Drunk...in love?

1.6K 58 0
                                    

Dopo due giorni passati a casa di Brian, insieme anche a Giselle, ero tornata al lavoro. Brian in quei giorni era rimasto a casa con me, quando Giselle andava al lavoro, per accertarsi che stessi davvero bene e anche per fare qualcos'altro. Lentamente e senza fretta mi stavo prendendo una cotta esagerata per Brian. Il problema però era solo uno. Una cotta l'avevo già presa per Brian e non era finita bene. Non volevo coinvolgimenti emotivi nel lavoro e mi stavo innamorando del mio superiore, per di più di un uomo che aveva un passato con la mafia. Esattamente un qualcosa che non c'entrava proprio niente con me. Io, ero sempre stata una donna patriottica che avrebbe dato la vita per il suo paese. Ora invece mi stavo prendendo una cotta per un uomo losco, con un passato decisamente discutibile dal punto di vista della legalità che probabilmente, prima o poi, mi avrebbe buttato via come un paio di scarpe logore. Dovevo assolutamente farmi visitare, stavo perdendo il controllo su me stessa e questo non mi stava bene. Avevo sperato davvero tanto che Brian potesse essere l'uomo per me, ma non sempre le cose vanno come vogliamo. Forse, un giorno, troverò anche io l'uomo per me.

Quando quella mattina entrai al dipartimento, ancora con qualche ferita e livido piuttosto evidenti sul corpo, le persone mi guardarono in un modo strano, anche se qualcosa mi diceva che non erano tutti sguardi curiosi dovuti solo alle ferite. Mi stavano studiando come mai avevano fatto prima, come se sapessero cosa avevo fatto e a chi lo avevo fatto. Mi sembrava di essere sotto esame, anche se l'imputato principale non ero di certo io. Brian, che era proprio accanto a me, mi strinse a se spontaneamente e io gliene fui davvero grata, tanto da ringraziarlo con lo sguardo. Quando arrivammo al nostro piano, Ian era fermo davanti allo studio di Brian, con le braccia incrociate e uno sguardo di fuoco. Lo sguardo degli altri nostri colleghi era puntato su di noi e si alternava tra me e Brian. Che ansia! Attraversammo il corridoio con la testa alta, grazie al cielo per quel giorno avevo deciso di non mettere i tacchi e limitarmi a delle comode e pratiche scarpe da ginnastica. Non sopportavo sentirmi fissata, figuriamoci se a farlo erano degli agenti dell'FBI che in quel momento avrebbero dovuto lavorare invece di ficcanasare negli affari altrui. Mi stavano già iniziando a prudere le mani.

«Che succede Ian?» Brian chiuse la porta del suo studio dopo che anche io fui entrata nella stanza. Ian mi squadrò da capo a piedi, per poi farmi un piccolo sorriso, seguito da un occhiolino rassicurante. Almeno lui e Brian potevo toglierli dalla mia lista di persone da arrestare.
«Jackson sa che lei ora è a casa tua e questa mattina ha pensato bene di presentarsi qui in ufficio in presenza di tutti gli agenti. Ha minacciato di morte tutti coloro che non gli porteranno Jess entro questa sera.» Ian aveva lo sguardo basso e quasi colpevole, dopo avermi indicato e averci messo al corrente della situazione. Brian stava guardando il vuoto con le mani tra i capelli. Io stavo pensando a come rendere la stessa moneta a Jackson, però nel modo peggiore che ci potesse essere. Brian mi sorprese quando, alzando lo sguardo da terra, notai i suoi occhi attaccati alla mia figura. Mi stava guardando con preoccupazione, con anche un velo di amarezza. Sembrava come che si stesse parlando della sua di vita, non più della mia. Non era davvero più lui e da una parte ne ero felice, dall'altra ne ero quasi spaventata. Come può una persona cambiare così in fretta? Leggevo nel suo sguardo ansia e angoscia. Questa volta non sarebbe stato lui a decidere per me. Questa volta avrei preso io la decisione per entrambi.

«Ian hai il numero di cellulare di Jackson?» Domandai alzandomi dalla sedia sulla quale mi ero accomodata e mi tolsi il cappotto, facendo una piccola smorfia di dolore. Ero stata troppo rapida con i movimenti. Brian teneva lo sguardo incollato a me, tanto da sembrare la mia guardia del corpo. Stava iniziando a scocciarmi questa eccessiva premura. Va bene essere preoccupati, ma non così tanto. Ho sempre badato a me stessa da sola, senza nessuno, quindi non vedo il motivo per cui debba essere così.
«Si, perché?» Mi chiese Ian alzando un sopracciglio confuso. Era giunto il momento di svelare il motivo per cui ero stata così poco contraria ad andare via con Jackson quella sera al ballo. La sera in cui Ian e Brian avevano preso le distanze definitivamente da Jackson Kovasky.
«Perché abbiamo la possibilità di ricattare Jackson e lui non può fare nulla per impedircelo.» Sorrisi dopo aver sganciato quella che ero sicura sarebbe stata una bomba. Non sarei mai stata leale con un mafioso, soprattutto se si trattava di un uomo come Jackson. Ora avevo la completa attenzione sia di Brian che di Ian.

FasterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora