Gebrochen

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Claudio

"Da oggi in poi non voglio più assistere a teatrini imbarazzanti o ne varrà del vostro posto, presente" osserva Mario con fare minaccioso e poi sposta il suo sguardo su di me "e futuro."

Nessuno dei due si azzarda a fiatare dopo la tirata di orecchie a cui ci ha sottoposto Andrea nel primo giorno di rientro dalla sospensione, ma ci limitiamo a guardarlo uscire dal nostro ufficio, ancora arrabbiato e deluso dal nostro comportamento.

Osservo Mario tornare a sedersi e prendere una matita dal barattolo sulla sua scrivania per metter mano ad uno dei suoi lavori, poi decido di avvicinarmi cautamente.
Con lui è sempre bene stare in allerta, è un vulcano pronto ad eruttare in qualsiasi momento.

Un "Ei.." esce flebile e quasi impaurito dalla mia bocca, è incredibile quanto Mario riesca a mettermi nella condizione di dover stare attento anche al più piccolo dei movimenti, per evitare ci resti male o si scagli contro di me.

Sospira ed alza gli occhi per osservarmi dal basso imbronciato, ma non risponde.

"Vorrei chiederti una cosa", abbasso lo sguardo a causa della prepotenza dal suo, ma anche perché sono imbarazzato dalle sue labbra su cui continua a cadermi lo sguardo istintivamente.

Sospira nuovamente e con la matita mi invita a parlare.

"Ti andrebbe di venire a casa mia stasera?" lo dico tutto d'un fiato e poi chiudo gli occhi pronto alle sue urla, che però, con mia grande sorpresa, non arrivano.

Ride di gusto e mi guarda come se la mia fosse la battuta più divertente del mondo, ma il suo sorriso si spegne quando capisce che no, non era una battuta.

"Sei serio?" sgrana gli occhi incredulo "mi stai invitando a casa tua per?" il suo sguardo si fa interrogativo e sbigottito.

"Passare del tempo insieme, parlare e cercare una soluzione pacifica"

"Non ci penso proprio, grazie" si alza dalla sedia e mi da le spalle per portare lo sguardo fuori dall'immensa finestra di vetro del nostro ufficio, che si trova a settimo piano e ci offre una magnifica visuale della città.

Sorrido quando mi viene una stupida idea e decido di giocare d'astuzia, provocandolo "che c'è, hai paura di non resistermi visto che l'altra sera.."

Ma non mi lascia continuare e si volta di scatto "l'altra sera cosa?", poi fa tre passi verso di me.

"Mi sei saltato addosso," sostengo con fierezza il suo sguardo e compio lo stesso numero di passi per ridurre la distanza.

"Non è vero," si guarda intorno come per paura che qualcuno possa sentirci "sei tu che mi sei saltato addosso" lo sussurra piano mentre mi punta il dito contro.

"Tecnicamente io ti ho baciato per farti stare zitto, ma tu mi hai sbattuto sul letto con l'intento di.." mi blocca la bocca con la mano facendomi sorridere.

Le sue guance si colorano di un leggero rosso porpora ed io provo tenerezza nel vederlo così perché, infondo, non è cambiato affatto.

"Smettila" mi ammonisce serio, ma lo sa che tanto non mi arrendo, che non sono il tipo che getta la spugna così facilmente.

"Allora ci vieni da me?"

"No" si allontana e torna vicino alla sua scrivania, dove afferra il telefono ed inizia a bloccarlo e sbloccarlo non riuscendo a nascondere il suo nervosismo.

"Hai paura che il tuo ragazzo sia geloso?" rincaro la dose ed inizio a passeggiare fino ad arrivare a sedermi sul divanetto.

"Non sono fatti che ti riguardano"

Du und ichDove le storie prendono vita. Scoprilo ora