Capitolo 11

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Sono passati già tre giorni e non pensavo fosse così noioso stare a casa.
Non ho mai niente da fare, forse perché non ci sono i miei amici che mi parlano tre ore su ventiquattro, e forse perché non c'è Dylan che rompe, e si incazza ogni due secondi.
Già quel ragazzo misterioso è davvero strano che a volte non riesco a capire che cosa gli passa per la testa.

Vorrei sapere che cosa pensa quando guarda le persone in quel modo davvero inquietante. Oppure in realtà voglio sapere che cosa pensa di me.
Ok basta, devo seriamente smetterla di farmi questi filmini mentali sto sclerando. Lui mi sta facendo sclerare.

Decido immediatamente di alzarmi, almeno non dovrò stare a letto per pensare a quello là.
Vado subito giù, e accendo la tv per guardarmi qualcosa. Ma non trovo niente di interessante.
Allora vado in cucina e mi faccio la colazione, credo che un po' di biscotti e della spremuta possano andare più che bene.
Che palle non avere né il cellulare né il computer.
Tutti i miei amici che si divertono, e io che devo stare qui a non fare un cazzo dalla mattina alla sera, se non per pulire casa e finire alcuni compiti per i prossimi giorni.

All'improvviso sento suonare il campanello. Ma perché il postino deve arrivare proprio nel momento in cui sto mangiando, dio mio.

Mi alzo ancora mezza addormentata e vado alla porta. Purtroppo da stupida apro senza neanche sapere chi è veramente, o almeno che che pensavo ci fosse.
"Buongiorno dove devo firmare?" dico io tranquillamente.
Ma appena alzo la testa, mi trovo davanti un Dylan che sta sorridendo maliziosamente.

Oddiooo!! Ma... che cazzo? Ok non sta succedendo realmente spero.
È solo un sogno, si sicuramente.
Mi sfrego gli occhi col palmo della mano per ritornare alla realtà, ma credo di essermi sbagliata, perché quando tolgo la mano, Dylan è ancora davanti a me, e ha sempre la stessa espressione, solo che ora i suoi occhi sono puntati sul mio corpo.
E non finisce di toglierli, ed è proprio questa cosa che mi fa arrossire per l'imbarazzo.
"Allora? Non mi fai entrare?" dice indicando la porta.
"Che ci fai qui, non dovresti essere a scuola?" dico io, evitando la sua domanda.
"Cos'è un gioco di domande? Prima rispondi alla mia e dopo io potrò rispondere alle tue".
Certo che è proprio stupido.

"Ah e va bene, ma non toccare niente sennò se spacchi qualcosa, i miei ti uccidono, anche perché non vogliono che tu mi veda" preciso io per avvertirlo.
"Tranquilla, resterò qui per poco".
Appena entriamo lui inizia a parlare.
"Comunque sono venuto qui, per vedere se stavi bene, dopo quello che è successo tre giorni fa, e poi non avevo voglia di andare a scuola quindi..." dice Dylan, rispondendo alle mie domande precedenti.

"Dovresti andare invece, ti perdi tutte le lezioni, le spiegazioni e i compiti".
"Ma sei matta? Tutti farebbero qualcosa pur di stare a casa, hai qualche rotella fuori posto" sorride all'ultima frase.
"Beh si anche io farei di tutto, però almeno a scuola ci sono gli amici che ti tirano su di morale" rispondo io, pensando a cosa stessero facendo in questo momento.
"Sentono molto la tua mancanza, però stanno bene anche se ti vorrebbero lì a tutti i costi" dice Dylan come se mi avesse letto nella mente.
Io lo guardo facendo un cenno del capo.

"Bene, allora... vuoi qualcosa da mangiare? O da bere?" chiedo, balbettando un po'.
"No grazie, sto bene così, comunque non hai risposto ad una domanda" dice.
"Stai bene ora?".
"Si sto benissimo, ormai sono abituata a stare a casa e a parlare con il muro" dico sorridendo.
"Adesso non dovrai più farlo, perché ci sono io".
"Non credo sia una buona idea stare con uno che conosco a malapena, e che si mette a guardare la gente sempre più intensamente" dico senza più fiato.

"Wow, non pensavo di essere un estraneo per te" dice sorridendo, e iniziando a perdersi nei suoi pensieri.
"Beh non proprio estraneo".
Questa conversazione sta diventando sempre più interessante, però allo stesso tempo è strana, come lui d'altronde.
"La smetti di guardarmi" mentre anche io mi perdo nei miei pensieri, non mi accorgo di stare a fissarlo e mi risveglio da questa specie di stato di trans.

"Si scusa... non me ne ero accorta" dico scuotendo il capo.
"Non serve che ti scusi per tutto lo sai?" dice lui.
"Giusto, scusa" subito dopo mi accorgo di averlo ridetto, e tutti e due ci mettiamo a ridere come degli stupidi.
Adoro la sua risata è così incantevole.

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