Viaggio nel regno fantastico - Per tutte le pietre!

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«Tienimi d'occhio la saccoccia, figliolo» mi ordinò Kadoc Wateritem, tirandosi la falda del capello a punta per aggiustarselo sui capelli bianchi: «Dimostrerò io a questi nani che non si attacca briga nella mia taverna preferita».

Si tirò su le maniche della tunica pesante, per poi dirigersi a grandi passi dal suo sgabello verso al centro della sala dove un gruppo di cinque nani aveva iniziato a fare a pugni, sostenendo che quello con la barba bionda avesse truccato le carte. 

Una bottiglia del prezioso rum della scorta di mio padre era già stata spaccata sul tavolo di legno. Il liquido gocciolava e macchiava il pavimento tra i cocci di vetro verde. 

Kadoc era uno dei maghi più famosi della contrada degli Acquitrini e non lasciava toccare a nessuno la sua sacca da viaggio. 

Forse me l'aveva affidata perché ero il figlio dell'oste della sua taverna preferita. 

Numerose storie si raccontavano su che cosa si nascondesse al suo interno. Le più macabre vociferavano di un cadavere intero fatto a pezzettini, altre leggendarie professavano di rare pozioni che concedevano la lunga vita. 

La curiosità ebbe la meglio su di me, e nonostante mia madre mi avesse sempre detto che non si mettono le mani nelle borse degli altri, a meno che non vuoi essere considerato un ladro, sciolsi la cinghia che teneva chiusa la sacca. Kadoc era ancora impegnato a discutere con i nani, minacciandoli di trasformarli in ratti di fogna con una magia. 

Trattenni il fiato, osservando il tesoro così tanto dibattuto da tutti, ma rimasi deluso. La sua borsa conteneva soltanto delle fiale vuote, qualche erba accuratamente rilegata in ciuffi, un sacchetto di monete scintillanti e una pietra di vari colori dal bordo frastagliato. Sembrava un sasso comune, se non fosse che il verde inseguiva il blu e il dorato sfumava nel rosso e nel viola, brillando nella penombra delle lanterne.

"Guardare, ma non toccare" mi suggerì una voce nella mia testa. Eppure quella pietra sembrò chiamarmi. La mia mano si infilò nella sacca e i miei polpastrelli premettero contro la superficie fredda e ruvida del sasso. Un ronzio si insinuò nella mia testa, sempre più forte. L'aria danzò e vibrò, come se fossi nel deserto. 

Kadoc si girò a guardarmi: «Per tutte le pietre! Che cosa hai combinato?». 

I suoi occhi grigi erano carichi di preoccupazione. Lo vidi correre verso di me, ma tutto cominciò a vorticare e divenne buio, come se ogni luce si fosse spenta improvvisamente. 

Le mie stesse mani erano nere come l'inchiostro. 

Sentii freddo, una scossa lungo la schiena, poi più niente. 

«Bene, bene, un nuovo ospite» sussurrò una voce, non alle mie orecchie ma da dentro di me.

Deglutii, impaurito. 

«Oh suvvia» parlò ancora, in tono deliziato: «Non sarà mica la prima volta che un demone si impossessa del tuo corpo?». 

Rise e mi ritrovai a spalancare la bocca per ridere anch'io, per quale motivo non lo sapevo, incapace di lottare contro il volere dello spirito che mi aveva posseduto.

Rise e mi ritrovai a spalancare la bocca per ridere anch'io, per quale motivo non lo sapevo, incapace di lottare contro il volere dello spirito che mi aveva posseduto

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