Dopo essermi asciugata da tutta la saliva e aver aspettato con ansia che qualcuno entrasse in infermeria - la paura che uno di quei due davanti agli schermi si presentasse lì dentro dopo aver adocchiato comportamenti sospetti era sempre viva - io e Murdoc cominciammo a riflettere su un piano per individuare il tatuaggio di quel Vladimir con le coordinate per il nascondiglio di El Mierda. Avevamo molto tempo davanti a noi, ma noi andavamo di fretta. Il bassista era deciso a farsi giustizia. «Ne ha uno sul collo» commentò Murdoc tornando a guardare la foto del detenuto «Scommetto che ne ha altri da qualche parte, incluso quello con le coordinate che ci servono» aggiunse. Io tornai a sedermi sullo sgabello alla sua destra con in mano il vassoio con la cena che la signora Hattie mi aveva consegnato prima che cominciasse il mio turno. "Non ci voglio nemmeno passare davanti a quella porta", mi aveva detto sorridendo. Era chiaro che sapesse... e se eravamo ancora lì a parlare, significava che avrebbe tenuto la bocca chiusa e che - molto probabilmente - stava rifilando gli avanzi dei pasti pre-confezionati alle due guarde nell'Ufficio di Sorveglianza.
«E come pensi di fare?» gli diedi il piccolo vassoio sigillato facendomi dare in cambio la foto per poterla guardare ancora una volta. Come se non lo avessi già fatto abbastanza da quando l'avevo ottenuta. Murdoc intanto scartò il contenitore e con la posata in plastica che era attaccata al cellofan iniziò a mangiare. Dopo il primo boccone - non troppo grande per via della mascella ancora sensibile, ma soprattutto perché doveva parlare - si rivolse a me in tono serio agitando la posata «Di certo non gli andrai a chiedere di fargli vedere tutti i suoi bei tatuaggi. Non sia mai ne abbia uno sulle chiappe, lo stronzo. O sull'inguine, il che sarebbe ancora peggio. Conosco già il giochino: lui ti esce i tatuaggi... e in cambio pretenderà la tua mercanzia, la quale ha già il mio nome sopra ed è off-limits». Con la cucchietta - o forchiaio, non ne ho idea - raccolse un pezzo di carne bianca ricoperta da una salsina dall'ignota composizione e dall'aria poco prelibata e liquida come ogni salsa dovrebbe essere. Se la portò alla bocca per divorarla. «E quindi?» insistetti «Una cosa del genere non la concederà a nessuno, ne sono certa...».
«Strano, per uno che si fa di canne con quella faccia da cazzone» mormorò lui con una smorfia di disgusto, mandando giù un altro pezzo di carne e allungando il braccio sinistro per bere dalla sua bottiglietta d'acqua abbandonata sul comodino accanto a lui. Era totalmente concentrato sullo scacciare il cattivo sapore del cibo e su un possibile modo per fregare quel criminale. Approfittai anch'io per mangiare - non un pasto della prigione ovviamente - ma un panino che mi ero portata da casa perché il cibo di quel posto raggiungeva la sua commestibilità il martedì sera col fish & chips. Quel giorno era venerdì. Parlando di casa, vivevo in un appartamentino nel centro di Londra, un ultimo piano schiacciato dalle palazzine ai lati: una scuola di danza e un hotel di lusso a cinque stelle. Quando Gabriele mi rese umana mi diede ovviamente un'identità plausibile per il mondo di cui ormai facevo parte: orfana talentuosa che ha lavorato sin da piccola per accaparrarsi una piccola fortuna con la quale sopravvivere nella metropoli di Londra. Passavo la maggior parte del mio tempo in quella scuola di ballo, dove ho imparato pressoché ogni tipo di danza, dalla capoeira al tango.
«Che mangi?» Murdoc indicò il panino che avevo appena tirato fuori dalla busta che mi ero portata dietro e che giaceva sul comodino scialbo alla sua destra. Quando morsi per la prima volta del cibo umano con un corpo che aveva davvero bisogno di proteine, vitamine, sali minerali e quant'altro, mi senti forse la creatura più colpevole e felice di questo mondo. Prima di allora il sapore non mi esaltava, lo stomaco pieno non mi appagava... capii perché molti umani si davano al peccato dell'Ingordigia. «Ah, nulla di che. Tacchino e qualche foglia di insalata». Murdoc guardò prima me e poi il mio panino con uno sguardo tanto veloce e attento da farmi capire in quello stesso istante cosa volesse. «Un solo morso» gli dissi porgendogli il panino «Ho bisogno di mangiare anche io» aggiunsi sorridendo. La cosa sembrò sorprenderlo, forse non ci aveva badato poi tanto al fatto che in quanto terrestre, avevo bisogno di mangiare come qualunque altro essere vivente. Lui annuì borbottando un rammaricato «Okay okay...» e diede un morso al panino tirandosi dietro una foglia di insalata che gli rimase appesa all'angolo della bocca. Io lo guardai e per non mettermi a ridere sorrisi lasciando che un piccolo risolino mi vibrasse tra le labbra. Lui mi sorrise di rimando e con la sua lunga lingua che fece spuntare dall'altro angolo della bocca, si leccò in maniera lasciva l'intero labbro fino a raggiungere la foglia e ritirarsela in bocca per masticarla. Quel gesto accompagnato dal suo sguardo malizioso mi fece cedere e la mia risatina si fece sentire «Hehehe... proprio non ce la fai a comportarti in modo pulito, eh?» gli domandai poco prima di addentare a mia volta il panino.
«Non fa per me, lo sai. Sono tutta libidine, malvagità e... desolazione» l'ultima parola sembrava riferirsi al pasto che era tornato inevitabilmente a guardare. Ingoiò il boccone che aveva preso da me e a malincuore - lo si vedeva lontano un miglio - riprese a mangiare il cibo fornito dalla prigione. Ripresi a mangiare anch'io, e tra un boccone e l'altro tornai a riflettere sul caso di Vlad l'Inalatore «Tornando a quel Vladimir... è impossibile che uno con la fama di "Inalatore" non abbia qualcuno di cui si fidi ciecamente. Deve pur esistere da qualche parte una persona simile nella sua vita... qui in prigione o là fuo-».
«CHE IDEA!!!» Murdoc fece improvvisamente volare per aria il piccolo contenitore, mosso da una scarica alla "lampo di genio". Fui così tanto colta di sorpresa che sobbalzai e per poco non caddi dallo sgabello. Si voltò verso di me con la stessa espressione che giuro avrebbe avuto un maniaco «Hai detto che quel pezzente ha il permesso di chattare con la sua ragazza, non è così?!» si sporse verso di me con quel suo unico occhio scoperto spalancato e un sorriso estasiato. «S-Sì... più o meno...» risposi titubante, ignara di dove volesse arrivare. «E hai ancora il cellulare di Noodle??? Quello di stamattina???».
«Ahhhm... sì?».
«Ottimo! Tra quanto tempo potrà parlarci con quella povera martire?» con quella domanda arrivai finalmente a capire dove stesse andando a parare. Non ci arrivai subito perché ero ancora scossa dall'immagine del pollo appiccicato alla parete accanto alla finestra. Di qualunque cosa fosse fatta quella salsa, sembrava un ottimo collante. Lui sembrava interdetto dalla mia confusione e guardò anche lui il pollo sul muro. Qualche secondo interminabile e la carne cadde a terra con un sonoro SPLAF. Murdoc tornò a guardarmi «Tra circa tre settimane... vuoi fingerti Millie, ho intuito bene?» gli domandai riavvolgendo il panino nella carta con la quale lo sorreggevo per non sporcarmi, il tutto senza distaccare il mio sguardo dal suo. La visione di quel cibo spiaccicato sul muro mi aveva fatto passare la fame. Lui alzò l'indice come per correggermi e poi puntarlo su di me «Ohh no! TU ti fingerai Millie! Sei una donna e saprai di certo scrivere in modo più... femminile, con i cuoricini, i "mi manchiii puccino miooo" e altre puttanate ad effetti. Tra l'altro se ci chattassi finirei sicuramente col farmi sgamare con qualche insulto sulla sua faccia di merda. Voglio dire, guardalo. Ha una faccia da schiaffi... schiaffi con una mazza chiodata» commentò con una certa serietà.
«Dimenticavo che qui abbiamo il miglior fotomodello di G-foot» sogghignai divetita.
«Tanto lo so che ti piaccio, quindi è inutile che fai la sarcastica» tirò fuori la lingua per canzonarmi, per poi riprendere col suo discorso «Il punto è che grazie alle mie abilità di hacker e quello smartphone riuscirò a rubare l'account a quella Millie per un'oretta o due, il tempo necessario perché tu faccia la gatta morta in calore - dietro uno schermo e possibilmente in mia presenza, ovviamente - che vuole vedere i tatuaggi del povero babbuino che le sbava dietro! Appena avremo la foto, screen veloce e voilà, les jeux sont faits!».
C'era da ammetterlo... era una buona idea. Se non l'unica abbordabile. «Okay... ci sto. Sei sicuro che riuscirai ad hackerarle il profilo? Da quanto ho capito più un dispositivo è vecchio, più è facile aggirarne le protezioni e bloccarlo in caso ci siano tentativi di corrompere il sistema... ma poi è una poliziotta, è rischios-». Lui su sporse maggiormente verso di me, afferrandomi saldamente per le spalle e guardandomi negli occhi con la pupilla dilatata, manco fosse sotto effetto di allucinogeni «Tu mi sottovaluti bambolina, io sono Murdoc Niccals! HAHAHAHAHA!».
«Ah-hah... mi sa che la prossima volta porterò un panino anche per te. Quella roba non ti fa bene» commentai lanciando una veloce occhiata al pollo colloso per terra.
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Gorillaz ||Why, Why the Evil 2||
FanfictionChayyliel è tornata. Anche se, a dirla tutta, non se ne è mai andata. Dalla fine degli eventi di Plastic Beach ha sempre tenuto d'occhio il bassista dei Gorillaz, e ora che le cose si sono fatte pericolose si vede costretta a piombare di nuovo nella...