8 - Punto di non ritorno

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"Lì, sulla sedia."
Lucius Malfoy indicò qualcosa sulla sedia dello studio.
Erano le undici di sera. Se tutto andava bene, per quel giorno Hermione aveva finito.

A meno che naturalmente qualcuno non avesse bisogno di lei durante la notte, poteva ritirarsi assieme a tutti gli altri Elfi sempre pronti a scattare al minimo comando del padrone.

Hermione aveva ricevuto l'ordine di raggiungere il padrone nello studio un'ora dopo cena.
Mettere di nuovo piede lì dentro dopo quel giorno le procurò una specie di vertigine.

Eppure, tutto era come sempre, imponente e trasudante ricchezza nonostante la nebbia che nascondeva il lussureggiante giardino premendo sui vetri delle finestre e lei non avrebbe dovuto chiederci quanti altri grammi di polverina bianca fossero ancora nascosti in quella stanza.
Non erano affari suoi.

No, non lo erano.

Lucius Malfoy che le indicava un paio di mutandine ed uno di reggiseno di cotone grigio invece lo era.
Hermione li prese ed iniziò ad indossarli.
"Ho saputo che hai cenato normalmente."

"Sì, signore."
Era vero. Continuava a non sentire il minimo piacere nel cibo ma non lo rifiutava più. Non che la morsa che le serrava lo stomaco si fosse dileguata - quella l'avrebbe accompagnata per il resto della sua vita - ma aveva imparato a farci i conti.

"Bene."
Nessun accenno al perché avessero voluto tenerla in vita, ma era ovvio: chi era lei perché la si informasse del suo destino? Nessuno. Un oggetto. Forse anche meno, un Elfo Domestico.

Qualcosa riflesso negli occhi pallidi di Lucius che non la abbandonavano un momento.
Ma Hermione non ricambiava il suo sguardo.
Si stava allacciando il reggiseno - era tantissimo tempo che non ne indossava uno e provava una sensazione curiosa, come se quegli indumenti sottolineassero il suo corpo invece di proteggerlo. Decisamente, non era più abituata.

Lucius non fece altre domande, invece attese che avesse finito ed uscì dallo studio facendole imperiosamente cenno di seguirla.



* *


C'erano tanti libri quanti ne potevi trovare ad Hogwarts?
Forse no, ma erano lo stesso centinaia.
Centinaia di libri in scaffali illuminati da altrettante lampade.

"La biblioteca?"
"La biblioteca. Hai il permesso di fermarti qui, quando non hai compiti da svolgere, purché lasci tutto in ordine."

Silenzio.
Assoluto e possente.

Un orologio scandiva il tempo alla parete. Hermione guardava quella vastità di libri e non sapeva bene come sentirsi. Un tempo le dita le fremevano al solo scorrere i titoli, avrebbe immediatamente obbedito alla forza d'attrazione febbrile della sua passione facendo un passo avanti. Per lo meno avrebbe voluto avvicinarsi per leggere il primo titolo proprio di fronte al suo naso.

Un tempo la sola vista di una biblioteca avrebbe dato innesco ad un rapido incendio, in Hermione Granger.

Ma forse non sentiva più quella sensazione, i suoi piedi non si mossero anche se gli occhi inevitabilmente vagavano di scaffale in scaffale.
"Grazie, signore. Le sono grata."
Si sentì dire, ma era una delle frasi che si dovevano imparare a memoria per necessità di sopravvivenza.
Ma guarda un po', Hermione. Proprio il tuo punto debole. Ancora non ti é chiaro ciò che sta facendo?

Ah, si. Probabilmente.
Dubitava di avere il tempo per leggere.
Dubitava che nella sua nuova vita ci fosse spazio per i libri, per la fame di conoscenza e per la lotta.
Certo, per abitudine, aveva individuato gli epistolari dei maghi famosi nel secondo scaffale a destra.



Sta solo cercando di ammorbidirti.
Vuole farsi vedere gentile.
Vuole scoparti.
Non é evidente?


"Pensavo che fossi un topo di biblioteca fatto e finito, Granger."
"Le sono molto grata, signore! Quando... quando i miei obblighi me lo concederanno, sono sicura che..."

Ma non funzionava. Non poteva usare quelle parole inutili, non in quel momento.

"I tuoi obblighi d'ora in poi saranno i seguenti, ascoltami molto bene perché non li ripeterò: svolgerai il tuo turno in cucina a partire dalle dieci precise.

The War is overDove le storie prendono vita. Scoprilo ora