Berlin

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Una settimana dopo

Claudio

Quando siamo atterrati la prima cosa che ho constatato è stato il freddo pungente della città.
Milano è fredda a dicembre, ma devo ammettere che Berlino è decisamente gelida, completamente lontana dal tipo di clima che amo e nel quale riesco a sentirmi vivo ed energico.

Infondo è risaputo che sono una persona allegra, solare, che se potesse vorrebbe l'estate tutto l'anno, ragion per cui è abbastanza scontato che, questo, non è il tipo habitat che preferisco.

Tra le tante note dolenti, c'è anche il fatto che speravo di tornare a Verona dai miei genitori per Natale, ma essere qui con Mario a dirla tutta non mi dispiace, anzi mi fa sperare che qualcosa tra di noi possa finalmente cambiare. Sono pronto a tutto, che sia in positivo o in negativo, mi basta uscire da questa situazione di stallo.  Anche perché non ce la faccio più a rincorrerlo, ne ad essere prima rifiutato e poi avvicinato di nuovo. Ho bisogno di sentirlo mio o di accettare di doverlo perdere per sempre.

Durante viaggio non ho avuto modo di scambiare molte parole con lui, dal momento che si è addormentato non appena toccato il sedile, ma ho avuto il privilegio di osservarlo dormire beatamente sulla mia spalla per tutto il tempo. Una manciata di ore che hanno fatto sentire il mio cuore più leggero e la mia mente libera dai troppi pensieri che fanno ormai a pugni fra loro.

Devo ammettere però, che negli ultimi giorni, abbiamo raggiunto una sorta di equilibrio, che pur non essendo esattamente quello che io desideravo, mi fa stare decisamente meglio.
Infondo potergli stare accanto senza dovermi armare ogni volta per combattere la guerra è pur sempre un sollievo.

Appena usciti dall'aeroporto ci siamo diretti alla stazione taxi e non ci abbiamo impiegato molto ad arrivare al nostro hotel, circa trenta minuti che abbiamo trascorso in silenzio ad osservare la pioggia attraverso i finestrini venire giù incessante.
L' albergo è in una zona non troppo centrarle, ma il nostro capo ha scelto per noi il meglio. Quando siamo arrivati alla reception, Mario ha dato il suo nominativo, ed immediatamente il receptionist ci ha allungato due chiavi dopo aver fatto il check in ed averci restituito i documenti. Abbiamo le stanze vicine, la 13 per Mario e la 14 per me, peccato che in questo però Andrea non sia stato previdente come mi sarei aspettato.

Ci siamo congedati subito, ognuno ha raggiunto il suo appartamento per cambiarsi e prepararsi al primo incontro, e la giornata è volata così fino a sera, tra colloqui, conferenze e aperitivi.
È  stato tutto più stressante del previsto, in poche ore abbiamo girato la città in taxi e talvolta a piedi, dal momento che Mario ha sbagliato a dare indicazioni all'autista in più di un'occasione. Nonostante ciò però sono soddisfatto del nostro lavoro, siamo stati impeccabili e complici oggi, e questo mi rende finalmente entusiasta dopo mesi del mio operato.

La cena che ci hanno servito è stata eccellente ed ora, mezzo assonato, sono qui di fronte a lui che lo osservo portare il cucchiaino alla bocca per poi farlo scivolare tra le labbra mentre è intento a mangiare il suo dessert.
Sarà l'alcol che inizia a confondermi, ma questa sera Mario è più bello del solito. Non veste i suoi soliti panni eleganti, ma un semplice jeans nero con sopra una felpa, anch'essa rigorosamente nera, che lascia intravedere la maglia intima bianca che è solito ad indossare al di sotto.

Mi soffermo più del dovuto sulle sue labbra e le accarezzo con gli occhi, disegnandone il contorno e immaginando di poterlo fare con la lingua ancora una volta. Sono chiare, in contrasto con la sua pelle olivastra, e leggermente marcate nella parte superiore, quasi fossero state appositamente scolpite da chissà quale celebre artista.
Sorrido imbarazzato dai miei stessi pensieri e
più lo osservo compiere quei movimenti, più sento un brivido attraversarmi la schiena.

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