Chapter twenty

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Evelyn's pov

"Per l'amor di Dio, Evelyn, potresti anche smetterla di guardare continuamente quel telefono almeno a tavola?"

"Dovresti stare più dritta con la schiena"

"Non mi piace come ti sei vestita, dopo cambiati"

"Pretendo che tu faccia di meglio in chimica, ho controllato il registro e non mi piace il tuo ultimo voto"

"Vedi di non distrarti, Evelyn, e ascoltami"

Questa é solo una piccola parte di ciò che ascolto ogni giorno in ogni momento che sono a casa mia. Ad ogni cosa, c'é un commento negativo e sono arrivata ad un punto in cui non ce la faccio a sopportare più niente.

Sto per uscire di casa, quando la voce di mia madre mi blocca.

"Evelyn" mi volto, cercando di non fare una faccia scocciata, sennò mi riprenderà anche su quello. "Ricordati di non avvicinarti a quelle persone che non sono degne, okay? Non voglio che mia figlia passi del tempo con quella gente" annuisco, non chiedendo spiegazioni e sapendo a chi si riferisce. Esco di casa e m'incammino verso scuola.

Sono veramente stanca della mia vita a casa, esco soprattutto per evitare tutte quelle pressioni, che in questo periodo le sento ancora più pesanti. Mi sento veramente felice e vorrei condividere questa mia felicità con il mondo, ma non posso perché, lo ammetto, ho paura. Ho paura di quello che potrebbe succedere, di come mi vedrebbe il mondo e, per adesso, voglio tenermi tutto per me. Voglio ritagliarmi quel piccolo pezzo di serenità con Georgia, di provare quel brivido di incontrarla di nascosto, di baciarla e di poterla guardare e pensare quanto sia bella.

Nonostante lei mi dia silenziosamente delle sicurezze, ho comunque il timore di tutto ciò che mi é intorno. Ho continuamente paura che qualcuno ci scopra e che tutto possa finire, che sia costretta a chiudere tutto. E so che, prima o poi, tutto finirà, ma voglio godermelo ancora un po', per avere un bel ricordo su cui concentrarmi in futuro quando non ci sarà più niente.

Arrivo a scuola, ormai tutto é tornato alla normalità e le lezioni sono riprese normalmente, la preside ha ascoltato le proteste che non erano del tutto inutili, dato che si parlava comunque della salute di alcune persone.

Da lontano, vedo Georgia ridere con i suoi amici e mi sono sempre trovata ad invidiare i loro stili di vita. Sono così diversi da tutti, ognuno con qualcosa e vivono la loro vita fregandosi di ciò che potrebbero dire gli altri, importa solo che stiano bene con se stessi. Georgia soprattutto, non si é mai importata tanto del giudizio degli altri, ha sempre continuato ad andare per la sua strada e l'ho sempre ammirata per questo. Perché io non posso andare per la mia, mi sento le mani legate ed invidio la loro libertà, qualcosa a cui io aspiro ma che non penso otterrò facilmente. Ho dei genitori oppressivi, perfettini e attaccati alla Chiesa, mi manderebbero in un istituto se sapessero che mi frequento in un altro senso con Georgia.

Però, diamine, sarebbe bello vivere, anche se per un solo giorno, quel senso di libertà che vedo negli altri. E sembra un'idea strana, forse pazza, ma cammino a passo spedito verso il gruppetto di Georgia. Quando mi notano andare da loro, cominciano a tirarsi delle gomitate, facendo alzare ad uno ad uno lo sguardo e guardandomi. Nonostante non mi vada giù quest'attenzione nei miei riguardi, continuo a camminare spedita, fino a quando non é Georgia a girarsi e a guardarmi. La vedo accigliarsi, ma un piccolo sorriso comincia a crescere sulle sue labbra, cercando però di non farsi notare dagli altri.

Cazzo se é bella, lo é ancora di più con i capelli corti, mostrano il suo viso in questo modo. Quando sono praticamente davanti a loro, mi squadrano, ma poco m'importa, perché sono troppo concentrata a guardare la ragazza davanti a me, che, non so come ci riesce, mi fa battere il cuore fin troppo velocemente.

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