Non ci crederai

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Non avevo mai fatto caso al peso delle lacrime. Non prima di questo momento, quando lentamente le sentivo scivolare e imbrattarmi il viso, per poi cadere sul mio mento e infrangersi verso il basso, dove non volevo guardare, eppure non riuscivo a sollevare lo sguardo. Preferivo che i capelli mi cadessero davanti alle guance a mascherare quelle gocce salate.

Il battito del cuore mi rimbombava nelle orecchie, distorto dagli altri suoni esterni, eppure lo sentivo come se mi stesse sussurrando il suo ritmo. In quel momento i pensieri si susseguirono veloci, molteplici e confusi, ma era come se qualcosa avesse staccato la spina al mio cervello. Continuavo a pensare e non pensare allo stesso tempo.

Le mie mani stavano sudando, proprio come quel giorno in cui le hai prese fra le tue per la prima volta e me ne vergognavo. Mi sentivo come un granello di polvere insignificante, che poteva essere spazzato via da qualunque scopa o alito di vento, ma allo stesso tempo era ancorato a terra dal tuo sguardo attento, in attesa.

I tuoi occhi mi scrutavano trepidanti, le tue labbra si erano appena dischiuse. Non avevi ancora detto nulla ma io avevo già capito tutto.

Ero sempre stata una persona taciturna, così diversa da te. Eppure le nostre differenze non ci avevano mai ostacolato. Forse perché eravamo convinti che insieme si avesse ragione e torto a metà. Nessuno provava a sovrastare l'altro, ma ci accompagnavamo sempre, in ogni sgangherata avventura, in ogni dannato sbaglio.

Del resto su tante cose ci completavamo. A me aveva sempre rilassato lavare i piatti e tu eri velocissimo ad asciugarli. Tu potevi parlare per ore, con gli occhi lucidi di un bambino, di tutti i tuoi interessi, io invece ero sempre stata un'ottima ascoltatrice. Ti piaceva ascoltarmi leggere quelle che per te erano monotone storie di cui non capivi nulla, mentre io facevo il tifo con te sul prossimo cattivo da cui Goku avrebbe salvato la Terra. Tu eri bravissimo a giocare alla playstation, mentre io facevo pena e mi andavo a nascondere tra i cuscini del divano se il mio personaggio stava per morire.

Avrei voluto dirti tutto quello che sentivo, ma la paura mi bloccava la voce in gola.

Non sono mai stata una persona coraggiosa. Ti ho fatto aspettare per paura di soffrire. Hai dovuto cancellare ogni mio singolo timore per far sì che mi fidassi davvero di te. Del resto ho sempre avuto paura di cose stupide. Come per esempio il mare. Ricordo ancora la prima volta in cui ci siamo andati insieme e hai dovuto portarmi in braccio nell'acqua e mentre nuotavi ti sono rimasta attaccata come un polipo, perché i pesci potevano mangiarmi. 

E il buio. Quante notti ti ho fatto dormire con la luce accesa sul comodino, che a te dava tanto fastidio, perché il tuo abbraccio sotto alle coperte non mi bastava e vedevo "cose" muoversi nelle tenebre.

Le lacrime continuarono a rigarmi le guance e il tuo sguardo si tramutò in qualcosa di preoccupato.

Ho sempre avuto la testa tra le nuvole, ma anche tu non eri da meno. Ricordo ancora quando ti mandavo a comprarmi gli assorbenti, perché io me ne scordavo, e tu eri indeciso perché non volevi sbagliare e puntualmente prendevi un tipo che non avevo mai usato.

E ricordo anche quando mi tagliavi le bistecche a forma di cuore, perché detesto la carne, mentre io nascondevo la verdura nella pasta per fartela mangiare.

Ricordo quando discutevamo per cose banali, e poi mi arrabbiavo e piangevo, perché non sono mai stata in grado di tenerti il muso e puntualmente facevamo pace.

Sospirasti.

Ricordo che non è mai stato facile per te comprendermi, almeno non all'inizio. Eppure eri convinto che io fossi quella giusta.

Sapevo che dovevo dirti qualcosa e avevo pensato che, quando me lo avresti chiesto, mi sarei sentita al settimo cielo. Ma forse è normale aver paura delle cose belle.

Del resto tu mi spaventasti la prima volta che ti avvicinasti a me.

Il suono delle pale che giravano continuava a disturbarmi, assieme al ticchettio di un orologio appeso alla parete. Ogni volta che il ventilatore cambiava direzione, spostandosi a destra o sinistra rispetto a me, un sospiro frustrato fuoriusciva dalle mie labbra. Stavo cercando di studiare, ma la mia mente continuava a tergiversare e vagare ovunque, tranne che sugli appunti di biologia.

Tu ti sei seduto di fronte a me. Le gambe della sedia avevano strusciato sulle piastrelle, mentre la tiravi indietro per accomodarti, ma non ci avevo nemmeno fatto caso.

«Ti dispiace? Questo è l'unico tavolo più vicino al ventilatore» avevi detto.

Era un'estate esageratamente calda e quella biblioteca troppo vecchia, sprovvista del comfort dell'aria condizionata e per questo motivo quasi perennemente deserta.

La matita mi era sfuggita dalle mani per lo spavento ed era rotolata accanto al tuo polso. Improvvisamente la tua voce mi aveva catapultata nella realtà e non ci crederai, ma già da quella volta avevo capito come sarebbe finita.

Hai raccolto la matita e me l'hai posata sul palmo aperto e sudaticcio, mentre continuavo a fissarti muta e sorpresa al tempo stesso. Perdevo un battito, fissando il tuo sorriso.

No, non ci crederai, ma il mio cuore aveva già intuito tutto quel giorno.

Non ebbi il coraggio di dire nulla, ti posai le mani sui gomiti, inginocchiandomi di fronte a te e ti abbracciai, stringendoti forte, sperando che come sempre il mio silenzio ti avrebbe fatto capire lo stesso. Mi posasti un mano fra i capelli, dietro la nuca, attirandomi a te e ne fui certa.

Non avevi preso un anello, perché sapevi che non lo avrei comunque portato e proprio come quel giorno afoso, in quella biblioteca sperduta, ci sorridemmo in modo strambo.

In quel momento ricordai il nostro primo, avventato, bacio. In una stazione, quando sei dovuto partire e ho avuto paura di perderti. Ho avuto paura che avresti potuto dimenticarmi e che la distanza avrebbe cambiato tutto.

Mi avevi preso il viso tra le mani e detto che non ti serviva altro per essere felice.

E ora ne sono sicura, perché non serve altro nemmeno a me.

E ora ne sono sicura, perché non serve altro nemmeno a me

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Testo scritto per la prova della Libreria del Cappellaio Matto: "Riavvolgere il nastro del tempo".

(Ci tengo a sottolineare che purtroppo è una storia inventata).

Raccolta di Storie BreviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora