Capitolo 2

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Siamo qui dentro da almeno due ore. Saranno due? Chi lo sa? Ho già perso la cognizione del tempo e il fatto di essere sotto chiave in una catacomba non mi aiuta. Mi sento come una leonessa in gabbia e, per di più, affamata.

Markus è nella cella di fianco alla mia. Il collo è ancora legato, ma questa volta da una catena, non da una corda. Tuttavia ha una certa libertà di movimento sebbene il Pacificatore che ci sorveglia ritiri sempre quella corda di metallo con una manopola. Inutile dire che dopo tre volte Mark si sia arreso limitandosi ad avvicinarsi alle sbarre comunicanti. Non apre bocca. Veramente, non lo fa da quando ci hanno rinchiusi qui dentro.

Quello che ho fatto è sbagliato. Sono stata impulsiva e poco previdente, ma almeno Mark è ancora vivo, nonostante le condizioni pessime. Vorrei sapere a cosa sta pensando, se si sta pentendo di avermi seguita...

Ovvio Posy, se non fosse stato per te, ora sarebbe nella sua casa al Villaggio dei Vincitori del Distretto 11.

... se sta escogitando un piano di fuga, se sta pensando a sua sorella, a quello che gli ha fatto la Snow o se sta semplicemente fissando un vuoto lontano da tutto e da tutti. Non so quale sia meglio tra le opzioni che mi vengono in mente.

D'un tratto sento qualcosa sfiorarmi la schiena. L'impulso sarebbe quello di allontanarmi, ma non lo faccio capendo che è la mano di Mark. I brividi si propagano molto velocemente da quel singolo e delicato tocco sulla colonna vertebrale. Tremante, decido di portare dietro il braccio e di incontrare la sua pelle. Le sue dita sono gelide, ruvide e callose a contatto con le mie. Anni e anni di lavori forzati contro anni e anni di leggerezza. Probabilmente mentre io giocavo con le bambole di pezza nella mia cameretta, lui era arrampicato su un albero con frustate su frustate sulla schiena.

Le mie dita si intrecciano con le sue e si uniscono in un groviglio quasi disperato, oserei dire.

Il Pacificatore sembra risvegliarsi dal torpore temporaneo e gira nuovamente la manopola strappando letteralmente da me Mark che emette solo un flebile gemito di disaccordo e dolore.

"Smettila!" esclamo sull'orlo di una crisi di nervi "Cosa puoi guadagnare da queste tue azioni?! Cosa, visto che la Snow non è qui dentro?!" mi alzo con un balzo e mi dirigo alla parete fatta di sbarre più vicino all'uomo. Chiudo i pugni attorno al metallo arrugginito e inizio a scuoterlo con tutta la forza che possiedo.

"Conserva le tue forze, ragazzina. Potrebbero servirti in seguito." il Pacificatore si adagia con le spalle al muro e incrocia le braccia. Una posizione scomposta per essere un uomo di giustizia "E poi non posso credere che tu sia tanto tonta da non arrivare a capire che ci sono delle telecamere tutte intorno a voi." la sua voce è irriconoscibile essendo ovattata probabilmente dal casco "Che ci guadagno? Mhm... Magari una promozione... Sì, una bella promozione per aver messo in riga Posy Mellark e Markus Clare."

Un tonfo sordo mi fa sobbalzare e mi giro verso la sua origine. Mark è rannicchiato a terra vicino alle sbarre. Probabilmente si è scagliato contro di esse.

"Non ci metterai mai in riga! Non ci riuscirai né tu, né quella stronza della Snow!" la sua voce era un misto fra grido strozzato e una specie di sussurro.

Il Pacificatore acquista nuovamente una postura composta e autoritaria prima di dirigersi ad una scrivania semi circolare piena zeppa di aggeggi tecnologici di varie forme e dimensioni.

"Ahimè non avevo intenzione di farlo, ma potrebbe essere divertente, chi lo sa? È la mia prima volta." il suo tono questa volta sembra essere concitato e la cosa mi preoccupa.

<<Poi ci hanno bruciato le gambe e le braccia con piccole fiammelle. Erano state create appositamente dagli Strateghi per questo tipo di tortura. Si spegnevano da sole dopo aver bruciato per un certo tempo la pelle, ma non tanto da uccidere il torturato.>>

Le parole di Mitch riaffiorano nella mia mente non appena Markus viene pervaso da un bagliore dapprima giallastro e poi rossastro. Le sue urla si levano rimbombando in maniera terribile contro le immense pareti di pietra fredda. L'adrenalina inizia a scorrergli nelle vene con una tale velocità che, non curandosi del dolore, inizia a correre in circolo e a dimenarsi per cercare di spegnere il fuoco.

"Ti prego, spegnile. Ti prego." supplico il Pacificatore stringendo di più i pugni attorno alle sbarre.

Sono sicura che sotto quel dannato casco scuro ci sia un sorriso sadico e compiaciuto. Ma anche volendo non potrebbe spegnerle. Si estingueranno dopo un tot di tempo, o meglio, dopo un tot di pelle bruciata.

Le fiamme danzano sulla sua carne mentre Mark continua ad agitarsi come un puledro impazzito. Intanto io mi sposto verso le sbarre comunicanti e d'un tratto ho un'idea.

Provo ad attirarlo agitando le braccia e pronunciando il suo nome mentre cerco di sfilarmi la giacca a vento che ho indosso. Appena riesco a conquistare la sua attenzione gli ordino di avvicinarsi. In qualche modo dovranno pur spegnersi manualmente. Inizio a premere l'indumento sul corpo tremante di Mark, ma sembra essere tutto inutile. Non si estinguono. È frustrante essere in una situazione del genere senza poter fare nulla per rimediare. Sono impotente davanti a tutto questo.

Solo dopo qualche altro secondo finalmente il fuoco diminuisce fino a spegnersi e a lasciare come traccia del suo passaggio il fumo e l'odore nauseante di carne bruciata. Mark giace a terra pervaso da spasmi. Gli indumenti che indossa hanno dei buchi delimitati da contorni marroni o neri a seconda del colore del tessuto. La sua pelle è arrossata e il fumo esce ancora dalle ustioni più profonde. Saranno sicuramente di terzo grado, quindi i nervi dovrebbero essere lesionati. Se così fosse, non dovrebbe sentire  dolore. Lo spero.

Vorrei accarezzarlo, ma una parte di me mi spinge a non farlo.

"Mark..." sussurro e nel farlo mi accorgo che la giacca a vento gialla mi è sfuggita e che le mie mani stanno tremando.

Lentamente Markus volta il capo- stranamente l'unica parte del corpo senza bruciature- verso di me e cerca di sorridere. Sorridere? Veramente dopo tutto quello che ha passato in questi minuti sta sorridendo?

"Avvicinati." odo.

Dopo averlo fatto, la sua mano destra passa tra le sbarre facendo attenzione a non toccare la ruggine e mi prende la nuca per attirarla verso di sé. Le sue labbra si schiudono in attesa delle mie che le raggiungono subito dopo. Percepisco la tensione nel suo bacio oltre al calore e al persistente odore di bruciato. Quando il bacio si scioglie, Mark non mi lascia andare, bensì cerca di far congiungere le nostre fronti tra le sbarre metalliche.

"Sono contento abbia colpito me e non te." dice con tono quasi impercettibile.

Le lacrime iniziano a scorrere sul mio viso appannandomi la vista e riempiendomi la bocca di sale.

"Avevo detto che sarebbe stato divertente? Invece è esilarante!" ride a gran voce il Pacificatore sovrastando i nostri ansimi.

𝐇𝐮𝐧𝐠𝐞𝐫 𝐆𝐚𝐦𝐞𝐬-𝐋'𝐮𝐥𝐭𝐢𝐦𝐚 𝐚𝐫𝐞𝐧𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora