MØRKE OG LYS

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Storia scritta a quattro mani con PMillerEunaNotte per il contest dei "Cinque sensi senza un senso" della Libreria del Cappellaio Matto.

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I polpastrelli di Hanne sfiorarono quei tasti ruvidi che ormai le erano diventati familiari. Se qualcosa ha un contorno, un confine, significa che esiste. Era quello che si ripeteva come un mantra, per togliere spazio alla paura che ciò che la circondava fosse il nulla.

Socchiuse le palpebre piombando nel suo buio. Quell'oscurità era diversa, le piaceva, era lei a decidere di crearla, non come il buio denso che ogni istante l'avvolgeva quasi fosse una terribile estensione del suo corpo.

«Lo sapevo che ti avrei trovata qui».

La sua voce la destò di colpo. Gli occhi si aprirono sconfinando nella solida oscurità in cui navigava. In cui dovevano navigare tutti loro, ultimi superstiti alla fine di un mondo che un tempo aveva luce e colori.

Si abbracciò le ginocchia al petto senza rispondergli, trattenendo il respiro, sperando di non essere scoperta.

Passi che procedevano a tentoni, cercando di non inciampare nella Discarica, l'avvisarono che Niels si stava avvicinando.

«Oh, andiamo, Hanne, lo so che sei quaggiù. Ti piace troppo questo posto».

Avevano scoperto quella cava piena di cianfrusaglie soltanto da qualche giorno e l'avevano battezzata "Discarica". Probabilmente era il nascondiglio segreto di qualcuno che era stato lì molto tempo prima di loro.

Hanne buttò fuori l'aria che stava trattenendo. «Mi piace toccare questi oggetti cercando di capire che cosa siano. Magari qua in mezzo si nasconde qualcosa che ci aiuterà a sopravvivere».

Guidato dalla sua voce, Niels l'aveva raggiunta. «O forse vorresti dire che vieni qui perché ti piace ascoltare quella macabra storia».

Si sedette al suo fianco, non ne fu certo finché i loro gomiti si sfiorarono accidentalmente.

«Non è più macabra di quelle che racconta Knud, in cui siamo povere anime destinate a pentirci vagando nel buio eterno».

«Rimango a farti compagnia» le disse, sperando di renderla felice. «Falla partire».

Hanne non se lo fece ripetere e posizionò il dito su uno dei tasti; dopo una lieve pressione udì l'ormai confortante suono del nastro che veniva riavvolto. Chiuse gli occhi di nuovo aspettando che la voce di un uomo misterioso si mettesse a raccontare quella fiaba che aveva iniziato a dominare i suoi sogni.

"Il mio cuore da una lancia d'argento fu trafitto. I miei occhi, da una lama rovente, in eterno accecati. Soldato fui, di scorta alla mia Regina, colei che più d'ogni altra amai, e amo, in vita e in morte. Ora, come uno spettro vago e ciò che ad uccidermi ogni giorno ritorna è il dolore di non poterla mai più vedere. E fine non ha questa pena.

Giovane e bello, gli occhi miei più gelidi del vento a Møns Klint, solo il mio coraggio e la mia spada i miei averi. Fui posto di guardia alla sua porta, e vegliai. E vegliai. Ogni notte vegliai sul suo sonno.

Mai nessuno vidi entrare, mai nessuno uscire; sola, la Regina nelle sue stanze ogni notte cantava. E diceva, quel canto, di fiori del Sud, di conchiglie, di un caldo mare che il cuor mio ogni sera lambiva. E diceva, quel canto, di armonie intonate da tristi Regine ogni sera, e di giovani Re invano attesi."

«Non è dolcissimo?» sospirò sognante Hanne, quasi fosse una bambina innamorata.

«Sì, sì» la prese in giro Niels, cercando di farle il verso.

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