Better on me

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Nonostante tutto quello che era successo, non potevo chiedere alla mia coscienza di dimenticare quello che avevo visto, sentito e fatto. C'è una sottile differenza tra ciò che è corretto e ciò che è moralmente giusto, difficile da vedere ad occhio nudo, ma c'è e io non avrei smesso di essere quella che ero solo per un uomo, anche se Brian poteva essere stato l'uomo della mia vita, io non avrei mai rinnegato me stessa per lui, mai. Da due settimane abitavo con Giselle in un attico super blindato nel centro di New York City, di cui nessuno aveva mai sentito parlare. Grazie al colonnello McCartney eravamo riuscite a trovare quella sistemazione, lontano da occhi indiscreti e, soprattutto, lontano da lui. Al termine di tutto questo per noi sarebbe stato meglio cambiare aria. Ci saremmo trasferite da qualche parte, non sapevamo ancora dove, ma sarebbe stato meglio per tutte e due. Soprattutto per me. Era difficile da ammettere, ma stavo male, soffrivo tanto per ciò che era stato giusto fare, ma cercavo di non darlo a vedere. Non volevo aggiungere altre inutili preoccupazioni a Giselle. Non dopo tutto quello che le avevo fatto passare. Ciò che mi faceva più male di tutto l'accaduto, era il continuare a volere una persona che non mi calcolava minimamente, anzi probabilmente si stava divertendo molto senza di me tra i piedi. Sapevo che era sbagliato, ma c'era qualcosa nella mia testa che mi impediva di sentirmi del tutto libera, libera da lui. Mi sentivo, in un certo senso, ancora ancorata a lui. Ero ancorata all'uomo più spregevole che avessi mai conosciuto. Uno schifoso mafioso che non aveva perso un secondo per usarmi e distruggermi, per poi liberarsi di me. Beh presto forse, avremmo distrutto anche noi lui. Lo speravo davvero tanto.

Quello era il giorno fatidico. Io e Giselle avevamo preparato tutto nei minimi termini e gli agenti che ci erano stati assegnati dai nostri contatti, erano abbastanza in gamba per aiutarci davvero a risolvere questo pasticcio. Ian si era dimostrato essere diverso da come avevo sempre creduto che fosse. La sua storia era davvero quella che ci aveva raccontato, non sapeva che il
capo in realtà fosse Brian, non lo aveva minimamente ponderato come nemico. Aveva ingannato tutti e lo aveva fatto con maestria. Ora toccava a noi ingannare lui, poteva starne certo. Lo avremmo messo nel sacco.

«Sono sicura che dopo tutto questo, dovrò far desistere un sacco di agenti dall'uscire con me. Guarda come mi mangiano con gli occhi!» Giselle non si smentiva mai. Era una donna attraente e seduttrice anche con un sacchetto nero del pattume indosso. Alcuni agenti la stavano davvero mangiando con gli occhi.
«Allora tu falli penare. Gli uomini meritano di soffrire un po'.» Commentai decisamente acida, mentre terminavo di indossare il giubbotto antiproiettile e gli stivali antinfortunistici della divisa. In quel blitz eravamo io e Ian quelli in comando ed io sentivo l'adrenalina e la paura attanagliarmi le vene e le viscere, come se quello fosse stato il mio primo rodeo. Ian mi affiancò poco dopo, mi mostrò alcuni plichi di fogli che aveva recuperato di nascosto dallo studio di Brian e mi disse che ormai era tutto pronto.

«Sai meglio di me che cosa dobbiamo fare, giusto?» Mi chiese senza tradire alcuna emozione nella voce. Lo avevo sempre sottovalutato Ian, ma in realtà mi aveva dimostrato di essere molto intelligente e anche molto scaltro.
«Certo. Tu lo distrai e noi lo incastriamo. Non possiamo lasciarcelo scappare e l'unica cosa che lo potrebbe cogliere di sorpresa sei tu.» Cercai di convincere me stesse e anche Ian che quella era davvero la strada migliore da percorrere, ma la realtà era un'altra. Ian mi fissò, alzando poi un sopracciglio poco convinto.

«L'unica cosa che potrebbe coglierlo di sorpresa cara mia, sei solo tu. Di certo sarebbe più stupito di vedere te, dopo quello che gli hai fatto qualche settimana fa, non credi?» Non so proprio come avevo fatto a sottovalutare Ian. Forse era stato il visetto angelico, gli occhi chiari e la sua altezza non così tanto mascolina. Stava di fatto, che lui sapeva perfettamente come colpire al meglio Brian, lui conosceva il nostro nemico e quindi sarebbe stato anche in grado di prenderlo al primo colpo. Tutto ciò che potevo fare io, era assecondarlo, perché sapevo, in cuor mio, che aveva ragione, anche se mi costava ammetterlo.
«Va bene capo, vado io. Dimmi cosa devo fare.»

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