Mi sveglio ansimando. Non capisco dove mi trovo, ma il baccano che sento mi induce a pensare che non sono più nella cella fredda e buia in cui ero rinchiusa. Sono circondata da una sorta di tenda di plastica bianca. Non è fissata al terreno, infatti, ondeggia dolcemente.
Mi hanno drogata, o semplicemente sono svenuta. Devo scappare da qui. Hanno ucciso Mark e hanno utilizzato una qualche illusione per riprodurre il suo viso su quel Pacificatore.
Ci sarà qualche dispositivo che segnalerà i miei movimenti? Ma che stupida. In ogni caso, non andrei da nessuna parte con queste protesi. Mi sollevo leggermente facendo leva sui gomiti e osservo il luogo in cui dovrebbero riposare le mie vere gambe. Scosto il lenzuolo ospedaliero per guardarle, guardarle per cercare di accettarle. Accettarle perché mi muoverò solo grazie ad esse per il resto della mia vita. Ma mi sorprendo nel vedere che quelle protesi di plastica rosa carne che non riuscivano a piegarsi all'altezza delle ginocchia sono state sostituite da protesi totalmente metalliche. Aste di ferro corrono per tutto l'arto inferiore fino alle giunture della caviglia e del ginocchio in cui vi sono degli scudi, probabilmente per facilitare il movimento. E infatti, riesco a muoverle. Mi sembra un sogno. La luce alla fine del tunnel si è fatta più evidente e più grande.
Elimino il lenzuolo proprio come ho fatto dopo essere stata mutilata e butto giù le gambe metalliche. Sono più pesanti di quanto pensassi, ma credo sia normale. Riesco a malapena a poggiare la punta del piede a terra quando una figura femminile compare scostando due lembi delle tende. Non so se essere felice o spaventata. La donna davanti ai miei occhi è visibilmente a disagio. I suoi capelli sembrano essere più grigi di come li ricordavo, sono comparse diverse rughe sulla fronte e gli occhi azzurri sono stati ormai spenti dal tempo.
"Posy..." sembra indugiare. La voce forse è l'unica che è rimasta invariata "Nipotina mia..."
"Come faccio a sapere che sei davvero tu?" le pongo questa fredda e semplice domanda.
Sul suo viso si dipinge un'espressione triste, ma comprensiva. La donna ripone le mani nelle tasche del grembiule che riporta una piccola croce rossa sulla spalla sinistra e ne tira fuori un pennello usato e un piccolo foglio di carta ingiallito piegato più e più volte "Queste sono le cose che mi hai portato quando mi sei venuta a trovare all'ospedale del Distretto 7. Non siamo riusciti a recuperare la perla, però."
"Non siamo riusciti?" chiedo incredula. Sono tutti morti loro: Haymitch, Johanna, Mitch, Mark.
"Forse, forse è meglio se ti metti comoda. È una storia molto complicata. Ma prima, ti prego, fatti abbracciare."
Solo un lieve cenno del capo e subito sono circondata dalle sue braccia. Il suo corpo è percosso da profondi singhiozzi e ben presto contagia il mio. Avvolta da un pesante odore di disinfettante, mi sento più sicura. È mia nonna, è lei. È la prima certezza che ho dopo un lungo ed interminabile periodo di nebbia fittissima.
La donna mi invita a sedermi sul letto dove prima ero distesa.
Ispira profondamente e inizia a parlare: "Haymitch, Johanna, Mitch e Markus Clare... Quelli nell'arena non erano quelli che conosci."
Le rivolgo uno sguardo interrogativo che la esorta a continuare.
"Tu, oh bimba mia, tu li hai visti ammazzare, li hai visti morti..." porta l'attenzione sulle sue mani coperte da vene su vene "E io ti ho guardata dal 12, ti ho guardata e ho visto la disperazione nei tuoi occhi. Oh, se solo ne avessi avuto l'opportunità..." il suo sguardo questa volta si posa sulla tenda sterile, ma i suoi occhi sembrano penetrarla per guardare un punto lontano "Ti avrei stretta forte a me e avrei provato a calmarti. Ti avrei detto che tutto quello non era reale, che Haymitch non era morto di infarto perché era sano e salvo a Capitol City, sebbene impossibilitato nel comunicare con te. Johanna e Mitch non erano stati massacrati e mutilati come tu hai giustamente creduto, ma lei era anch'essa a Capitol e tuo fratello era alla panetteria dei Mellark. E Markus, beh, questo è un argomento molto complicato e, soprattutto, molto duro da assimilare." prende un respiro profondo e riporta il suo sguardo su di me, legando i suoi occhi ai miei. Le sue mani ruvide stringono dolcemente le mie come per tenermi salda.
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𝐇𝐮𝐧𝐠𝐞𝐫 𝐆𝐚𝐦𝐞𝐬-𝐋'𝐮𝐥𝐭𝐢𝐦𝐚 𝐚𝐫𝐞𝐧𝐚
FanfictionSequel di "HUNGER GAMES-POSY MELLARK" Quando Posy Mellark e Markus Clare riescono a fuggire dell'arena dei 94esimi Hunger Games attraverso un passaggio frutto di un errore degli Strateghi, il paesaggio che si presenta loro è devastante e soprattutto...