Capitolo 3

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La testa va una seconda volta sott'acqua sotto la pressione esercitata dallo stesso Pacificatore che ha torturato Mark col fuoco. Mi manca il fiato. Il naso, la bocca e i polmoni bruciano. Con il viso immerso nel liquido, cerco di tossire per evitare di respirare, ma è tutto inutile. Anche con le orecchie ovattate riesco a sentire le urla di protesta di Mark, sebbene risultino poco chiare le parole precise.

Quello che vogliono, gli stiamo dando esattamente quello che vogliono.

E mentre la mia testa torna nuovamente giù tra le risa del Pacificatore e i gridi di Markus, ripenso agli ultimi istanti nell'arena. La ragazza con occhi supplicanti, il rumore sordo delle sue ossa che si rompevano sotto il mio peso e il tonfo improvviso del corpo senza vita di un tributo che si andava a scontrare contro la parete dell'arena permettendoci di fuggire.

Eravamo a Capitol City. Markus mi aveva spiegato che quel quartiere era stato quello in cui una delle spedizioni del Distretto 13 (di cui facevano parte entrambi i miei genitori) ha perso la maggior parte dei suoi componenti per colpa dei famigerati baccelli. Trappole che sono state piazzate appositamente per gli oppositori del regime. C'è stato chi è morto dissanguato per la perdita le gambe, chi ha perso la vita per colpa di un fiume nero e chi per una rete spinata. Tecnicamente quel giorno eravamo al sicuro da sguardi indiscreti in quanto quartiere disabitato da allora, ma sospettavamo -soprattutto Mark- che c'erano ancora dei baccelli attivi. Uno o due giorni ci eravamo rinchiusi in una casa di un'anziana signora, anche se di anziano, scrutando le foto appese alla carta da parati ingrigita, non aveva nulla. Era completamente rifatta dalla testa ai piedi. Il viso era la parte più impressionante. Era talmente tirato che le si erano formate delle pieghe nello spazio tra gli occhi e le orecchie. Le labbra erano così gonfie che quasi le toccavano il naso troppo liscio per essere reale. Gli occhi erano color magenta e le palpebre erano caratterizzate da una fantasia morbida che ricorda i rampicanti ed erano del medesimo colore dell'iride. I capelli, invece, erano sostituiti spudoratamente da una parrucca fucsia quasi fosforescente.

"E se ce ne andassimo verso la Capitol City abitata?" proposi "Sono passati all'incirca tre giorni e secondo me sono già sulle nostre tracce. Più ci allontaniamo da qui e meglio è."

"Non hai tutti i torti." risponse lui stringendomi più a sé "Ma dovremo travestirci per non essere riconosciuti. Immagino già i nostri visi sugli schermi di Capitol con la grande scritta Ricercati e un bel gruzzolo di denaro come ricompensa."

Mi diressi nella camera matrimoniale della signora e cercai un qualche indumento che si adattasse alle mie forme, ma che allo stesso tempo le nascondesse. Avevo ragione sul fatto che gli abitanti di Capitol City avessero quel tipo di vestiario. Uno dei tanti aveva una fantasia leopardata rosa e fucsia. Appena indossato, mi pervase una sensazione strana. Era fatto apposta perché fosse largo all'altezza dei fianchi, sul seno e sui glutei. Le mie forme oltre che essere state ben nascoste, erano state triplicate o anche quadruplicate. Cercai di raccogliere il più possibile i capelli in uno chignon con un nastro giallo trovato per caso ed ero subito in cerca delle famigerate parrucche arcobaleno dei capitolini. Non volevo tingermi i capelli e anche volendo non avrei saputo come fare. Finalmente, dopo svariati tentativi in cui avevo avuto diversi momenti di sconforto, riuscii a trovarle. La signora le aveva nascoste nel suo enorme armadio che ne aveva rivelato un altro solo per le parrucche. Optai per una che era il doppio della mia testa, aveva un fiocchetto rosa quasi verso la fine ed era viola cosicché si sarebbe potuta abbinare alle scarpe dall'alto tacco. Inoltre, c'erano due o tre boccoletti che cadevano da entrambi i lati del viso rendendomelo più piccolo e grazioso. Quanto avrei voluto avere Effie lì con me per il trucco, mi avrebbe sicuramente aiutata. Per nascondere gli occhi, trovai delle lenti a contatto colorate. Ero a conoscenza del fatto che erano già state usate diverse volte, ma non era il momento di lamentarsi, quello. 

𝐇𝐮𝐧𝐠𝐞𝐫 𝐆𝐚𝐦𝐞𝐬-𝐋'𝐮𝐥𝐭𝐢𝐦𝐚 𝐚𝐫𝐞𝐧𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora