Corri!

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Dicono che la sensazione di cadere possa essere in qualche modo liberatoria. Lasciandosi tutto alle spalle si scivola verso il futuro, in un salto carico di adrenalina. Beh... non lo è se stai cadendo a causa della forza di gravità, complice di quello che mi era parso un dannato spintone.

Le mie mani scattano automatiche in avanti, a proteggermi il viso da un rovinoso impatto con il nero e sporco asfalto. La pelle comincia subito a bruciare, nel momento in cui cerco di tirarmi su. Non controllo i danni alle mie ginocchia o ai miei palmi, la mia attenzione si concentra tutta sul colpevole, mentre mi preparo a coprirlo dei più probabili insulti.

È una ragazza giovane, in effetti sembra una bambina dal viso, ma non dalle forme del suo corpo strette in quella che è una tuta nera piuttosto aderente. I capelli li tiene legati in una coda color rame e nei suoi occhi verde mela non c'è traccia di scuse o pentimento.

Non sembra forzuta e mi chiedo come abbia fatto a spingermi a terra. Ero stato fin troppo distratto per accorgermi di lei, ma anche lei per accorgersi di me.

Sto per dirle di stare più attenta quando corre, ma lei si alza in fretta e come se io non esistessi, afferra la mia tracolla di cuoio da terra e si mette di nuovo a correre come se non mi avesse fatto nulla.

Che disgraziata!

Un momento... La mia tracolla! Lì dentro c'è il mio progetto, quello che mi aveva fatto passare notti insonni e fregato un sacco del mio tempo libero... E dovrei consegnarlo domani.

Quella ragazza era una piccola ladra.

Svelto mi metto a correrle dietro. Ma i suoi piedi sono già tra le aiuole scure del parco oltre la strada. Quanto cavolo è veloce! La sua ombra serpeggia nella luce dei lampioni.

«Fermati!» le grido. Ma non risponde, non si volta. Solo allora mi accorgo che è tutto stranamente silenzioso, se non per lo sbuffo di fiato che si condensa in nuvolette davanti alla mia bocca.

«Fermati» mi ordina un'altra voce, non la mia. Una voce maschile. Roca, dall'accento scialbo.

A quanto pare la ragazzina non aveva derubato soltanto me.

Mi volto e alle mie spalle sta scendendo da un'automobile scura un uomo, avvolto in un impermeabile altrettanto cupo. Non riesco a scrutarne il viso, ma dalla stazza sembra un gigante. Ha qualcosa che non va. Le spalle troppo larghe, l'altezza troppo smisurata.

Mi punta contro qualcosa di luccicante e un rivolo di sudore mi scende giù lungo il collo, solleticandomi la pelle. Nella mano tiene una pistola e sembra che ce l'abbia proprio con me.

Corro verso il parco, sperando di nascondermi tra gli alberi. Il cuore mi martella nel petto.

Da dietro un tronco scorgo un movimento furtivo. I miei occhi rincontrano quelli della fuggitiva. Fa scivolare qualcosa nella mia borsa, mentre uno sparo ci fa sobbalzare entrambi.

«Corri!» sussurra ed io la seguo, non sapendo in che guaio mi sto cacciando.

«Corri!» sussurra ed io la seguo, non sapendo in che guaio mi sto cacciando

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