Capitolo 17.

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-Harry-

Ero in ritardo per la lezione di analisi quella mattina, non che mi interessasse effettivamente. Non era esattamente matematica; più lettere e simboli che fottuti numeri, ma non è questo il punto.

Ero in ritardo di ben un'ora, visto che me ne ero rimasto disteso sul letto a pensare, per lo più a Elizabeth.

Ero stato stupido a lasciarla la sera prima. Non ero riuscito a dormire sul mio letto, avevo passato la notte a girarmi e contorcermi, preoccupato che nemmeno lei riuscisse ad addormentarsi. Anche se fosse, non me l'avrebbe mai detto, cazzo. Sarei dovuto rimanere da lei. Avevo notato la sua espressione delusa quando le avevo detto che dovevo andare a casa. Aveva cercato di nascondere le sue emozioni, ma avevo imparato da molto a prestare attenzione alle piccole cose: la bocca leggermente aperta, gli occhi che spalancava di poco, l'improvviso desiderio di guardare tutto tranne me. Quelle azioni rivelavano a me ciò che provava veramente, ed erano tutte presenti la scorsa notte, era il ritratto di dolore e sorpresa vivente. Non volevo lasciarla, ma sapevo che dovevo farlo. Non aveva idea di cosa mi facesse.

Non si era resa conto che il mio sguardo era sempre puntato su di lei. Non si era resa conto che ogni volta che la toccavo, per me era come se ogni volta mi desse la sua benedizione per farlo. Mi faceva sentire come una persona che aveva fatto qualcosa di buono nella sua vita.

Non sapeva che quando la stringevo tra le mie braccia mentre dormivamo insieme, mi sentivo fottutamente in pace. Mi sentivo come il suo protettore, cosa che non avevo mai provato prima. Ero sempre stato quello che feriva le persone, non quello che le proteggeva. Elizabeth era diversa. Era mia e dovevo proteggerla.

Non si rendeva conto di quanto mi facesse eccitare. Quando imbronciava quelle fottute labbra, riuscivo solo ad immaginarle sulle mie, mentre le afferravo il labbro inferiore con i denti e lei godeva, gemendo il mio nome. Quando il suo corpo era contro il mio, non mentirò, mi dovevo sempre trattenere per non avere un'erezione. La volevo così tanto. Volevo toccarla e sentire il suo tocco su di me senza sobbalzare spaventata. Volevo le sue labbra sulle mie e ogni volta che ero con lei, queste voglie aumentavano a dismisura.

Parte delle motivazioni per le quali me ne ero andato la scorsa notte riguardava proprio il fatto che non ero sicuro di riuscire a controllarmi. Stare con lei per ben ventiquattr'ore, non penso possiate capire cosa abbia passato il mio piccolo Harry.

Sì, il mio pene. Datevi una svegliata.

Me ne ero andato anche perché sapevo di non essere un tipo di grande compagnia, e lei era stata con me per tutto il giorno. Non volevo che il mio bisogno di starle accanto la soffocasse.

Continuavo ad apparirmi in mente la sua espressione quando le avevo detto che dovevo andare. Perché era così delusa? Voleva che rimanessi? Voleva che la stringessi tra le mie braccia tanto quanto lo volessi io? Fanculo il piccolo Harry, sarei riuscito a sopportare la tensione pur di averla tra le mie braccia di nuovo.

Okay, forse avevo mentito. L'unica ragione per la quale me ne ero andato era per farle un favore. So che dormiva meglio con me, ma non avrei potuto rimanere da lei ogni giorno, anche se lo volessi. Aveva bisogno di tempo da sola, senza di me.

Stavo cercando di essere gentile, ma la cosa mi stava uccidendo. Avevo deciso cosa fare nell'ascensore, dove lei mi aveva beccato a guardarla. Mi sentivo così miserabile mentre mi staccavo da lei, ma guardandola, presi una decisione. Per la prima volta nella mia vita, non sarei stato egoista, ma non sapevo se fosse la scelta giusta.

Scesi dal letto e mi feci una doccia, preparandomi per un altro giorno deprimente. Mi chiesi se Hazel stesse meglio rispetto a due giorni prima. L'avrei chiamata quella sera.

Mend the Broken [Italian Translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora