Non spezzarti

90 9 19
                                    

Resta... 
Resta... 
Resta... 

Quell'unica richiesta era un'eco nella sua testa. Effimera luce che scivolava sull'increspatura delle onde, si piegava al ritmo dell'acqua per poi svanire, risucchiata dalla semioscurità della stanza. 

Resta... 

Le dita affondavano nel bracciolo della poltrona mentre osservava i bordi finestra, alla ricerca di qualcosa. Qualunque cosa. Una solidità che gli rammentasse che il mondo esisteva ancora, che i contorni non vibravano come ali di libellula ma erano fermi, immobili. Eppure si sentiva così svuotato. 

Uno scrigno... No, un sacco, senza più il suo contenuto. 

«Scusa». 

Una voce femminile rispose all'eco. Una parola ovattata, molto simile a un miagolio. 

«Basta» il suo stesso tono lo fece raggelare. Era ghiaccio, neve, tormenta. «Basta» ripeté prendendosi la testa fra le mani, piegandosi in avanti come la luce sulle onde. «Scusa è sempre stata la tua parola preferita. Lo dicevi sempre, anche quando non era colpa tua».

Sembrava non essersi reso conto di aver ricevuto una risposta alla sua richiesta, anche se era una parola che non voleva sentirsi dire. 

Era diventato sordo.

Resta...

Socchiuse gli occhi, come se qualcuno stesse affondando una spada nel suo stomaco, come se al di sotto della sua pelle ci fosse un ricordo che con tutte le forze cercava di trattenere o scacciare. 

La gatta dal pelo nero lo stava osservando con i suoi grandi occhi verdi. 

Una serva entrò e cambiò il vassoio con la zuppa ormai fredda. Disse qualcosa al suo sovrano, ma non lui non la badò. Non si mosse da quella scomoda posizione raggomitolata. 

La gatta mosse le orecchie. Le voci dei servitori si udivano oltre la porta che si era già richiusa. 

«Come sta?». 

«Parla ancora da solo e non mangia, non beve. Si prosciugherà. Cerco sempre di dirgli qualcosa... Ma sire Ferrant... Il re ha smesso di rispondermi da giorni». 

Non si preoccuparono neppure di bisbigliare. 

«Il generale ha mandato a chiamare numerosi guaritori per provare a curarlo». 

«Se non ci riescono? Il cuore è una macchina talmente complessa. Il regno non può restare senza il suo re. Ieri mi è sembrato che...». 

«Che cosa?». 

«Mi è sembrato di udire un miagolio». 

«Santi numi! Stai diventando pazza anche tu...». 

Quelle voci si allontanarono con i loro passi e la gatta sgusciò fuori dal suo nascondiglio sotto al letto. Tentò di strusciarsi sugli stivali del re, sprofondato in quella poltrona di cui sembrava ormai una patetica estensione. Era diventato sordo, ma anche cieco... Il dolore lo aveva assorbito, lo aveva invecchiato. 

Si accucciò in un angolo e continuò a fissarlo. 

«Perché...» la voce dell'uomo colmò il silenzio. 

«Solo tu puoi combattere il tuo sortilegio». 

Una voce femminile. Lontana come un'eco. Dolce come fusa. 

La conosceva quella voce e sembrava un sogno. Lei stava tornando? Ricordò il suo corpo, il corpo della sua Shilin, la parte più importante del suo cuore, l'àncora del suo mondo... Pallido... Steso a terra fra le foglie umide... La pelle gelida... Le nuvole riflesse nei suoi occhi immobili. 

Raccolta di Storie BreviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora