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POV'S ISAK

«Pronto?» rispondo al telefono sbuffando.
Chi è quel pazzo che chiama alle 6 del mattino?

«Isak, figlio mio, come stai?» una voce fin troppo familiare risponde all'altro capo del telefono.

«Ah... sei tu. Come vuoi che stia? Mi hai sbattuto qui dentro contro la mia volontà» il mio timbro di voce risulta già abbastanza aggressivo solo nel sentirlo.

«Ricordati che l'ho fatto per il tuo bene.»

«Il mio bene? Tu l'hai fatto per poter apparire un uomo perfetto, con una famiglia perfetta agli occhi degli altri.
Hai fatto tutto questo per la tua immagine!» sbraito.

In questo momento sono come un cane che cerca di proteggere il proprio territorio.

«Non osare rivolgerti in questo modo a tuo padre! Piuttosto spero che tu stia guarendo» ormai parla come se per lui avessi una malattia.

«Si certo... sto guarendo. Non preoccuparti non ti rovinerò la tua buona fama. Ora vado sono stufo di discutere con te.» termino la chiamata senza neanche aspettare una risposta.

Bastano pochi minuti con lui che diventò una belva. È un uomo senza cuore.

Proprio a me doveva capitare un padre come lui!?

La mia rabbia inizia a sfogarsi colpendo la prima cosa che ha davanti: le pareti della mia camera.

A raffica dei pugno colpiscono il muro, uno dopo l'altro, mentre nella mia testa le parole di mio padre mi investono come una secchiata di acqua gelida.

Devi guarire.

Tu stai mentendo a te stesso.

Ragiona.

Questo è solo un tuo capriccio.

«AAAH!» un altro grido di frustrazione esce dalle mie labbra.

«Come diavolo è possibile!!» un altro pugno si scontra con il muro, senza neanche scalfirlo.

«Accidenti!» un altro rivolo di sangue esce dalle mie nocche, macchiando il muro di rosso.

«Perché...» un ultimo pugno colpisce il muro, ma con molta meno forza.
Un pugno stanco.

Nonostante il dolore alla mano, dentro di me sento un dolore più forte, più contrastante. Sento una battaglia, una lotta interiore.
Sento di tutto, ma anche niente.

Sento le mie speranze vacillare.

Non sarò mai ciò che le persone si aspettano. Non riuscirò mai ad essere l'orgoglio di mio padre. Non riuscirò mai a capirmi veramente.

Mi abbandono al pavimento, privo di energia.
Forse sarebbe anche l'ora di abbandonarsi al proprio destino.

POV'S ALMA

Mi sveglio con un mal di testa atroce.
Sembra che un cavallo mi abbia colpito con lo zoccolo proprio in testa.

Provo a sollevarmi dal letto, mettendoci tutto la mia buona volontà.

«Ben svegliata»

«Buongiorno Zoe, ma che ore sono?» mi guardò in torno spaesata, non ricordando di essere tornata in camera ieri.

«E come sono arrivata in stanza?»

«Ti ci ha portato Isak, mi sembra si chiamasse così. Mi ha detto che ieri avevi la febbre molto alta e giustamente non stavi bene» si avvicina a me, poggiando la sua mano sulla mia fronte.

Basta smettere di pensareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora