Nel labirinto delle lucertole

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Correvo.

I miei piedi si muovevano veloci, ma non ero certo di dove stessi andando. Continuavo a fermarmi chiedendomi se avessi già visto quella svolta, controllando le pareti di roccia che delimitavano quei numerosi sentieri. Non ero già passato per di qua?

La rabbia mi stava facendo impazzire.

Avevo sentito brutte storie sui labirinti, di mostri nascosti pronti a divorarti, di pareti che ruotavano da sole per stordirti e farti rimanere per sempre imprigionato al loro interno e perfino di pareti che ti schiacciavano riducendoti in polvere.

Ma quel labirinto aveva qualcosa di diverso.

Ombre cinesi si proiettavano sui muri. In un certo senso mi tenevano compagnia. A volte erano draghi, possenti e maestosi che con le grandi ali oscuravano tutta la parete per poi schizzare via, dietro agli angoli e scomparire. A volte semplici rami che si intersecavano fra loro cercando di dipingere un bosco d'ombre nel quale scorrazzavano lepri, cervi e gufi.

A volte erano apparentemente immobili lucertole che se sfiorate si animavano. Danzavano al ritmo di una musica quasi inudibile, flebili note sibilanti disperse nel vento che si incuneava nel percorso.

«Fammi spazio!» rumoreggiò un'ombra-lucertola, spingendo da parte un'ombra-volpe. 

«Come sei scortese» rispose amareggiata l'ombra-volpe, prima di far spazio alla lucertola impertinente. 

Rimasi attonito a fissare quelle sagome, non avevano mai parlato prima d'ora. Anche se non sapevo esattamente da quante ore ormai fossi perso nel labirinto.

Non avevo nemmeno idea di come fossi arrivato lì. L'ultima cosa che ricordavo era Rosmerta che mi riempiva il boccale con dell'altra birra ambrata. Risate, musica festosa.

Non avevo con me la mia spada e non mi separavo mai dal regalo di mio padre.

Era tutto così strano.

Stavano per dileguarsi ma mi schiarii la voce e chiesi loro: «Scusate, sapreste dirmi come uscire da qui?».

L'ombra-lucertola parve subito accorgersi di me nell'udire la mia domanda. Mi fissò con i suoi occhietti scuri. «Seguimi, ti mostrerò l'uscita».

«Non fidarti di lei» mi consigliò immediatamente l'ombra-volpe. «Non lo vedi che è cattiva?».

La lucertola non replicò, né si voltò verso la volpe, rimase a fissarmi.

«Non la conosco» mi limitai a dire. «Non posso davvero dire che sia cattiva».

«Andiamo?» mi incitò la lucertola.

«Andiamo» le risposi.

«Allocco» ridacchiò la volpe, mentre ci allontanavamo. Allocco, allocco, allocco.

Il suo avvertimento risuonò alle mie spalle, ma decisi di ignorarlo. Era risaputo che le volpi sono creature furbe e forse stava cercando di ingannarmi.

«Molte persone si dimenticano facilmente di non giudicare troppo in fretta» proferì la lucertola che si muoveva alla mia destra. Era così rapida che faticavo a starle dietro.

Non dissi nulla per risparmiare fiato.

«Per questo motivo poi finiscono quaggiù, nel labirinto delle incertezze» continuò imperterrita come se stessimo avendo una conversazione. «Una bella faccia tosta quella volpe, non credi? Bisogna prima tastare l'anima di qualcuno e poi giudicarla».

Ascoltarla diventò sempre più difficile, cercavo di tenere il suo passo.

Riconobbi una crepa nella pietra, ero già passato per di là.

Mi fermai bruscamente. 

«Mi stai facendo girare in tondo?» domandai incredulo alla lucertola.

Anche l'ombra si fermò e mi accorsi che da quando avevo iniziato a seguirla era rimasta soltanto lei, tutte le altre si erano volatilizzate nel nulla come per magia.

«Mi stai forse giudicando?» domandò punta sul vivo.

«Io non... Vorrei soltanto uscire da qui. Ho fame, freddo... Vorrei tornare a casa».

«Allora continua dritto. Io sono molto permalosa, non proseguirò con te» mi rispose prima di dissolversi.

«No! Ti prego, no!» protestai avvicinandomi al muro per toccarla, ma era già svanita nel nulla. Mi misi a colpire forsennatamente la parete, pregandola affinché tornasse indietro. 

«Mi dispiace...» sussurrai, sentendomi improvvisamente solo. Anche se per poco tempo, inclinare la testa a destra, e vedere la sua ombra muoversi per guidarmi attraverso quel dedalo intricato, era diventata subito un'abitudine. Cominciai ad aver paura anche se non avevo incontrato un vero pericolo, almeno non ancora. Mi strinsi le braccia attorno al corpo e avanzai nella direzione che mi aveva indicato quella lucertola permalosa.

Si alzò un vento freddo e mi ritrovai davanti a un vicolo cieco. Le mie gambe non ressero più e mi inginocchiai a terra. Volevo urlare, ma non avevo più voce.

Quella volpe aveva ragione, la lucertola mi aveva preso in giro.

Ero un allocco.

Una lacrima stava per rigarmi la guancia, quando la parete sussultò e si aprì davanti ai miei occhi, facendo scomparire il vicolo.

Numerose ombre di lucertole saettarono ai miei piedi come pesci sospinti dalla corrente di un fiume. Mi alzai e le seguii nell'apertura fra le pareti sperando di trovare una via d'uscita, ma quel labirinto si trasformò in un bosco tetro di alberi fruscianti. Posai la mano sulla cinta alla ricerca di una spada che ormai era un fantasma. Un'altra abitudine scomparsa.

Al centro del bosco troneggiava una donna il cui busto era il tronco di un albero e i capelli erano i rami. «Vuoi uscire da qui prima di impazzire, cavaliere?» mi sfidò sorridendo malevola con la sua bocca-corteccia.

«Sì» le risposi trovando un briciolo di coraggio.

«Allora dovrai abbracciarmi» sussurrò lei maliziosa.

La osservai bene. Al termine della dita nodose aveva unghie lunghe e affilate con cui avrebbe potuto uncinare la mia carne, dal momento che non possedevo nemmeno la mia armatura. Anche i capelli-rami erano appuntiti e i suoi occhi cremisi non erano per nulla rassicuranti. Sembrava che al loro interno galleggiasse del sangue.

Una lucertola-ombra le risalì verso il viso-corteccia, posandosi sulla sua guancia e solleticandole la gonna-tronco.

Non avevo altra scelta. Se tornavo indietro mi sarei rimesso a vagare per quel labirinto senza fine. Dovevo rischiare.

Passo dopo passo avanzai verso l'albero a forma di donna e le presi una mano con la mia, posando la fronte sulla sua pelle rugosa.

Avevo paura.

Ma la sentii, la sua anima. Non era un albero, era una fanciulla spaventata e sola come me, dispersa laggiù nel labirinto.

Aprii gli occhi di scatto, sorpreso, e mi ritrovai la fronte premuta contro il tavolo della taverna. Il labirinto era scomparso.

Prova scritta per "Tortuosi percorsi" della Libreria del Cappellaio Matto

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Prova scritta per "Tortuosi percorsi" della Libreria del Cappellaio Matto.

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