Forget who you are

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«Dimentica chi sei, perché in questo mondo non c'è spazio per i ricordi. Dovresti saperlo bene Brian.» Mi alzo da terra e mi pulisco i jeans. Abbiamo perso le tracce, ma sono sicura torneranno presto a farci visita. Ora sanno che io so tutto quello che devo sapere su Brian e Ian, quindi cercheranno di farmi stare zitta. E per farlo ci sono solo due modi.

Mi guardo intorno cercando di vedere se ci sono dei segni o qualcosa a terra, tra la polvere, che mi possa indicare qualcosa e magari portare ad un indizio. Brian da quando siamo usciti dalla centrale mi guarda in un modo diverso dal solito e questo mi dà immensamente fastidio.
«Hai qualche problema?» Chiedo alzando un sopracciglio. Non ne posso più. So che Ian gli ha riferito della nostra conversazione di ieri pomeriggio, ma questo proprio non mi interessa al momento.
«Sai non ti facevo così stupida da minacciare un mafioso così apertamente, come hai fatto con Ian e quindi indirettamente anche a me.» Brian si accende una sigaretta mentre evita di parlare di quanto appena successo. Abbiamo perso quella banda di ladri per la terza volta e non credo che siano solo dei semplici ladri a questo punto. Ma forse lui questo lo sapeva già, vista la sua calma apparente.

«Oh ma davvero speri di spaventarmi? Di intimorirmi e farmi rimangiare quello che ho detto ieri? Tu non sai niente di me Brian, non sai cosa sia il dolore o la voglia di morire. Io lo so invece, quindi non c'è nulla che possa farmi cambiare idea su quanto ho detto a Ian. Anche perché so più cose io su di voi, che l'intero stato americano.» Lo fisso negli occhi mentre mi pulisco anche la maglietta, che si era leggermente alzata. Noto solo ora di avere un taglio sull'anca destra, proprio sopra al tatuaggio della rosa. Non è profondo, ma deve essere medicato o si infetterà.
«Io ora devo andare, quindi evita di provocarmi ancora con la tua recita da mafioso. Saluti capo!» Faccio per girarmi, ma il diretto interessato mi blocca per un braccio.

«Che vuoi ancora?» Sono rossa dalla rabbia, non ho proprio più voglia di vederlo oggi. Mi ha minacciata e fa come se niente fosse successo.
«Vieni con me. Quello te lo medico io.» Indica con il mento il taglio. Alzo un sopracciglio ironica.
«Perché tu sai medicare una ferita? Davvero non ti facevo tipo da Grey's Anatomy.» Borbotto avvicinandomi a lui che però, a quanto pare, non ha più voglia di camminare.
«Per quanto tu mi possa odiare, non sono uno stronzo.» Se possibile alzo ancora di più il mio sopracciglio già inarcato.
«Okay, va bene. A volte sono uno stronzo, ma non sempre e non con tutti. Quindi andiamo.» Mi prende una mano e mi tira verso la sua macchina, parcheggiata in un posto nascosto poco lontano da dove ci trovavamo.
«Sai so ancora camminare. Non ho perso l'uso delle gambe.» Oggi devo complimentarmi con me stessa. La mia ironia è alle stelle.
«E io non sono ancora cieco bambolina. Faccio quello che voglio.» L'ho già detto che lo odio?

Spazientita dal suo comportamento, lo tiro verso di me, per poi prendergli il braccio e portarglielo dietro alla schiena. Brian non cerca neanche di contrastare i miei movimenti, sa che gli posso rompere il braccio quando voglio.
«Ti ho già detto di non chiamarmi bambolina. Quante altre volte devo ripeterlo?» Chiedo facendolo mettere in ginocchio. Ora sono io la più alta, stronzo.
«Magari solo una, ma nel modo giusto.» Mi sorride malizioso mentre continuo a stringere il braccio dietro la sua schiena.
«E in che modo dovrei chiedertelo capo?» Gli sussurro questa frase nell'orecchio. Sono dietro di lui e vedo ogni sua espressione dall'alto, il che le rende un po' contorte. Brian questa volta non risponde, ma si limita a ribaltare le posizioni. Con il braccio libero mi afferra i capelli e li tira verso il basso, facendomi allentare la presa sul suo braccio, permettendogli di alzarsi. Mi spinge velocemente dentro un vicolo e mi sbatte contro a un sudicio muro.

«Potresti iniziare con l'uso di un tono più dolce Jess.» Brian mi sovrasta con il suo corpo massiccio. Mi stupisco però quando porta la testa tra i miei capelli e annusa, annusa il mio profumo. Non rispondo e non mi muovo, la mia mente sta pensando a tutte le possibili mosse da fare e le successive conseguenze.
«Poi potresti smetterla di provocarmi ogni mattina quando esci dal mio ufficio ancheggiando.» Con il naso mi sfiora l'orecchio, per poi segnare il contorno della mascella. Così mi stordisce, perché anche se non voglio ammetterlo, Brian è un uomo maturo ed è anche bello da togliere il fiato.
«Brian cosa stai facendo?» Le mie mani sono bloccate dalle sue.
«Ti sto tentando, come tu fai ogni giorno con me. Mi provochi, mi tenti e mi lasci sempre insoddisfatto.» Così tante parole in una frase sola non credevo che riuscisse a dirmele oggi, invece.
«Forse perché è quello che ti meriti!» Sbotto e lui istintivamente stringe la presa sui miei polsi facendomi male. Senza pensarci troppo inarco il corpo, cercando di allentare la sua presa sui miei polsi, ma fallendo miseramente visto che ottengo il risultato opposto.
«Anche ora Jess tu mi tenti. Il tuo corpo mi tenta. Tutto di te mi attrae, ma non posso averlo.» Brian soffia queste parole a un palmo dalle mie labbra. Tutte le vie di fuga alle quali stavo pensando perdono importanza ora. Voglio sapere fino a che punto vuole spingersi. Ha detto che vuole giocare? Allora giochiamo.

