Fool & Crazy

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Nonostante avessi rischiato la mia vita parecchie volte, ogni missione era sempre stata un grande punto di domanda. E beh, quella non era per niente da meno. Sentivo il brivido dell'adrenalina salirmi lungo la spina dorsale, aspettando il momento giusto per darmi la forza necessaria di premere il grilletto. Non era mai stato facile per me uccidere qualcuno, ero sempre stata dell'idea che non spettasse a me essere giudice e giurato della vita altrui, ma c'erano occasioni in cui i moralismi non potevano avere spazio. Sulle mie tempie scendevano delle piccole goccioline di sudore, dovute sia alla tensione, sia al caldo che c'era nel furgone. Eravamo tutti stretti stretti, l'uno vicino all'altro. Il furgone ogni tanto prendeva delle buche e sobbalzavamo tutti. Brian era di fronte a me e mi osservava ogni tanto di sottecchi, Ian invece era accanto a me e sbuffava continuamente. Il piccolino aveva voglia di andare a fare il culo ai cattivi.

«Cinque minuti.» Brian ci disse il tempo che mancava all'arrivo. Nella squadra in tutto eravamo in dieci. Pochi, ma buoni. Jackson Kovasky sembrava avere un bunker segreto dietro un grattacielo in costruzione in pieno centro città. Il brutto di New York era proprio quello. Una città troppo grande in cui tutti non potevano conoscere tutti. Ci era voluto più tempo del dovuto a scoprire dove si nascondeva Jack, ma alla fine ce l'avevamo fatta. Quando Brian, ieri mattina, aveva dato l'ordine a tutti i suoi agenti di fare delle ricerche su Jackson Kovasky nessuno di noi era sufficientemente preparato a sapere quello che sarebbe stato scoperto di li a poco. Grazie ad internet ogni persona poteva essere controllata dalla polizia, figurarsi dall'FBI. I dieci fascicoli che aveva chiesto Brian arrivarono sulla sua scrivania quarantotto minuti dopo che lui aveva dato l'ordine, il tutto fatto con anche cinque agenti in meno. Probabilmente almeno uno di quei cinque che se ne erano andati, sarebbe andato di corsa da Jackson ad avvertirlo. Ecco perché all'uscita dal dipartimento, degli agenti non corrotti, avevano infilato, nelle tasche di quelli che si erano licenziati, dei rilevatori di movimento con tanto di microfono incorporato. Solo uno di loro aveva provato a contattare Jack, ma era stato fermato ed arrestato prima che potesse riuscire a farla franca.

Jackson Kovasky era un'ombra. L'FBI aveva molte informazioni corrette sul suo conto, peccato che non ci fosse neanche una fotografia sua. Era strano pensare che un uomo come Jack che con me era stato piuttosto volubile, non avesse mai pensato di farsi arrestare e poi uscire di prigione, magari tutto questo nello stesso giorno. Sarebbe stato un piano perfetto per uno come lui che più informazioni aveva su tutti, meglio stava e quale fonte di informazione migliore che i registri dell'FBI? L'unico problema rimaneva avere un uomo dentro, un infiltrato che gli permettesse di rimanere un'ombra nelle prime ventiquattro ore. La falla dell'FBI rimaneva questa infatti. Le fotografie scattate venivano inserite nei registi, solo ventiquattro ore dopo che il prigioniero era entrato in carcere. Per un mafioso, abile come lui, ventiquattro ore di tempo erano più di quante poteva desiderarne. La mia domanda rimaneva quindi sempre la stessa. Mi rimbombava in testa come un tormentone estivo e non se ne andava. Rimaneva lì, inesorabilmente. Chi diavolo aveva aiutato Jackson Kovasky a mettere nel sacco l'FBI?

Ora, mentre sentivo l'asfalto scorrere sotto i pneumatici, ripensavo a tutto quello che era successo da quando avevo iniziato a lavorare insieme a Brian. Ero sempre stata una testa calda e mi è sempre piaciuto risolvere le cose a modo mio, prevedendo anche i finali a volte, ma con lui non sono stata in grado di prevedere il nostro finale. Brian mi aveva mostrato tutto di sé e lo aveva fatto inconsciamente. Era entrato a far parte della mia quotidianità, senza che io me ne accorgessi in tempo. Ero fregata e lo era pure lui. Non ero una sciocca, vedevo il modo che aveva di seguirmi con gli occhi, in più avevo un certo aiutante di nome Ian che mi aveva spifferato qualche segreto maschile.

«Quando usciremo da questo furgone nessun addestramento e nessun piano potrà esserci utile. Qui si tratta di seguire il vostro istinto e di salvarsi il culo. Quindi fatelo, ma con astuzia e cercando di prevedere le mosse del nostro nemico. Siamo qui perché il nostro lavoro è rendere questa città un posto migliore e lo faremo anche oggi, lo faremo anche ora.» Brian di certo si stava dando da fare in quei giorni con i suoi lunghi discorsi motivazionali. Dovevo dire che ci stava riuscendo anche piuttosto bene.

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