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Prima parte

Claudio

Cammino avanti e indietro per l'ufficio da mezz'ora e sono furioso dal momento che oggi avevamo una consegna importante e Mario non si è presentato, lasciandomi così solo a dover gestire l'incontro.
Cose di questo tipo non sono da lui, e questo mi fa pensare che l'abbia fatto apposta per mettermi nei guai.

Prendo di nuovo il telefono e provo a richiamarlo più e più volte, ma nulla squilla a vuoto. Mi sta ignorando.
È solo dopo ore che finalmente lo vedo arrivare, tranquillo e senza scomporsi minimamente, come se non fosse successo nulla.

"Si può sapere dov'eri?" si avvicina noncurante alla sua postazione senza degnarmi neppure di uno sguardo ed è a quel punto che dimentico le buone maniere e vado su tutte le furie.

"Sto parlando con te" alzo la voce, ma lui continua a non considerarmi, così mi avvicino a lui e lo afferro per il colletto della camicia e involontariamente noto che indossa la stessa di ieri, solo più sciattata.

"Mi hai lasciato nella merda di proposito, tu vuoi farmi licenziare Mario," mi guarda con apatia senza parlare e si limita a posare la mano sul mio braccio per farmi mollare la presa che, a quel punto, stringo ancora di più.
Poi mi cade lo sguardo sul suo collo e noto un leggero segno violaceo che fuoriesce appena dal bordo della camicia e contrasta con il suo colore bianco "ci hai fatto sesso!" 

Lo strattono appena quando distoglie lo sguardo dal mio "mi hai lasciato nella merda per fare sesso con quel tizio?"

Dribbla le mie accuse e si limita a rispondermi con diplomazia "siamo collaboratori, non dobbiamo esserci per forza entrambi, in assenza di uno l'altro fa le sue veci" alza le spalle e indietreggia per andare a sedersi, ma io lo blocco di nuovo.

"Mario basta!" provo a cambiare strategia, perché sono pieno di questa situazione ingestibile è poco professionale per entrambi "urlami contro, picchiami se può farti sentire meglio, ma smettila di comportarti così" prova a voltarsi, ma io afferro il suo polso e lo costringo a guardarmi.

"Ho sbagliato e mi dispiace, mi dispiace così tanto che non riesco a trovare parole adatte per chiederti scusa, ma credimi che è stato difficile per te come per me questo incontro, ma è successo e non possiamo farci nulla se non accettarlo" abbasso lo sguardo imbarazzato perché mi sento debole in questo momento, perché spesso chiedere scusa è difficile, ma ammettere di aver sbagliato infondo significa tenerci.

"Dammi una possibilità per rimediare, non ti chiedo di essere tuo amico, ti chiedo solo di darmi una possibilità.." vedo il suo sguardo addolcirsi appena, come se per la prima volta le mie parole siano state giuste e dette al momento giusto "per favore."

Torno a respirare e gli porgo la mano in segno di resa. Il suo sguardo scorre dai miei occhi fino ad essa, che è li pronta ad unirsi con la sua che, seppur un po' titubante, inizia a raggiungerla.

Poi però succede ciò che di più catastrofico potesse accadere.

"Claudio" Paolo entra dalla porta dell'ufficio e cala il silenzio, un silenzio che sa di quiete prima della tempesta.

"Lui" Mario mi guarda con la rabbia negli occhi ed il viso contratto, allontana la mano quasi scottato "lui è qui?"

"Mario?" chiede Paolo confuso.

Mi ritrovo nel centro della stanza a metà tra due fuochi e vorrei scomparire.

Se prima c'era una minima possibilità con Mario, adesso anche la più piccola è andata in frantumi.


*

"Allora?" camminiamo per il campus e Paolo continua a darmi delle leggere botte con il braccio.

"Che vuoi Paolo?" alzo gli occhi al cielo e mi domando mentalmente cosa ho fatto di male per meritarmi un amico così.

"Guarda che ti ho visto, lo hai conosciuto" ammicca con il suo sorrisetto furbo come a voler insinuare chissà cosa.

"Paolo smettila"

"Perché non me lo presenti" sbuffa e mette il broncio come i bambini.

"Perché è un bravo ragazzo, timido e solo" scandisco ogni parola per sottolineare la differenza abissale che intercorre tra lui e Mario.

"Un santarellino" un espressione di stupore mista alla compassione si delinea sul suo volto strappandomi un sorriso.

"Uno non abituato al nostro stile di vita, la sua famiglia sta facendo grandi sacrifici per pagargli l'università e lui soffre per questa situazione tanto che vorrebbe trovarsi un lavoro e rendersi indipendente."

"Che storia strappa lacrime" finge un'aria melodrammatica ed io gli tiro un pugno sul braccio.

"Paolo sei insensibile" scoppiamo a ridere insieme.

Noi non abbiamo di questi problemi e spesso abbiamo così tanto che nemmeno ce ne accorgiamo, facciamo fatica persino ad apprezzarlo, troppo presi dal desiderio di arrivare ad ottenere di più.

"Guarda guarda chi sta arrivando" fissa un punto dietro alle mie spalle e mi costringe a voltarmi, vedo Mario stretto nella sua felpa nera camminare titubante nella mia direzione e guardarmi come a chiedere il permesso per avvicinarsi.

"Sparisci" ammonisco Paolo.

"Non ci penso proprio" ma ovviamente lui non mi da retta.

"Ciao" mi sorride timidamente.

"Ei" abbassa lo sguardo imbarazzato ed inizia a muovere il piede per il nervoso.

"Volevo chiederti di.." scruta velocemente il mio amico e poi continua "pranzare insieme.."

"Si tanto Paolo stava giust-" ma non faccio in tempo a finire la frase che il mio amico mi blocca.

"Per aggiungermi a voi" posa una mano sulla mia spalla e mi guarda sorridendo facendomi l'occhiolino.

"S-si certo.." sussurra Mario timidamente e poi sospira. Vedo l'imbarazzo nei suoi occhi che ora sono bassi e fissi a terra.

Una strana luce si accende sul volto del mio amico e lo conosco troppo bene per non pensare che stia per uscirsene con un'altra delle sue geniali trovate.

"Claudio, ma perché non fai venire anche lui al casa mia domani sera, darò una festa dal momento che è venerdì e il giorno dopo non c'è lezione."

"Io non credo sia il suo genere Paolo" lo guardo sperando che capisca la mia occhiataccia e poi prego affinché Mario non accetti.

"Che ne sai, lascialo venire e poi sarà lui a deciderlo no?" sposta lo sguardo su Mario che a sua volta invece mi guarda fiducioso.

"Si..mi farebbe piacere"  inizia a giocherellare con i laccetti bianchi della sua felpa.

"Grandioso" esordisce Paolo e poi mi da una pacca sulla spalla soddisfatto "allora, si va a mangiare?" poi si avvicina a Mario gli porta un braccio intorno alla spalla mettendolo in difficoltà, ed inizia a guidarlo verso la piccola mensa nel centro dell'Università.

Non me la sento di portare uno come Mario nel mondo dei miei amici, siamo delle brave persone, ma lontane dal suo essere.
Siamo esuberati e decisamente appariscenti negli atteggiamenti, ci piace divertirci a modo nostro, e non credo lui possa trovarsi bene.

Alla fine però è solo una serata, quindi sospiro e un po' mi tranquillizzo pensando al fatto che è una festa ed io sarò lì, non potrà mai succedere nulla di disastroso.

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