Gli sorrido appena, prima di premere il mio corpo sul suo, facendolo sospirare.
«Non ho mai detto di non provare lo stesso Brian. Sei tu che fraintendi tutto, sempre.» Faccio ciò che mi ha fatto lui, il mio naso sfiora la sua mandibola, mentre sento le sue mani liberare i miei polsi e posarsi sulla mia schiena. Scendono lentamente arrivando ai fianchi, appena sopra i glutei. So quello che vuole fare e per ora non ho intenzione di fermarlo.
«No Jess, sei tu che provochi, costantemente. Anche ora pensi che non sappia cosa vuoi fare? Pensi che non sappia che ti vuoi liberare di me? Non sei stata spostata a caso bambolina. C'è un motivo a tutto e tu lo sai.» Brian continua a parlare troppo, questo è il suo punto debole. Si lascia trasportare dal momento e rivela più di quanto dovrebbe, ecco perché non ha mai avuto troppo successo come agente.
«Oh questo lo so bene Brian. È stata una delle prime cose che ho scoperto dopo averti conosciuto. Sai non sei bravo con i codici di sicurezza, usi sempre gli stessi per ogni cosa.» Brian a queste ultime parole, stringe i miei glutei tra le sue mani e mi spinge verso di sé. Sono spalmata sul suo corpo e sinceramente mi da un certo effetto, ma credo che lo faccia anche a lui. I suoi jeans sono improvvisamente diventati troppo duri.

«Non hai idea di quanto io ti desidero.» Brian mi fissa per qualche istante prima di farmi alzare le gambe da terra e farle allacciare dietro alla sua schiena. Poi mi bacia, come quella volta nel suo ufficio, anzi, forse con più passione. Sento le sue mani ovunque e so che tutto questo è tremendamente sbagliato, lo so eccome, ma ora non me la sento di fermarlo. Non subito almeno. Brian preme la sua lingua sulle mie labbra, costringendomi ad aprirle. Mi lamento con un leggero gemito, che lui interpreta però in modo differente, visto che stringe ancora di più il mio sedere tra le sue mani e mi schiaccia di più tra il muro e il suo corpo. Lascia in pace le mie labbra per qualche istante, iniziando a baciare il mio petto, lasciato scoperto dallo scollo della maglietta, la felpa ormai non so più dove sia. Mi bacia e succhia, come se fossi il suo ossigeno personale. Nessun uomo mi aveva mai trattato in questo modo, ma solo con Brian mi sento così viva. Poco dopo riprende a torturare le mie labbra e la mia bocca, lo lascio fare perché anche io lo voglio. Sento il mio corpo fremere sotto il suo tocco e so che anche per lui è lo stesso, perché le mie mani sono avvinghiate al suo collo prima, e ai suoi capelli dopo. Sento la sua pelle d'oca sotto le mia dita.

«Brian dovremmo... dovrem-» Non mi fa nemmeno parlare perché la sua bocca è sempre più vorace. Sempre più irruente. Mi blocco però quando sento che sta per fare uno di quei segni violacei sul mio collo. Non voglio nessun succhiotto, non da lui, non così, non qui.
«Brian basta.» Mollo il suo collo e riporto a fatica le gambe a tera, mentre poso le mie mani sul suo petto spingendolo lontano da me. Lui mi fissa con il desiderio e la lussuria dipinti negli occhi. Mi guarda come se lui fosse il leone famelico e io la gazzella indifesa.
«Devo andare a disinfettare la ferita. Ci vediamo stasera.» Non aspetto una sua risposta, perché ora so che starà fermo lì. È troppo sconvolto e lo sono anche io. Non era mai successo che perdessimo il controllo in questo modo, non è mai successo che mi abbandonassi a lui in quel modo così intenso.

Cosa accidenti è successo in quel vicolo? Penso mentre fermo il primo taxi per andare a casa. Dovevo dimenticarlo, come dovevo dimenticare Brian e pure me stessa. Quello che era successo non era da me, non lo era mai stato e non sarebbe più successo.










 Quello che era successo non era da me, non lo era mai stato e non sarebbe più successo

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Hola gente! 💖Ecco un altro capitolo. Spero vi piaccia e che si stia iniziando a delineare la storia in modo chiaro. Ringrazio tutti coloro che leggono le mie storie, siete fantastici!✨💝

Critiche e/o commenti sono sempre accettati!🌈

Bacioni e al prossimo aggiornamento!

Marta🦋

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