Champion

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Un vero campione, un leader e non un capo, sa ammettere le sue sconfitte nello stesso modo in cui si complimenta con se stesso e con gli altri per le sue vittorie. Jack di sicuro non era un leader, ma un capo. Non mi era difficile immaginare la ragione per la qualche Jack mi volesse tutta per se, tuttavia a me non stava bene, per niente. Non avevo intenzione di cambiare, soprattutto non per lui.

«Cosa ti fa pensare che io non mi ribelli?» Chiesi appoggiando la testa al vetro dell'auto. Eravamo in viaggio da mezz'ora e ancora non si capiva dove accidenti volesse arrivare. Appena pensavo di capire dove volesse andare a finire, Jack cambiava strada, costringendomi a ripartire da capo con le mie teorie. Probabilmente lo faceva per confondermi ed evitare che io capissi quale potesse essere la strada per arrivare al suo quartier generale o qualsiasi cosa fosse il posto in cui mi stava portando.
«Non tirare troppo la corda Jess. Oggi non è giornata.» Mi veniva quasi da ridere. Per lui non era giornata? Io cosa accidenti avrei dovuto dire?
«Oh povero cucciolo di orso. Per te non è giornata Jack? Capita ogni tanto, anche ai migliori, di prendere un granchio, anche se tu di certo non sei uno di questi.» Sogghignai prima di tornare ad appoggiarmi al finestrino dell'auto. Sentii la macchina inchiodare e accostare sulla banchina della carreggiata. Appena l'auto fu ferma, la mano di Jack che prima era sul cambio dell'auto, andò a stringere in modo violento il mio collo.
«Sei solo un passatempo con abbastanza carattere da non stancarmi dopo un giorno. Smettila di vantare dei diritti che mai avrai. Ora sei mia e fai come dico io.» Mollò, una volta terminato la frase, la sua presa sul mio collo, poi estrasse un coltellino svizzero e mi incise, incurante dei miei lamenti, due lettere sul mio zigomo destro. La prima lettera percepii essere una S, mentre la seconda lettera era sicuramente una W. Tossii per qualche minuto, poi mi ripresi e alzai la testa verso di lui. Lo guardai mentre rimetteva in carreggiata l'auto, sorridendo appena. Jack aveva appena firmato la sua condanna a morte. Non sapevo ancora cosa significassero quelle due lettere incise sulla mia pelle, ma presto lo avrei scoperto e Jack ne avrebbe pagato le conseguenze.

Un'ora più tardi arrivammo davanti ai cancelli di una villa moderna color crema, circondata da telecamere e omaccioni con spalle da lottatori di boxe. Jack mi spinse fuori dall'auto con poca grazia e gentilezza, facendomi ruzzolare a terra. Ero ancora legata e i polsi mi facevano male insieme al viso, su cui sentivo le gocce di sangue oramai secche. Jack mi afferrò per i capelli e poi mi spinse dentro la casa. Una donna con una divisa da cameriera ci venne incontro per prendere le giacche e quando mi vide sgranò un po' gli occhi, ma non disse nulla e non si scompose più di tanto. Jack mi slegò i polsi solo per togliermi la giacca, poi me li legò nuovamente, questa volta con della corda. Ci spostammo dall'ingresso verso quello che scoprii essere il salone, Jack mi spinse sul divano ponendo fine alla mia tolleranza.

«Continua pure Jack, non sai ancora quanto una donna possa sopportare. Non temere però, prima o poi ti restituirò la stessa identica moneta.» Sorrisi sistemandomi sul divano. Jack si avvicinò a me e si piegò in avanti appoggiando le mani sulle mie cosce. Era un lurido verme schifoso.
«Adoro il tuo temperamento, mi fai eccitare ogni volta Jess.» Jack fece scorrere le sue mani sulle mie gambe, fino ad arrivare alle ginocchia, per poi aprirmi con forza le gambe.
«E io adoro la tua faccia, perché sarò io a sfregiartela.» Chiusi le gambe schiacciando le dita di Jack tra di esse, per poi tirargli una ginocchiata nello stomaco e spingerlo lontano da me. Jack cadde a terra, tenendosi una mano all'addome. Il tacco è sempre amico delle donne!

«Signore.» Una voce che non avevo mai sentito prima, occupò prepotente le mie orecchie. Il nuovo arrivato guardò con timore Jack, prima di spostare il suo sguardo su di me e osservarmi attentamente alzando un sopracciglio. Era terrorizzato. Jack gli rivolse uno sguardo di puro disprezzo.
«Ciò che ha richiesto è stato fatto.» Jack sorrise davanti a quella dichiarazione, facendomi sentire in svantaggio. L'espressione di Jack divenne proprio quella di un pazzo furioso, probabilmente quello che era in realtà. Si alzò da terra e si pulì i pantaloni, prima di tornare con lo sguardo su di me.
«Molto bene. Porta la nostra ospite nella sua stanza, sono sicuro che ora voglia riposare.» Jack mi strattonò per un braccio, per poi avvicinare la sua faccia alla mia.
«Ricordati chi sono.» Mi sussurrò nell'orecchio prima di darmi un bacio a stampo. Sputai a terra non appena si staccò da me. Aveva proprio tutte le intenzioni di farsi uccidere da me.
«E tu ricorda chi sono io.» Sorrisi io questa volta, prima di venire trascinata chissà dove e per quale assurdo motivo.

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