Mi avevano sedata e anche pesantemente. È stata colpa di quel bagno, ne sono più che certa.
Ed era tutto uno sogno, un incubo orrendo che è sembrato così reale e così... Possibile. Forse è questo l'aggettivo giusto da attribuirgli. Possibile perché Capitol City ha a disposizione tutti i macchinari più all'avanguardia di questo mondo; Perché Capitol City ha bisogno di intrattenimento per separarsi dalla vita che, secondo i suoi abitanti, viene considerata monotona e monocroma (solo in senso simbolico, ovviamente); Perché Capitol City è a capo di tutta Panem ed è guidata dalla spietata Pamela Snow. Questo basterebbe e avanzerebbe come spiegazione.
Nell'angolino delle cella in cui mi sono ritirata fa freddo. I muri contaminati dalla muffa sfiorano la mia pelle ad ogni spasmo. Anche le gambe metalliche tremano, forse a causa del sistema nervoso. La mascella si muove ininterrottamente, i denti battono gli uni contro di agli in preda al gelo mentre con le mani martoriate cerco di riscaldare gli avambracci e le spalle intorpiditi. I capelli ricadono flosci ai lati del viso diminuendomi la visuale. In altre situazioni li scosterei, ma c'è ben poco da tenere sotto controllo in una cella dalle dimensioni così ridotte. Ho allontanato Markus. Può sembrare assurdo, anzi, è assurdo. Dopo aver sognato di averlo perso, dovrei aggrapparmi a lui, stringerlo a me quasi fino a fargli male, ma no. Mi sono limitata a tastargli il petto, dove i muscoli a riposo si sono contratti nell'istante in cui li ho sfiorati, nel punto in cui la lama (nell'incubo) si è fatta strada e ha raggiunto il suo cuore. Come volevasi dimostrare, non c'era nulla. Nessun taglio, nessuna cicatrice. E poi ho pensato alla futura proposta di matrimonio. Era immaginaria anche quella, ne sono quasi certa, ma non posso (e non voglio) chiedergli spiegazioni. Non vorrei si sentisse in obbligo nei miei confronti. È l'ultima cosa che ho voglia di fare. Sebbene penso non abbia capito il mio strano comportamento, il ragazzo del Distretto 11 rispetta la mia scelta e cammina vicino alle sbarre come un leone affamato in gabbia. Il suo sguardo è puntato sul pavimento e scorre come per cercare una soluzione, ammesso che esista. Nella mia mente c'è, effettivamente. Ci sarebbe la possibilità (o meglio, la speranza) di scappare in Africae, se esiste.
"Mark." dico d'un tratto dopo essermi schiarita la voce "Africae. L'hai mai sentita?"
Il ragazzo si ferma lasciando andare le mani sui suoi fianchi e si volta verso di me con sguardo interrogativo e al contempo stupito "Africae? Non era una favola per bambini?"
"Non saprei..." rispondo per poi lasciare posto all'imminente silenzio. Non so se qualcuno ci senta, non so se qualcuno ci veda. Le torce alte non ci lasciano vedere oltre un metro dalle sbarre. Nessun rumore disturba la straziante quiete della prigione. Né un gemito né un respiro. È raccapricciante. Si rischia di impazzire con un silenzio tale.
Mark continua a camminare e a grattarsi l'accenno di barba sul mento con la mano metallica. I suoi passi sono felpati. Neanche quelli si sentono, anche se vorrei che si sentissero. Quasi riesco a percepire il pulsare del mio cuore nelle orecchie.
Ad un tratto una luce accecante si espande dall'alto illuminando tutto l'ambiente circostante. Mi copro gli occhi con i palmi emettendo un basso lamento. Saremo di nuovo gettati nell'arena? Cosa succederà? È già arrivato il momento di combattere l'uno contro l'altra?
Si sentono dei passi secchi, decisi. Il cigolio stridente di una porta e successivamente altri passi. Sembrano prodotti da scarpe col tacco.
Mark si sporge per quanto gli sia possibile, ma ben presto si ritrae voltando le spalle alle sbarre con un leggero accenno d'odio nello sguardo. Sarà la Snow?
Un vestito dalla scollatura a cuore le lascia scoperte le spalle quasi scheletriche. Il corpetto è talmente stretto in vita che fatico a capire come faccia a respirare normalmente. La gonna leggermente ampia di tulle le nasconde le gambe e i piedi. Il suo colore è verde, verde come speranza.
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𝐇𝐮𝐧𝐠𝐞𝐫 𝐆𝐚𝐦𝐞𝐬-𝐋'𝐮𝐥𝐭𝐢𝐦𝐚 𝐚𝐫𝐞𝐧𝐚
FanfictionSequel di "HUNGER GAMES-POSY MELLARK" Quando Posy Mellark e Markus Clare riescono a fuggire dell'arena dei 94esimi Hunger Games attraverso un passaggio frutto di un errore degli Strateghi, il paesaggio che si presenta loro è devastante e soprattutto...