se avete presente quando nei cartoni animati dicono: non potrebbe andare peggio di così; esattamente quello é il mio pensiero.
Sto per addormentarmi, quando due braccia forzute mi prendono e mi portano dentro.
Vengo steso su un letto e una voce mi chiede:
<Ermal cosa hai fatto? rispondimi ti prego... ti scongiuro. Non farmi stare così> è Fabrizio.
<io cercavo te> gli rispondo con un filo di voce.
<Dio mi hai fatto preoccupare>
Inizia a piangere  sul mio petto, noncurante del fatto che fosse fradicio.
Esce per 5 minuti dalla stanza, tornando con un cambio e delle coperte.
Mi aiuta ad alzarmi e a levarmi i vestiti ma d'improvviso mi sento crollare e perdo i sensi.

The kissing booth|metamoro Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora